da Paolo Talone | Giu 4, 2021
Novità editoriale in ambito teatrale per questa primavera 2021. Presentato al Teatro Quirino di Roma lo scorso 25 maggio il volume sul teatro di Geppy Gleijeses documentato negli scatti fotografici di Tommaso Le Pera a cura di Maria Paola Poponi (collana artSipario – leggi il Palcoscenico).
Tommaso Le Pera arrivò molto giovane a Roma dalla Calabria negli anni sessanta. Iniziò a fotografare i primi artisti al Folkstudio di Trastevere per poi passare al teatro “ufficiale”. Da allora gli spettacoli documentati sono circa 4500. Tra questi ci sono i lavori di Geppy Gleijeses, incontrato la prima volta nel 1980 quando il giovane regista – alla sua prima esperienza da capocomico – mise in scena Il voto di Salvatore Di Giacomo al teatro Valle di Roma. La collana di volumi che la Manfredi Edizioni sta pubblicando è un’opera preziosa e di grande valore. Un’enciclopedia realizzata con le immagini di Tommaso Le Pera che ripercorre la straordinaria carriera di tanti personaggi che hanno fatto grande il nostro teatro e la nostra cultura: Mariangela Melato, Gigi Proietti, Gabriele Lavia, Antonio Calenda, Tato Russo e ora anche Geppy Gleijeses. Preziosa è anche la veste: copertina rigida e stampa serigrafica di ottima qualità che rende giustizia alle immagini uniche nate dalla mano – anzi dall’artiglio come lo definisce Geppy Gleijeses – del suo autore. La bravura di Tommaso Le Pera sta proprio nella capacità di catturare l’anima dell’attore mentre esibisce il personaggio. Rispetto alle precedenti pubblicazioni della collana, la sezione “l’attore si racconta” si aggiunge a quella delle testimonianze e a quella ben più estesa delle foto dei 25 spettacoli ripresi. In appendice le immagini di due spettacoli di prossima rappresentazione ripresi, come di consuetudine, durante le prove: Processo a Gesù di Diego Fabbri e Servo di scena di Ronald Harwood.
Il ritratto di Geppy Gleijeses che viene fuori è quello di un uomo di teatro totale, pratico e senza retorica. Lo definisce così Masolino D’Amico, intervenuto sul palco alla presentazione del volume insieme ai curatori, alla regista Liliana Cavani e alla giornalista Emilia Costantini. Un impresario e capocomico generoso e disponibile, coraggioso e sfrontato nel proporre testi e autori di alto livello. Tra le gioie più grandi che la vita gli ha regalato, Geppy Gleijeses ricorda quella di aver conosciuto Eduardo De Filippo. Da lui ha imparato molto: l’onestà, la verità, la coerenza (specialmente con i compagni di scena). E ancora il rispetto dei ruoli e la passione per un mestiere condotto come un vero artigiano. Mi sia permesso di paragonare il suo lavoro a quello dei presepisti napoletani, che con dedizione e cura realizzano scene meravigliose. Ma anche il rispetto per il pubblico, perché il teatro è il ponte attraverso il quale si viene condotti dagli attori in un sogno, la cui bravura sta nel mostrare il mistero senza però svelarlo del tutto. Un gesto miracoloso e terapeutico. Nel suo intervento Liliana Cavani, che ha conosciuto la regia teatrale proprio grazie all’invito di Geppy Gleijeses a dirigere Filumena Marturano (2016) e Il piacere dell’onestà (2017), sottolinea il potere dell’emozione che genera il teatro, più forte a volte che al cinema. Il rapporto con il pubblico mette a nudo: funziona o non funziona.
La serata è stata un’occasione anche per riaprire le porte del Quirino, chiuso come i due terzi dei teatri privati italiani a causa della pandemia. Ma presto ripartirà il calendario estivo con Lo spettacolo in galleria (serata inaugurale il prossimo 5 giugno). In cartellone una ricca proposta di eventi culturali e incontri il cui tema centrale sarà la parità di genere e la lotta alla violenza.
data di pubblicazione:04/06/2021
da Paolo Talone | Mag 22, 2021
(Teatro Argentina – Roma, 18/30 maggio 2021)
Furore racconta la grave crisi economica e sociale che colpì la classe contadina americana nel decennio successivo alla grande depressione del ‘29. Massimo Popolizio ripropone sul palco dell’Argentina la lettura dell’omonimo capolavoro di Steinbeck. Una cronaca di fatti accaduti ieri che suona ancora attuale nel nostro oggi.
Sulle tavole del palcoscenico si è posata una coltre di sterile e arida polvere. Tutto intorno sono accatastate pile di vecchi giornali. Una macchina da scrivere è pronta su una scrivania appena illuminata. La redazione del San Francisco News è interessata a raccontare le pessime condizioni di vita in cui versa un intero popolo, costretto a una migrazione forzata in cerca di lavoro e pane dalle regioni interne degli Stati Uniti verso l’assolata California. Il giornale commissiona a John Steinbeck l’indagine. Lo stile giornalistico caratterizza la lettura di Furore secondo l’adattamento di Emanuele Trevi e l’interpretazione di Massimo Popolizio. La vicenda della famiglia Joan, sulla quale poggia la trama del capolavoro di Steinbeck, è una storia tra tante ancora di là da venire. Lo spettacolo, una produzione della Compagnia Umberto Orsini con il Teatro di Roma, torna in scena dopo il debutto due anni fa al Teatro India (leggi anche la recensione di Daniele Poto su Accreditati.it). Le implicazioni scaturite dalla grave crisi agricola hanno risonanze attuali. La povertà che arriva all’improvviso a causa di una calamità naturale. L’abuso di poche persone che accumulano grandi proprietà sottraendole alla gestione di tante famiglie. La disperazione, l’indigenza e la fame di chi è costretto a migrare altrove facendo di tutto per sopravvivere. La dignità calpestata a ogni chilometro che si aggiunge sulla strada per la libertà. I sogni infranti di una gioventù che si aggrappa con forza alla speranza e all’utopia (il futuro è un’immagine a colori a contrasto con un presente in bianco e nero). La tecnologia che scalza il lavoro dell’uomo e danneggia irrimediabilmente il pianeta in cui viviamo. Le immagini che appaiono proiettate sullo sfondo riportano la memoria a qualcosa accaduto quasi un secolo fa, ma il dato reale di cui sono cronaca non basta ad allontanare il pensiero da quanto avviene ancora oggi sotto i nostri occhi.
La collera divampa, percorre una parabola ascendente a ogni quadro di cui è composto il racconto. Germoglia da un piccolo seme fino a diventare il frutto di un furore incontenibile (Grapes of wrath è il titolo originale dell’opera). Massimo Popolizio rende palpabile e intensa questa rabbia. Se ne fa un vestito, la canta come fosse un gospel. La sua voce e il suo corpo sono espressione della forza vitale e disperata dell’umanità che lotta. Un’energia sottile che scatena le percussioni di Giovanni Lo Cascio, in scena con lui in un perfetto gioco di risonanze e drammaticità. Poi la musica e le immagini si fermano, rimane solo la magia del racconto e della parola. Un gesto di solidarietà riporta tutto alla calma. Rose, la giovane sposa che nel viaggio perde tutto, il marito e il figlio nato morto, è l’unico personaggio espressamente citato di tutto il romanzo. Il suo latte di puerpera servirà a mantenere in vita uno sconosciuto. Il dramma si risolve così in un momento lirico, che lascia intravvedere in una semplice azione di altruismo, la speranza in un’umanità in fondo pura e generosa. La resistenza di una pianta al potere divorante della polvere.
data di pubblicazione:22/05/2021
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Mag 5, 2021
(Teatro India – Roma, 4/9 maggio 2021)
Con la riapertura al pubblico di cinema e teatri riparte dal vivo la stagione 2020/2021 del Teatro di Roma. Dopo il debutto televisivo dello scorso dicembre arriva sulla scena dell’Argentina La Metamorfosi firmata da Giorgio Barberio Corsetti, mentre all’India si riprende con uno spettacolo che nei suoi tre anni di vita è stato tanto apprezzato e premiato: La classe di Fabiana Iacozzilli.
Bastano una lavagna e quattro banchi di legno per ricreare sulla scena la classe delle elementari che la Iacozzilli frequentò quasi quarant’anni fa all’istituto delle Suore di Carità. Il resto lo fanno i ricordi dei veri compagni di scuola, intervistati dalla regista. Con un chiaro intento documentaristico, raccontano le cose tremende che succedevano in classe. In particolare riaffiora il ricordo della terribile maestra dai modi violenti: suor Lidia. Alla loro voce, ormai adulta, fa da contrappunto sulla scena la presenza di quattro bambini/marionetta, animati dai performer Michela Aiello, Andrei Balan, Antonia D’Amore, Francesco Meloni e Marta Meneghetti. Realizzati dall’artista Fiammetta Mandich, i pupazzi hanno occhi grandi che esprimono tenerezza, ma a guardare bene sono sgranati dal terrore. Le dinoccolate giunture tremano alla minaccia di una punizione impartita per un errore grammaticale o per una moltiplicazione sbagliata. I suoni di Hubert Westkemper amplificano la paura, che è così paralizzante da impedire perfino di giocare con la palla nel cortile della scuola a ricreazione. Non te la cavi neanche se, come Antonio, sei un bambino con evidenti difficoltà di apprendimento. Il calore rassicurante dei genitori svanisce in una nuvola di gesso, come un disegno di mamma e papà cancellato troppo presto dalla lavagna. Gli occhi della maestra – un fascio di luce proiettato da una torcia direttamente sulla marionetta – non fanno altro che ingigantire il buio e il vuoto tutto intorno. Suor Lidia è presente nella memoria di uno schiaffo dato con troppa violenza, nel ricordo di un pizzicotto dato con eccessivo vigore sugli zigomi. Eppure fare i conti con la sua durezza apre prospettive inaspettate. Dopotutto, l’infanzia non è che il primo confronto con la vita. La tempesta di vento che sul finale spazza via ogni cosa, in realtà è un banco di prova per testare la tenacia e la forza di chi rimane fedele a sé stesso e alla propria vocazione. La classe di Fabiana Iacozzilli è un lavoro che invita a fare memoria. Uno spettacolo ben costruito e coinvolgente che obbliga a riflettere su come si diventa adulti. Una perfetta fusione di documento reale e di fantasia tradotta nel teatro di figura.
data di pubblicazione:05/05/2021
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Mar 7, 2021
(Teatro Quirino – Roma, 5 marzo 2021)
Si alza un coro di voci a dire che il teatro Quirino vive! A un anno esatto dalla chiusura dei teatri per la pandemia, si celebrano i 150 anni dalla fondazione del teatro diretto dall’attore e regista napoletano Geppy Gleijeses.
Richiama un numeroso pubblico l’iniziativa Le voci di dentro promossa dalla direzione del Teatro Quirino Vittorio Gassman per ricordare i 150 anni dalla fondazione della sala teatrale romana. A sera il marciapiede di via delle Vergini, dove ha sede il teatro, si riempie del vociare di amici e affezionati, ma anche di passanti incuriositi e soprattutto degli addetti ai lavori, attori e tecnici, da un anno fermi con il loro lavoro causa pandemia. I protagonisti per un evento dal vivo ci sono tutti, ma la possibilità di poter assistere a un’azione teatrale è negata ancora dalla velocità con la quale il numero dei contagi accelera proprio in questi giorni. Sfuma la possibilità di una riapertura il 27 marzo prossimo, data fissata in accordo con il CTS del Ministero della salute per le strutture che si trovano in zona gialla. La sala, che ha una capienza massima di 850 posti, può ospitare fino a 200 spettatori: troppo pochi per assicurare tutte le spese che un evento dal vivo richiede, afferma l’amministratore delegato Rosario Coppolino. Per ora nella grande sinfonia della scena culturale si osservano battute di silenzio. Ma è un silenzio tutt’altro che inoperoso. Il teatro Quirino è tra i principali animatori dell’Atip, l’associazione che raccoglie le istanze delle realtà teatrali private presenti sul territorio italiano. Sorta a maggio dello scorso anno – ricorda Coppolino – raccoglie oggi in un’unica voce circa quaranta membri tra produzioni e teatri privati. In continuo dialogo con le istituzioni e proiettata a svolgere la sua attività anche dopo la fine della pandemia, l’associazione è un riferimento importante per chi non gode di sovvenzioni pubbliche ed è costretto a fare leva esclusivamente sulle proprie forze.
Potenti sono invece le voci che nel frattempo riempiono lo spazio urbano intorno al teatro. Un’antologia sonora di brani recitati e cantati da indimenticabili interpreti che hanno solcato le tavole del palcoscenico del Quirino. Si attinge al passato, ai testi della grande letteratura teatrale e poetica, da Pirandello a Shakespeare, passando per Euripide e Leopardi. Si distinguono la voce di Vittorio Gassman che recita A Silvia e quella di Carmelo Bene nel monologo Ecco, si spegne il lume di Donato Renzetti; Mariangela Melato viene ricordata nella Medea e Franca Valeri con L’attrice famosa; Dario Fo recita la celebre scena di papa Bonifacio VIII contenuta nel suo Mistero Buffo e i pirandelliani Berretto a sonagli e Pensaci Giacomino vengono evocati rispettivamente da Turi Ferro e Salvo Randone. Un’aria di festa si crea quando vanno in diffusione le celebri note di musiche come Tanto pe’ cantà nell’interpretazione di Ettore Petrolini, che proprio al Quirino tenne il suo ultimo spettacolo, Quanto sei bella Roma cantata da Anna Magnani e E va’ e va’ di Alberto Sordi. Si torna indietro per ricordare e caricare quella molla che è pronta a scattare nel presente, con brani registrati dagli attori che sono in attesa di ritornare sul palcoscenico: Michele Placido recita il Canto dantesco di Paolo e Francesca; Alessandro Haber recita Bukowski. Geppy Gleijeses legge la poesia Lassammo fa’ a Dio, Enrico Solfrizzi il prologo dell’Enrico V e Mariangela D’Abbraccio, in un montaggio che la mette vicino al grande Eduardo De Filippo, è Filumena Marturano.
Certi che la creatività e la passione non si spengono nei momenti di crisi, attendiamo che la bellezza di queste voci si ricomponga con il suo legittimo corpo. Il corpo teatrale.
data di pubblicazione:07/03/2021
da Paolo Talone | Feb 25, 2021
(Teatro Argentina – Teatro di Roma, 22 febbraio 2021)
È stata una protesta silenziosa e composta quella che si è svolta lunedì 22 febbraio scorso davanti al Teatro Argentina – Teatro di Roma per circa due ore dalle 19:30. A presidiare la piazza operatori del settore e diversi giornalisti a documentare l’evento. L’iniziativa, promossa dall’Associazione di categoria Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo (U.N.I.T.A.), è stata accolta in tutta Italia da un folto numero di direttori artistici a cui è stato chiesto di illuminare i propri edifici teatrali per testimoniare una presenza attiva e più che mai sofferente, che attende di poter riprendere a lavorare. Ad animare la serata anche un ristretto gruppo di lavoratori e lavoratrici che fanno capo alla Rete intersindacale professionist* dello spettacolo e della cultura. Loro lo slogan un anno senza eventi e senza reddito, a ricordare la precarietà in cui versa attualmente il settore della cultura. Tra gli attori presenti Fabrizio Gifuni e Paolo Calabresi – consiglieri di Unita – e il direttore del Teatro di Roma Giorgio Barberio Corsetti. Discreta ma significativa anche la presenza di abituali spettatori che attendono la ripresa degli spettacoli dal vivo. Non si dà spettacolo senza la compresenza di artisti e pubblico: il teatro è l’arte che ha la sua ragion d’essere nel suo accadere dal vivo. La protesta è collettiva. Sembra di respirare un’aria di festa, quasi da debutto, per via dei riflettori accesi dall’interno del foyer del teatro. La luce abbagliante è proiettata sul marciapiede antistante l’edificio. Contemplando la facciata non si può non soffermarsi a leggere in alto la dedica alle Arti della tragedia, della musica e della danza nei nomi mitologici delle Muse che le rappresentano, che per ora rimangono mute. Il teatro come struttura è parte non solo del tessuto urbano, ma più ancora espressione della società e dell’educazione che riceviamo. La consapevolezza però dello sconcertante momento che viviamo ci fa pensare più alle luci di una corsia di ospedale che non a un grande evento, che si accendono perché un paziente malato – il teatro appunto – chiede aiuto e assistenza. È passato ormai un anno dalla chiusura forzata delle sale per via della pandemia in atto e ad oggi non si vede ancora la possibilità di una riapertura imminente. Ci uniamo all’appello di Unita e speriamo che presto il nuovo Governo torni a parlare di teatro e programmi un piano che renda possibile la riapertura in sicurezza delle sale teatrali.
data di pubblicazione:25/02/2021
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