ROMEOSINI GRECITÀ di e con Moni Ovadia

ROMEOSINI GRECITÀ di e con Moni Ovadia

(Teatro Vascello – Roma, 16 settembre 2019)

Se esiste un modo per raccontare con sublime trasporto un popolo nella sua tragicità, questo non può che essere la poesia. Al via con uno spettacolo di teatro musicale del grande Moni Ovadia la stagione del teatro Vascello.

 

Il teatro che ci piace partecipare è fatto di memoria, di consapevolezza civile e umana. Trova nell’impegno politico, quello fatto di intramontabili buone ideologie – che mettono avanti l’umanità – la sua giusta collocazione. Si nutre del presente, guardandolo con occhi di speranza e fiducia, ma non dimentica il passato. Anzi lo racconta sotto la nobile forma dell’arte. È il luogo dell’incontro tra persone e personaggi di mondi lontani eppure vicini, della riflessione, del confronto con la diversità che non vuole primeggiare ma soltanto rispecchiarsi e ritrovarsi. In queste parole le intenzioni del programma per la stagione 2019 – 2020 del teatro Vascello.

Sul palco a inaugurare la lunga serie di appuntamenti un Maestro indiscusso della scena, un artista poliedrico e unico, narratore e incantatore, etnologo e musicologo dalle infinite conoscenze, Moni Ovadia, in collaborazione con il Circolo Gianni Bosio, punto di riferimento per la raccolta di materiale musicale della tradizione popolare. Lo spettacolo è una lettura di brani scelti tratti da un poema dello scrittore greco Jannis Ristos, di cui Ovadia è – prima ancora che ammiratore – un instancabile divulgatore. Il componimento si intitola Romeosini e parla della Grecia. Il vento che soffia forte dalla penisola ellenica trasporta con sé l’eco di una terra ferita, troppo spesso dimenticata – sono raccontati nei nostri libri in piccoli paragrafi i conflitti che l’hanno vista vittima lo scorso secolo – con la quale abbiamo un debito immenso di riconoscenza, che ancora oggi soffre dell’umiliazione della crisi economica. Ma trasporta anche i colori e i profumi delle montagne e del mare, del sole che illumina gli esseri viventi e le pietre, della luna che di notte cerca i suoi figli tra i cadaveri dei soldati, e delle stelle che sono gli occhi testimoni del cielo. La natura si antropomorfizza in un’infinità di immagini, pescate nel pozzo del mito e della storia, il tesoro della grecità non solo classica. La poesia diventa un gesto di resistenza, arma di denuncia e di perdono insieme, atto eversivo e di riscatto. La lingua che si ascolta con il vento è quella del greco demotico, parlato dal popolo, espressione della tradizione. È una lingua arricchita da vocaboli provenienti dalla dominazione turca, da barbarismi, da influssi slavi e veneti. La musica è il supporto a cui è affidata, non ci sarebbe altro modo per comprendere per chi come me non la parla. Roberta Carrieri è la straordinaria voce che canta i brani che fanno da cornice tra una lettura e l’altra, accompagnata da lei stessa alla chitarra e da Dimitris Kotsiouros a due strumenti cari alla cultura mediterranea, il bouzouki e l’ud.

Immancabile infine l’ironia, elemento caro a Moni Ovadia, che risolve lo spettacolo nella lettura di barzellette sulla situazione attuale della Grecia.

data di pubblicazione:18/09/2019


Il nostro voto:

LA CENA AZIENDALE di Adriano Bennicelli, regia di Leonardo Buttaroni

LA CENA AZIENDALE di Adriano Bennicelli, regia di Leonardo Buttaroni

(Teatro Trastevere – Roma, 28 maggio/2 giugno 2019)

Durante la cena di fine anno i lavoratori di un’azienda vivono la minaccia di un possibile licenziamento. Riuscirà il personale a far fronte alla crisi e a creare nuove idee per risollevare la situazione?

  

Una commedia spassosa e brillante quella in scena fino a domenica al Teatro Trastevere, che chiude in bellezza il cartellone del teatro regalando al pubblico divertimento e risate.

Nata da un’idea di Alessia De Bortoli (sul palco interprete di Costanza, una merketing manager super perfezionista) e scritta per la scena da Adriano Bennicelli, la commedia ci mostra in due atti quello che potrebbe succedere se durante una cena di fine anno (questo il pretesto per ambientare la storia) il dirigente dell’azienda decidesse di comunicare ai suoi dipendenti la decisione di ridimensionare il personale per sopraggiunta crisi finanziaria. La crescita e le vendite della Grandiflora S.p.A. (impresa che si occupa del commercio di piante tropicali) non incrementano e quindi bisogna mandare a casa qualcuno. Immaginate il panico. Ma una soluzione è possibile e dovranno trovarla i dipendenti tutti insieme e scongiurare così il licenziamento.

Tra lazzi con oggetti e discorsi di corridoio, battute dette in dialetto romanesco e condite con inglesismi, passando per equivoci e segreti trattenuti e poi svelati, la scena si anima in un intreccio esilarante e travolgente. I personaggi sono costruiti sui modelli che si potrebbero trovare in qualsiasi ufficio, ma non per questo sono scontati. Bravissima per questo la squadra di attori impegnata sul palco, tutti giovani e ben affiatati tra di loro. Non è facile tenere il ritmo di questa commedia dove gli equivoci si moltiplicano scena dopo scena.

Il lieto fine è assicurato e anche tanto divertimento.

data di pubblicazione:01/06/2019


Il nostro voto:

ACCATTONE di Pier Paolo Pasolini, adattamento e regia di Enrico Maria Carraro Moda

ACCATTONE di Pier Paolo Pasolini, adattamento e regia di Enrico Maria Carraro Moda

(Teatro Trastevere – Roma, 7/12 maggio 2019)
La storia del borgataro romano, ladro e pappone per professione, torbido e spavaldo sbeffeggiatore della vita tanto quanto della morte, rivive in una eccellente trasposizione teatrale.

Prima di essere impressa su pellicola, la storia di Accattone era già stata annunciata nella letteratura pasoliniana. Il passo era quasi obbligato vista la portata cinematografica del suo modo di raccontare. La decisione di farne una traduzione teatrale appare come una rischiosa novità, ma non fuori luogo per un personaggio dai caratteri fortemente drammaturgici come Vittorio Cataldi. Ottimo e riuscito nella sua originalità l’esperimento tentato dalla compagnia dell’Associazione Culturale I Nani inani diretta da Enrico Maria Carraro Moda, nei panni del protagonista.
La regia è affrontata secondo il linguaggio del teatro epico. Un display elettronico attivato in scena dagli attori attraverso un telecomando elenca in forma di capitolo i vari episodi di cui la storia è costruita. Lo spettatore è costantemente avvertito e invitato a prendere coscienza dello scandalo di cui i personaggi si fanno veicolo. L’attenzione è mantenuta viva, diventa partecipazione di fronte alle provocazioni insolenti di Accattone, che chiama il pubblico a farsi giudice della vita e della morte. La sala intera diventa lo spazio scenico nel quale si svolge l’azione. Il teatro si trasforma ipoteticamente nella periferia romana, ma delle sue baracche percorse da strade polverose e accecanti non rimane nulla in termini visivi. La borgata è ora una condizione dell’animo, un suggerimento dato dalle luci fortemente espressive. Lo stesso fiume Tevere è poca acqua contenuta in un bidone della spazzatura, nel quale si tuffa e riemerge arrogante e spavaldo Accattone.
Uno spettacolo da non perdere, in scena fino a domenica al Teatro Trastevere.

data di pubblicazione:10/05/2019


Il nostro voto:

LA TEORIA DEL ROSPO da un’idea di Monica Maffei e Emiliano De Magistris

LA TEORIA DEL ROSPO da un’idea di Monica Maffei e Emiliano De Magistris

(Teatro Trastevere – Roma, 16/20 aprile 2019)

Capita che la vita si stalli in situazioni di apparente sicurezza e un appartamento può diventare la scusa per non scegliere e diventare finalmente grandi.

 Il principio della rana bollita del filosofo statunitense Noam Chomsky, secondo il quale un individuo può rimane per spirito di adattamento e abitudine in situazioni scomode e dannose senza mai reagire se non quando ormai è troppo tardi – come una rana che perde la capacità di saltare lasciata nuotare in una pentola sotto la quale si è acceso un bel fuoco che lentamente manda in ebollizione l’acqua – è la metafora, chiara nel titolo, dalla quale prende spunto questa divertente pièce teatrale.

Tre amici intorno alla trentina condividono da dieci anni lo stesso appartamento e per certi aspetti la stessa insoddisfazione e inabilità alla vita. Mauro è un intellettuale che non è riuscito a concludere il suo romanzo, fermo a pagina 27 da anni; Andrea è confuso e indeciso, di lavori ne ha provati molti ma senza raggiungere mai un soddisfacente obiettivo; Carlo è un autista di autobus nel trasporto pubblico, deluso dall’amore in perenne ricerca di donne. Caos, polvere e disordine abitano il loro alloggio nel pieno rispetto delle regole di un’abitazione condivisa. Anche la tavola è perennemente apparecchiata da un mucchio di cose e foto sbiadite sul muro raccontano un tempo che è stato e che non tornerà più.

L’appartamento è il contenitore claustrofobico e soffocante dove i tre amici sguazzano tiepidi e  inconsapevoli, fino a quando la fiamma che porterà a bollire l’acqua non viene accesa dal padrone di casa che improvvisamente decide di vendere tutto e di mandarli via. Un mese di tempo per traslocare altrove. Inizia una ricerca ansiosa su internet delle varie possibilità abitative nella speranza di trovarne una che abbia le stesse caratteristiche di quella che si accingono a lasciare, ma nessuna di queste sembra soddisfare le aspettative. In realtà manca la voglia di cambiare e di crescere e così si finisce per rimanere dove si è senza compiere atti catartici di coraggio e di riscatto.

La scrittura drammaturgica soffre nel linguaggio e nella struttura dell’imitazione di tanti numerosi sketch, anche divertenti, che ci appaiono in video quotidianamente sui social. Tuttavia il gruppo di attori dimostra di avere un’ottima complicità e buon affiatamento sulla scena, merito forse anche di una reale amicizia tra loro. Il risultato nella sua leggerezza è divertente.

data di pubblicazione: 19/04/2019


Il nostro voto:

NIDO DI VESPE di Simona Orlando, regia di Daniele Miglio

NIDO DI VESPE di Simona Orlando, regia di Daniele Miglio

(Teatro Argentina – Roma, 15 aprile 2019)

A 75 anni dal rastrellamento del Quadraro, il Teatro di Roma e il Comitato Q44 rendono omaggio alla memoria dei 947 uomini deportati e alle loro famiglie. Dopo dieci anni di repliche il testo arriva a buon diritto sul palcoscenico dell’Argentina.

 

L’incedere pesante e ritmato dei passi dei soldati tedeschi agli ordini del generale Kappler interrompe di violenza il sonno della borgata romana a pochi minuti dall’alba. È il 17 aprile 1944. Il quartiere, soprannominato dai nazisti covo di vespe per via dei cunicoli e delle gallerie presenti dove si pensava si nascondessero dissidenti, nemici del regime e partigiani, veniva preso d’assalto. L’azione militare, a cui viene dato il nome di Operazione Balena, si consuma con una brutalità improvvisa e fulminea che non lascia neanche il tempo di ragionare. Sul foglio di avviso che viene consegnato alle famiglie è scritto chiaramente di non spendere più di dieci minuti per prepararsi a partire. A nessuno è concesso di uscire in strada, pena la morte. Nel giro di pochissime ore un gruppo di 947 uomini, di età compresa tra i 16 e i 55 anni, si ritrova a lasciare i propri affetti e a essere prigioniero nel teatro 10 di Cinecittà. Da lì la deportazione nel campo di concentramento di Fossoli, vicino Modena, e poi la dispersione in Germania dove, ingannati a firmare un foglio in cui si dichiaravano lavoratori volontari, vengono venduti a un gruppo di magnati dell’industria tedesca. Circa la metà di loro non fecero più ritorno a casa. Coloro che invece riuscirono a sopravvivere e a rientrare a Roma, raccontarono la loro storia a chi li stava aspettando. Ma amici e parenti non potevano restare gli unici ad ascoltare i loro racconti e così nasce l’idea di costruire un’unica memoria. Lo spettacolo è un prodotto del tentativo di mantenere vivo il ricordo di questi avvenimenti, che hanno tutto il diritto di essere inseriti nella storia della Resistenza nazionale. La struttura drammaturgica, arricchita dalle note del pianoforte suonato dal vivo da Massimo Gervasi, alterna la recitazione di otto attori alla proiezione delle testimonianze dei sopravvissuti. Le persone in video diventano i personaggi sulla scena. È in questo modo che possiamo conoscere le storie di Sisto, Mario, Giorgio e di tutti i rastrellati. Il risultato è coinvolgente e commuove. Ci vuole forza nel ricordare perché farlo spaventa, ma la memoria è necessaria ed è un obbligo che non si può disattendere.

data di pubblicazione:17/04/2019


Il nostro voto: