MATERNAL di Maura Delpero, 2019

MATERNAL di Maura Delpero, 2019

(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – Alice nella città, 17/27 ottobre 2019)

Buenos Aires oggi. Esistono delle case famiglia religiose per ragazze madri di estrazione sociale bassa in cui le giovani, spesso minorenni, vengono accolte per essere assistite durante la gravidanza ed anche in via successiva se non hanno un lavoro ed una casa dove andare. Maternal racconta l’esistenza di madri adolescenti che vivono li. In particolare Lu è divisa tra il crescere la sua dolcissima bambina e il desiderio di scappare dall’istituto per stare con il compagno violento. Fatima è più accomodante e rassegnata, non sente di avere prospettive fuori da quelle mura. Nonostante le loro diverse personalità, l’esperienza condivisa della maternità adolescenziale porta le due donne a stare vicine. Dall’Italia arriva Suor Paola, una suora sui generis, giovane e bella, in procinto di prendere i voti perpetui, sensuale e pura allo stesso tempo, differente da ogni altra. Le tre esistenze si sfiorano e si contagiano, rompendo alcuni schemi e ricomponendone altri.

La regista Maura Delpero ha lavorato proprio in quel luogo per quattro anni e quanto raccontato è l’elaborazione di quanto respirato e vissuto.

Un film costruito sui silenzi e sugli occhi di tutte le protagoniste. La regista ha volutamente scritturato delle attrici non professioniste come le due ragazze madri al centro della vicenda ed entrambe sono superbe. Denise Carrizo interpreta Fatima, una timida ragazza incinta che è la migliore amica nonché convivente di Lu, la ribelle interpretata da Agustina Malala.

Ma nel modello di vita e di famiglia predicata nel convento manca assolutamente la figura maschile, esterno anche alla conflitto che ciascuna delle donne presenti nell’Hogar (è il nome argentino di queste case famiglia nonché il titolo originale del film), religiose o non, deve prima risolvere .

Tutta l’azione si svolge all’interno dell’istituto e con un solo terrazzo che tange l’esterno, ma non è un film claustrofobico. Un film essenziale ed ascetico per certi versi, che vive sul contrasto tra i dogmi religiosi e l’ora et labora predicato dalle vecchie suore ed il mondo esterno cui appartengono le giovani madri, fatto di smalti e violenze, di desiderio di vita e di futuro che non sembra possa però essere loro riservato.

L’unica suora a cavallo dei due emisferi è Paola, interpretata da Lidiya Liberman, arrivata dall’Italia per terminare il suo noviziato e prendere gli ultimi voti, in un periodo che anche per lei è di grande confusione. Paola si lega a Fatima e quando Lu scappa improvvisamente dal convento, inizia a prendersi cura della sua adorabile bambina Nina (Isabella Cilia). Il rapporto con la piccola fa vacillare la sua devozione all’abito che indossa e questa crisi viene raccontata attraverso piccoli dettagli significanti, tocchi sapienti Un legame che quasi mette in crisi la relazione che Paola ha con il proprio destino.

È un film d’esordio straordinario, un’opera prima intensa e rigorosa, in cui la regista dimostra di amare e rispettare tutte le sue protagoniste, raccontandole nella propria intimità, nel proprio modo di essere madre e donna, senza stereotipi e con tanta bellezza.

data di pubblicazione:18/10/2019








ROMA EUROPA FSTIVAL Raoul – di e con James Thierrée

ROMA EUROPA FSTIVAL Raoul – di e con James Thierrée

(Teatro Argentina – Roma, 2/6 ottobre 2019)

Un uomo solo rinchiuso in una torre che prende coscienza dello spazio e della materia che lo circonda per iniziare un percorso che lo porta progressivamente a liberarsi di tutte le sue sovrastrutture. Ecco l’essenza di Raoul, spettacolo feticcio dell’artista belga James Thierrée presentato, nell’ambito di Roma Europa Festival al teatro Argentina di Roma dal 2 al 6 ottobre.

James Thierrée, mago della scena teatrale e innovatore delle forme circensi, dialoga con il suo amico immaginario e visionario che vive isolato in una torre-corazza, in un mondo incantato, abitato da teiere parlanti, vestiti animati, meduse-ombrello ed elefanti fantasma.

 

Thierrée è un predestinato (i genitori gli artisti circensi Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée, il nonno Charlie Chaplin) in grado di intrecciare sapientemente gli elementi della sua formazione artistica quali teatro, circo, danza e arti visive per creare un unicum teatrale, innovativo e senza tempo, poco tecnologico e di grandissimo effetto.

Gesti provenienti del quotidiano, lo scherzo, le parole inventate, l’assurdo entrano in relazione con il cammino di Raoul nel quale la solitudine,  l’instabilità e l’insicurezza del vivere incontrano quali compagni di viaggio degli animali fantastici che entrano in gioco per dialogare, infastidire o illudere il protagonista che a volte seccato, altre volto avvinghiato a loro, decide di trasformare la propria vita.

Uno spettacolo intenso, faticoso, vissuto, come tutta la scena, progressivamente ed inesorabilmente scardinata e scomposta per arrivare all’essenza: palizzate di ferro che diventano delle vele e il corpo che alla fine può librarsi nell’acqua e nell’aria. Un’ora e mezza di intensissimo one man show per cogliere appieno coglie tutto il brio dell’attore, regista e mago e il suo rapporto personale con la danza, l’acrobazia, la trasformazione, l’ironia ed il silenzio.

Uno spettacolo enigmatico, visionario, capace di avvincere il pubblico, punteggiato di simboli, ma al tempo stesso semplice da decodificare emotivamente; una performance che unisce straordinaria qualità tecnica e un impatto visivo altamente suggestivo alla tenerezza e all’empatia che il protagonista suscita nello spettatore.

data di pubblicazione:08/10/2019

JOKER di Todd Phillips, 2019

JOKER di Todd Phillips, 2019

Stupefacente prova d’attore per Joaquin Phoenix nel Joker di Todd Phillips, film Leone d’0ro a Venezia. In una Gotham City in cui imperversa un crescente malessere metropolitano, fatto di immondizia, rabbia e violenza, di diseguaglianze sociali estremizzate, cerca di sopravvivere il debole Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) vittima di un grave disturbo che lo fa scoppiare in risate isteriche quando è sottoposto a stress emotivi rilevanti e che lo porta ad essere umiliato, deriso, malmenato ed emarginato.

 

Fleck vive con una madre anch’essa malata che ha rovinato irrimediabilmente la sua vita. Fa parte della schiera degli ultimi. Il suo sogno è quello di diventare un cabarettista, e magari essere un giorno ospite del suo show televisivo preferito, quello condotto dal comico Murray Franklin (uno straordinario Robert De Niro), ma nel frattempo si arrabatta come può travestendosi di clown. Sempre più ai margini, in un susseguirsi di vicissitudini grottesche, quasi vittima sacrificale di un disegno preordinato, non può che far esplodere la sua impotenza in una rivolta improvvisa e feroce verso tutti. Una trasformazione violenta e folle in un nuovo Joker la cui patologia viene eretta a simbolo di una rivolta popolare egualmente brutale e cieca, di cui diviene l’emblema suo malgrado.

In un panorama a fosche tinte tra le atmosfere de I Guerrieri della Notte e Taxi Driver, ma vicino anche all’indefinito futuro di Blade Runner ed agli scenari apocalittici di Romero, Joaquin Phoenix plasma un nuovo Joker a sua immagine e somiglianza, esorcizzando il suo passato ed il suo grandissimo talento. C’è lo sguardo folle di Nicholson ma anche la nera eleganza di Heath Ledger scomposti ed elaborati secondo una nuova fisicità, frutto di un lavoro ossessivo e profondo.

Joaquin Phoenix polarizza letteralmente tutto il film dalla prima all’ultima sequenza, grandissimo nel costruire un personaggio che dal fumetto rimanda ad echi letterari ea a personaggi di spessore mostrando una profondità non comune.

Arthur Fleck è la risata ossessiva e disperata del disagio di oggi, anche se trasposto in un’atmosfera torbida da comics apparentemente lontana, fatta di sporcizia e di rabbia, di soprusi, di segreterie telefoniche e vecchi lettori VHS, in un’atmosfera nella quale servizi sociali e medicine non sono in grado di sostenere la fragilità del giovane Arthur e dei suoi sogni, aprendo di fatto la voragine della cieca follia. E Arthur non può che affondare nel dolore e nella violenza trascinando con sé tutta quella piccola umanità selvaggia. Non c’è speranza su questa terra, forse un po’ di luce e di candore gli sono destinati in un’altra vita, nella quale dar sfogo alla sua andatura sconnessa e sognante.

Un film decisamente bello e misurato, con un importante lavoro di regia e con tanti superlativi attori (De Niro in primis), ma condizionatissimo dal suo mostruoso protagonista, cui spetteranno certamente tantissimi riconoscimenti che non può non meritare.

data di pubblicazione:02/10/2019


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ROMA EUROPA FESTIVAL The Valley (an apocalypse) – Hans Op de Beeck, Eric Sleichim, Bl!ndman Ensemble

ROMA EUROPA FESTIVAL The Valley (an apocalypse) – Hans Op de Beeck, Eric Sleichim, Bl!ndman Ensemble

(Teatro 1 Mattatoio – Roma, 26/27 settembre 2019)

È un’opera di teatro musicale il nuovo lavoro di Hans Op de Beeck, in collaborazione con Eric Sleichim e la sua Bl!ndman Ensemble, per la drammaturgia di Tobias Kokkelmans. The Valley (an apocalypse) è stato presentato il 26 e 27 settembre con grande successo al Teatro 1 del Mattatoio.

Un uomo (l’attore Dirh Roofthooft) è seduto ai piedi di una piccola arena e racconta la sua incredibile storia. È circondato da musicisti che accompagnano il tragico racconto mentre tra di loro si aggira una donna con le ali nere (il soprano Lore Binon). E’ forse il suo angelo custode o la figlia consegnata all’acqua o la sua anima.

 

The Valley (an apocalypse) è un’opera coraggiosa in un viaggio nella memoria e nell’intimità forse anche nel solo immaginato, in uno spazio simbolico fatto di sassofoni, di una fisarmonica che suona in autonomia e di un rettangolo d’acqua.

L’artista visivo Hans Op de Beeck che vive e lavora a Bruxelles ci porta in un mondo fatto di ombre che sembra abitare al di sotto della superficie terrestre per narrarci delle storie, fatte di odori e sensazioni, di ricordi. Una narrazione tragica che parla anche di bellezza, di canto ancestrale, di vibrazioni, di incontri, di desideri, capace di far entrare lo spettatore in un sogno tanto esteriore quanto interiore, grazie alla cura della parola ed alla magia del disposto scenico.

Il protagonista è seduto a occhi chiusi, drammaticamente solo e incapace di dare direzione a una vita che lo coinvolge e lo sovrasta senza che lui possa realmente decidere da che parte e soprattutto verso dove andare.

Prima guidato da un eremita in una valle dove non c’è la luce del giorno e il livello dell’acqua cresce annunciando la catastrofe a venire, poi coinvolto nella relazione erotica con Jara, l’uomo appare sempre in bilico tra ciò che trova quasi per puro caso e ciò che inevitabilmente perderà, dalla valle all’amore della sua vita. La nascita di una bambina, dunque la famiglia, diventa alla fine l’ennesimo disperato tentativo dell’essere umano di emergere dall’abisso della propria esistenza e spezzare il ciclico e spietato reiterare di vita e morte.

Un’apocalisse poetica esistenziale nel ciclo dell’acqua che toglie e regala.

data di pubblicazione:1/10/2019

IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ di Mario Martone, 2019

IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ di Mario Martone, 2019

Una personale e profonda evoluzione del testo di Eduardo de Filippo, Il sindaco del rione Sanità trasposta in chiave cinematografica da Mario Martone e presentato a Venezia dopo la forte e innovativa esperienza teatrale di due stagioni fa. Un ulteriore confronto, una necessità di espandere il meraviglioso testo di Eduardo oltre lo spazio scenico per incontrare i suoni, gli odori, i volti della Napoli dei vicoli e della povertà, della violenza, dell’ignoranza e del riscatto.

Stesso titolo, stessa identica trama con “qualche piccolo taglio” e nuova scommessa vinta. Ancora una volta Martone si affida ad un gruppo di straordinari ed intensi interpreti di quella terra che fanno capo al NEST – Napoli Est Teatro di San Giovanni a Teduccio, ubicato in uno dei quartieri più popolari e difficili di Napoli, dove un gruppo di giovani, attori, registi, scenografi e drammaturghi hanno ristrutturato una palestra e creato uno spazio per le arti.

Scritta nel 1960, Il sindaco del Rione Sanità è una commedia in tre atti anche interpretata da Eduardo De Filippo nella quale il protagonista, Antonio Barracano (Francesco Di Leva), è “il sindaco” della Sanità. Qui amministra da signorotto illuminato le problematiche del rione, secondo principi da “uomo d’onore” decisamente border line rispetto alla legge, ma certamente efficaci. Si avvale dell’aiuto di un medico che cura clandestinamente i feriti da sparatorie e regolamenti di conti che avvengono nel quartiere. Chi non ha santi e protettori si rivolge a da Don Antonio da sempre. Quando però gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello (Salvatore Presutto), il figlio del fornaio, deciso ad ammazzare il padre Arturo (Massimiliano Gallo), Don Antonio, cogliendo nel giovane la stessa determinazione che lo spinse all’omicidio in gioventù, si propone come mediatore finendo poi col pagare tragicamente di persona il suo intervento.

Niente spettacolarizzazioni e violenza gratuita. Nella sua visione ancora strettamente aderente al testo originale Martone rende il protagonista Antonio Barracano da anziano settantenne a ragazzo di nemmeno quarant’anni, giovane come i boss di quartiere, decisionista e autoritario, esibizionista e consumista, segnato dagli errori e dalla rabbia di una giovinezza mai vissuta che lo hanno portato a mettere da parte gli impulsi ed ad usare di più la riflessione.

Antonio Barracano è certamente un padre-padrone, ma è anche un predicatore, unico punto di riferimento per una comunità di disperati cui trasferire principi di giustizia e convivenza non sempre ortodossi ma nella sostanza egualitari. Una storia con una forte connotazione sociale che Martone traspone ai nostri giorni arricchendolo di quella complessità che oggi caratterizza le attuali generazioni, abbastanza distanti da quelle raccontate da Eduardo.

Il film sarà in sala per tre giorni come film evento dal 30 settembre al 2 ottobre. Un film che mantiene la densità e la forza del testo di Eduardo andando però a cogliere le contraddizioni di oggi, tra rapper con felpa e cappuccio in testa ad agguati violenti nel quartiere per costruirsi inutili identità, ad una casa fatta di cristalli, sovraccarica di benessere, trasferita nella campagna alle pendici del Vesuvio, circondata da aggressivi e fedeli rottwailer, plexiglas e acciaio, nella quale vanno e vengono individui palestrati, dove si curano ferite e liti, popolata da una famiglia allargata, nella quale i pranzi si alternano a processioni di questuanti del quartiere. Questo il principato del giovane e forte Don Antonio, apparentemente immortale, che amministra e salva a modo suo quella piccola umanità, amministrando con la forza e regalando speranza. Ma la casualità o forse un destino segnato scoprirà il suo tallone d’Achille portandolo ad immolarsi poi paradossalmente per una buona azione compiuta.

Una evoluzione sul grande schermo che spiazza e cattura, dove tutto ha un senso e che ha il proprio punto di forza nelle sonorità e gestualità proposte, nelle immagini che dilatano il racconto, espressione fedele del degrado metropolitano di oggi, nella musica del dolore e della speranza.


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data di pubblicazione: 2/10/2019