I SOLITI IGNOTI di  Mario Monicelli, 1958

I SOLITI IGNOTI di Mario Monicelli, 1958

Da annoverarsi tra i capolavori del regista Mario Monicelli che ottenne con questa spassosissima commedia due nastri d’argento ed una nomination agli Oscar nel 1959 come miglior film straniero. Una banda di scalcinati ladruncoli organizza un accurato furto per raggiungere la stanza del Banco dei Pegni, dove è custodita la cassaforte, passando dall’appartamento attiguo, normalmente abitato da due anziane signore. Approfittando dell’assenza di queste, si introducono quindi nella casa e riescono a demolire la parete che secondo i loro piani li avrebbe portati direttamente davanti al cospicuo bottino. Ma con grande stupore si troveranno invece nella cucina dove, fallito il colpo, non gli rimarrà altro che approfittare della pasta e ceci trovata e mangiarsela con gusto. Cast eccezionale di attori passato poi alla storia del cinema italiano: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò, Memmo Carotenuto, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Lella Fabrizi, Carla Gravina ed una splendida Claudia Cardinale agli esordi. Il film ci suggerisce questa ricetta di pasta e ceci.

INGREDIENTI: 500 grammi di ceci secchi – 100 grammi di guanciale o lardo – rosmarino, salvia, due spicchi d’aglio ed una cipolla – un cucchiaio di concentrato di pomodoro – olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. – una patata – 200 grammi di pasta ditalini.

PROCEDIMENTO: I ceci vanno messi a bagno almeno la sera prima. Lavare bene i ceci e farli cuocere in acqua con la cipolla, la patata, sale, pepe, alcune foglie di salvia ed un rametto di rosmarino. Preparare il battuto con il lardo o guanciale da far soffriggere in abbondante olio, con l’altro spicchio d’aglio, la salvia ed il rosmarino, tutto ben triturato. Aggiungere al soffritto il concentrato di pomodoro ed amalgamare. Versare i ceci già cotti, dopo averne frullata una buona parte con il frullatore ad immersione insieme alla patata, fare cuocere ancora una decina di minuti prima di versare la pasta. La zuppa va servita tiepida e condita con olio d’oliva extravergine e pepe.

RETROSPETTIVA DI FRANCO FONTANA, Fotografo

RETROSPETTIVA DI FRANCO FONTANA, Fotografo

Mostra a cura di Denis Curti nell’ambito del progetto ABC (Arte-Bellezza-Cultura) – REGIONE LAZIO –

(Palazzo Incontro – Roma, 15 ottobre 2014 – 11 gennaio 2015)

La mostra fotografica di Franco Fontana (Modena 1933) si presenta suddivisa in sezioni, ciascuna con tematiche ben segnate: i paesaggi – urbani ed extraurbani – il mare e le piscine. Come prima sensazione il visitatore si trova subito immerso, direi inaspettatamente, in un contesto dove regna assoluto il colore, reale presenza nel tutto insieme al contrasto tra luce e ombra, che sviluppa con i suoi toni iperreali una sovrapposizione piatta di forme e di superfici, creando una composizione geometrica ben costruita e volutamente artificiale. In Fontana il colore è infatti il vero protagonista della scena a cui viene affidato il compito magico e fantastico di svelarci quello che non riusciremmo mai a percepire con i nostri sensi, di vedere al di là della superficie. Ciò si percepisce subito nelle immagini riguardanti le distese extraurbane delle campagne della Basilicata o della Puglia: qui il colore fa contrasto e si confonde nello stesso tempo ed il tutto ci emoziona intimamente come se ci trovassimo di fronte ad un quadro di Rothko. Diversa sensazione per quanto riguarda i paesaggi urbani. Qui le superfici cromatiche si alternano tra contrasti di luce che appiattiscono il tutto e dove non c’è più spazio per niente se non per la solitudine umana che invade il campo: l’uomo, o la sua ombra, sta lì quasi a contemplarsi solo, immerso in un contesto quasi metafisico. Non è forse la stessa sensazione che potremmo percepire davanti ad un quadro di Hopper? Anche in Fontana infatti i colori brillanti e luminosi ci trasmettono solo una sensazione di vuoto, un senso di inquietudine, di disagio. Anche le immagini riguardanti il mare, tema molto caro a Fontana, ci infondono una percezione di smarrimento: qui solo una leggera quasi invisibile linea lo divide con il cielo, come se le due masse si fondessero in un’unica superficie piatta e priva di movimento. Negli spazi acquosi delle piscine vengono poi mostrati i corpi sinuosi e tonici di donne  che, come sculture dalle forme ben levigate, sembrano esaltare una fisicità tutta al femminile perché, come dice lo stesso Fontana, quando manca la donna, il mondo perde la luce…Ecco perché oggi, nella celebrazione dei suoi cinquanta anni di attività, Fontana si presenta a noi non solo come un eccellente fotografo, ma come un artista a tutto campo, i cui lavori trovano giusto e meritato apprezzamento, a livello nazionale ed internazionale, con il continuo conferimento di prestigiosi premi a riconoscimento della sua non comune opera.

 data di pubblicazione 17/11/2014

CHOCOLAT di  Lasse Hallström, 2000

CHOCOLAT di Lasse Hallström, 2000

In un tranquillo quasi anonimo paesino francese arriva dal nulla la estroversa Vianne (Juliette Binoche) insieme alla sua bambina Anouk (Victoire Thivisol) per sconvolgere, con l’apertura sulla piazza della sua singolare cioccolateria, le abitudini degli abitanti del luogo. Il sindaco moralista e bigotto (Alfred Molina) non esita a scatenare una guerra  contro la peccaminosa donna che, oltre ad offrire cioccolato in tempo di penitenza quaresimale, socializza persino con l’estroverso Roux (Johnny Deep) a capo di un gruppo nomade di zingari che si sono accampati nei paraggi. Alla fine la donna riuscirà con la sua tenacia ed il suo buon umore a scalfire il cuore di tutti, incluso quello del sindaco, ed a portare un poco di vita nel grigiore freddo di quella comunità chiusa e piena di pregiudizi. Il film non può che suggerirci questa ricetta di un plumcake tutto al cioccolato.

INGREDIENTI: 200 grammi di farina – 1 cucchiaino di bicarbonato – 50 grammi di cacao amaro – 275 grammi di zucchero – 80 grammi di panna acida – 175 grammi di burro morbido – 2 uova – 1 bustina di vaniglina – 175 grammi di gocce di cioccolato.

PROCEDIMENTO: Amalgamare tutti gli ingredienti mescolando bene ed aggiungendo poi 125 ml di acqua bollente, sino ad ottenere un impasto molto fluido, e completando infine il tutto con le gocce di cioccolato. A questo punto sistemare l’impasto in uno stampo da plum cake, foderato di carta da forno bagnata, ed infornare per 45 minuti ad una temperature di 180 gradi quindi coprire lo stampo con carta di alluminio e completare la cottura per altri 20 minuti. Servire da solo o accompagnato con una abbondante cucchiaiata di panna montata.

IL REGNO D’INVERNO (WINTER SLEEP) di Nuri Bilge Ceylan, 2014

IL REGNO D’INVERNO (WINTER SLEEP) di Nuri Bilge Ceylan, 2014

(Palma d’Oro al Festival di Cannes 2014)

Il regista turco Ceylan certo si può considerare oramai di casa a Cannes dopo avervi vinto diversi premi: 2011 Gran Premio per Una Volta in Anatolia – 2008 Premio alla Regia per Tre scimmie, 2006 Premio FIPRESCI per Climi ed ancora nel 2003 Gran Premio e per miglior attore con Distante. Il titolo di questo suo ultimo lavoro potrebbe avere come traduzione più appropriata: sonno d’inverno, vale a dire letargo. Il film infatti induce spesso ad appisolarsi: dialoghi molto prolissi e spesso pretestuosi. Ma tutto ciò volutamente, da parte del regista, per dimostrare come spesso le parole nascondono altro. Sono dunque un riempitivo, a volte necessario, per comunicare rancore e soprattutto noia.

Ci troviamo in Anatolia. Il benestante Aydin, che ha recitato in teatro per moltissimi anni senza apparente successo, si dedica alla scrittura di articoli su un periodico locale ed è intenzionato a scrivere un corposo ed impegnativo libro sul teatro turco con velleità pseudo intellettualistiche. A tempo perso, visto che i suoi cospicui affari immobiliari vengono gestiti da un suo fidato dipendente, gestisce insieme alla giovane e bella moglie Nihal un piccolo Hotel (Hotello) frequentato da rari turisti che spingendosi fin lì, nella splendida regione dell’Anatolia, cercano percorsi alternativi a quelli frequentati dalle masse. In casa, oltre alla paziente domestica, vive anche la sorella Necla annoiata e delusa per il recente divorzio, che non perde occasione per manifestare la propria insofferenza verso gli altri e verso la vita in genere. L’eccessiva verbosità degli incontri incrociati tra i personaggi viene fortunatamente interrotta dalla visione degli esterni: paesaggi incantati sotto un manto di neve che rende il tutto quasi irreale e certamente ci fa riprendere, con una boccata d’ossigeno, energia sufficiente per affrontare il dialogo successivo. Ottima quindi la fotografia che ci rivela i paesaggi incantati all’esterno e la realtà di ogni giorno all’interno di quelle case scavate nella roccia dove, accanto alle pur semplici azioni quotidiane, regna comunque l’incomprensione reciproca e dove anche le migliori azioni del protagonista vengono irrimediabilmente travisate.

Singolare quindi la rappresentazione di quella realtà, apparentemente isolata e fuori dal mondo, dove però si concentrano evidenti le ben note differenze di classe e dove i pochi ricchi ed i tanti poveri sono costretti a sopportarsi e ad affrontarsi quotidianamente.

E non solo in Anatolia…

 data di pubblicazione 17/11/2014


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LA FORESTA DI GHIACCIO di Claudio Noce, 2014

LA FORESTA DI GHIACCIO di Claudio Noce, 2014

(Festival Internazionale del film di Roma  – Cinema D’Oggi)

Con il meraviglioso ed espressivo sguardo di Emir Kusturica nel vuoto di fronte alla morte, non poteva che far presa sullo spettatore le note del Requiem di Mozart…Claudio Noce, giovane regista romano, al suo secondo lungometraggio anche se già vincitore di importanti premi cinematografici, sembra essere perfettamente a suo agio non solo nei luoghi del trentino, dove la storia si dipana tra ghiacci e venti gelidi, ma anche a dirigere  un artista poliedrico del calibro di Kusturica che solo come regista ha vinto due palme d’oro a Cannes, in un personaggio che sembra proprio sia stato concepito e scritto per lui. Molto convincenti anche le interpretazione di Adriano Giannini e di Ksenia Rappoport che si muovono nei loro personaggi con sorprendente e convincente bravura. In un triangolo nevralgico, Italia-Bosnia-Slovenia, si intrecciano traffici poco chiari tra rifugiati e commercio di schiavi. Una enorme diga segna una sorta di confine, forse uno sguardo verso la libertà. La presenza di un orso, che nessuno ha mai visto, è il pretesto che spinge Lena (Rappoport) ad indagare su quel mistero che avvolge tutto. Forse una incombente tempesta riuscirà a cancellare ed a rendere indistinguibile ciò che è già difficile vedere…..


data di pubblicazione 11/11/2014


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