LA LEZIONE di Eugène Ionesco

LA LEZIONE di Eugène Ionesco

con Nando Paone, Daniela Giovannetti, Valeria Almerighi, regia di Antonio Calenda

(Teatro Basilica – Roma, 6/10 marzo 2024)

Esemplificazione del teatro dell’assurdo per una prima rappresentazione del 1951, riferimento naturale la Francia e principalmente Parigi per la fuga di massa degli intellettuali romeni. Fuori dalla cronaca e dalla politica ma qui con un chiaro riferimento al nazismo e alla sua insensatezza. Certo non il principale focus dell’autore.

 

Rapporto a tre: il professore, l’allieva e la governante, prima ostile, poi fattiva collaboratrice di un omicidio. Anzi assassini in serie contando fino a quaranta, in un rituale macabro e ripetitivo. Di andamento ciclico. Cioè un’allieva viene inizialmente ben accolta e assai lodata per l’assolvimento di semplici operazioni matematiche per l’acquisizione di un presunto titolo di studio totale. Poi il rapporto si intorbida, i quesiti diventano sempre più complessi e sempre più assurdi. Così l’aggressività e la violenza del professore, prima latente, si manifesta completamente nell’accoltellamento che pesca la discente in un atteggiamento osceno. Il manifestarsi del suo disagio in un metaforico e sempre più insostenibile mal di denti. Gli interrogativi ora linguistici e non più matematici si dispiegano nel non senso con lambiccate tentativi di traduzione dall’italiano al rumeno al francese. Se il teatro è contraddizione, qui la manifestazione del busillis è evidente e fastidiosa, fino a mettere lo spettatore in una situazione di voluto quanto comprensibile disagio. Era il minaccioso teatro degli anni ’50 anche se questa vulgata non rappresenta certo il culmine dei grovigli ioneschiani. La vita sembra un continuo punto di partenza. Il professore ucciderà ancora in un rituale ripetitivo che sembra riprodurre il ferino homo homini lupus hobbesiano. Il male di vivere è una ripetizione ostinata che non ha vie di salvezza. Un pessimismo cosmico avvolge la rappresentazione. Bravi e imperfettibili gli interpreti: attore giusti canonicamente gestiti da Calenda.

data di pubblicazione:10/03/2024


Il nostro voto:

‘NA PECORA VIZIOSA, commedia comica in tre atti di Eduardo Scarpetta

‘NA PECORA VIZIOSA, commedia comica in tre atti di Eduardo Scarpetta

regia e adatgtamento di Fabio Gravina, con Mara Liuzzi, Antonio Lubrano, Paola Fulciniti, Eduardo Ricciardelli, Floria Giannattasio, Raffaele Balzano, Carmine Iannone, scene e costumi di Francesco De Summa, musiche di Mariano Perrella

(Teatro Prati – Roma, 9 febbraio/24 marzo 2024)

Continua il festival Scarpetta nel 26esimo anno di di attività del teatro legato a Fabio Gravina. I consueti tre tempi incalzanti, comici, ritmici, senza pausa per l’abituale successo di pubblico. Compagna affiatata dalla collaudata sinergia attoriale.

Siete capaci di trovare uno spettacolo nella stagione ‘23-24 sulla piazza di Roma che abbia una tenuta di un mese e mezzo? Il record stai qui ed è forse anche nazionale senza la pretesa di rivaleggiare con il primato di resistenza britannico di The Mousetrap tratto da Agatha Christie. Il segreto è che si può fare dignitosamente teatro leggero e non serioso, con gli stilemi di una farsa con rigore filologico e massima rispetto per le intricate trame di Scarpetta, anticipatore della regia dei De Filippo. Gravina è travolgente ma non sovrasta i bravi solisti del suo gruppo, rappresentando per l’ennesima volta le disavventure di Felice Sciosciammocca, vessato da una moglie che detiene il passaporto di casa e che per opportunità sarà disposta a passare sopra a un suo annoso tradimento. I protagonisti principali hanno quasi tutti qualcosa da nascondere nel gioco delle imposture e dei ritrovamenti. Ma nel finale tutti conti tornano: la pace in famiglia è di nuovo scritta e con essa il lasciapassare per il contrastato matrimonio della figlia di casa. Dialetto napoletano aggirabile anche per i romani, tinto di una vivacità viscerale che quasi parla da sé. Gravina ribadisce la fiducia nella farsa, repertorio a cui appartengono di diritto Curcio, Fayad e Feydeau. Per concludere la stagione manca solo un ultimo atto, anzi tre, ancora legati al nome di Scarpetta, nel segno di un teatro a suo modo resistente alle mode.

data di pubblicazione:08/03/2024


Il nostro voto:

NAVALNY di Daniel Roher, 2024

NAVALNY di Daniel Roher, 2024

Dopo aver visto questo docufilm dentro la storia di Navalny il vostro giudizio su Putin e sulla sua politica non sarà più lo stesso. Quasi un giallo con un chiaro mandante e un sicuro predestinato alla morte. Ben dopo la realizzazione della pellicola.

  

La tragica fine del principale oppositore all’autocrazia russa, davvero molto sovietica, ha un prodromo nella domanda iniziale rivolta al protagonista. Che messaggio darebbe al popolo russo se dovesse venir ucciso? In avvio Navalny si schernisce e avvisa che un tema del genere sarebbe davvero molto noioso se proposto dopo la sua scomparsa. In chiusura di film invece la prende sul serio e dichiara che se ciò succedesse vorrebbe dire ha fatto davvero paura al regime e che l’opposizione può riconoscere in questo atto estremo la propria forza e condurre fino in fondo la propria lotta. Navalny si rivela nel suo privato, nel calore degli affetti, nella banalità della vita quotidiana ma non si sottrae alle domande più polemiche e che riguardano il proprio passato di nazionalista estremo con deviazioni razziste (errori di gioventù?). Ma il filone più appassionante è la ricerca investigativa condotta in combinato disposto con il giornalista bulgaro Christo Grozer grazie alla quale si identificano gli esecutori materiali del suo avvelenamento. In una registrazione-trappola si stabilisce un lungo colloquio con uno dei suoi eversori che il giorno dopo misteriosamente sparirà dalla circolazione. L’opera restituisce un clima soffocante di controllo poliziesco e rivolge un interrogativo che non avrà mai risposte. Per quale motivo Navalny ha fatto ritorno nell’amata patria sapendo quali conseguenze poteva produrre questa sua reimmissione nell’agone politico. Ci sono anche brani delle conferenza stampa di Putin in cui l’aspirante rivale non viene mai nominato (ricordate Veltroni quando evitava di citare Berlusconi?). Il Navalny degli anni all’estero è un perfetto utilizzatore dei social network grazie alla rubrica su youtube e a picchi di visualizzazioni che raggiungono oltre sette milioni di utenti.

data di pubblicazione:06/03/2024


Scopri con un click il nostro voto:

CARACAS di Marco D’Amore, 2024

CARACAS di Marco D’Amore, 2024

Una bolgia dantesca nell’inferno di Napoli. Chi prende per buono il racconto cinematografico avrebbe paura ad affacciarsi in città. Il film non si fa mancare niente droga (overdose), prostituzione, miseria, naziskin, islam, accentuando sopra le righe il testo base di Ermanno Rea Napoli Ferrovia. Siamo dalle parti di Gomorra, Suburra, un genere mainstream che D’Amore replica ad oltranza ed abuso.

 

Pellicola scura, discontinua con un Servillo a tratti in difficoltà nell’assecondare le trame tortuose della sceneggiatura. Crudeltà violenza, irrazionale dominano la scena. Certo riesce poco convincente la conversione di Caracas, il protagonista che prima picchia gli extra-comunitari e in un amen si converte all’Islam, subito trascinato all’esercizio della preghiera in una lingua di cui nulla sa. Bisogna aver fiducia nella regia di D’Amore che nella recitazione non è de Niro ma neanche Favino, più solido personaggio in un altro film incentrato sul ritorno a Napoli per l’arte di Martone. Uno scrittore in crisi torna a Napoli e dopo essere stato scippato improvvisamente prende fiducia nelle risorse e nel vitalismo terreno degli adolescenti fino a trovare un terreno di amicizia apparentemente solida con Caracas. Che nel non fortunatissimo libro da cui è tratto lo script ha 55 anni, qui venti anni di meno ma qualche chilo in più e si vede quando corre. Si può scegliere tra due finali subliminali, ad abundatiam: il matrimonio tra il delinquente convertito e la sposa tossicodipendente oppure la morte dei due. Rispettivamente per mano dei fascisti e di un eccesso di eroina. Per la mestizia dello scrittore che però da questi drammi ha prodotto secondo la vulgata della critica immanente il suo libro più bello. Film di visione e di effetti forti, più che di dialoghi. Ma quello che più spicca è l’accentuazione di una Napoli maledetta e assolutamente poco solare.

data di pubblicazione:05/03/2024


Scopri con un click il nostro voto:

4 5 6 scritto e diretto da Mattia Torre

4 5 6 scritto e diretto da Mattia Torre

con Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino e con Giordano Agrusta, scene Francesco Ghisu, luci Luca Barbati. Produzione Marta Morico

(Teatro Vascello – Roma, 27 febbraio/3 marzo 2024)

Una famiglia tribale, di stampo sudista, allocazione calabrese è un intrico di patriarcato e antichi riti. La moglie non ha diritto di parola, il figlio si macera nella frustrazione. Si parla una lingua arcaica ricca di invenzioni. Frutto della fantasia di Mattia Torre,autore scomparso ma ancora riccamente e giustamente rappresentato.

Personaggi rozzi, minimali complessati, racchiusi in un mondo di rara grettezza. L’ignoranza si mescola con la povertà e il ricorso ai cibi, spesso solo evocati è una possibile ancora di salvezza. Anche perché quel sugo della nonna, annunciato ancora prima della rappresentazione bolle lì da 4 anni se non addirittura da 13, cioè dalla prima assoluto dello spettacolo. Ovviamente De Lorenzo si trova benissimo con le varianti del calabrese e Carlo De Ruggieri fa apparire credibili i 19 anni di un figlio traviato dalla grottesca educazione familiare che gli è stata impartita. Il focus è l’apparizione di un personaggio altrettanto rozzo che però deve dispensare un favore. Che appare enorme al capofamiglia ma che è figlio di una assoluta mancanza di visione. Anzi, la dissipazione del gruzzoletto per ottenere questo benefit scatena l’ultima rissa finale. Dove tutti uccidono tutti.. Un cupio dissolvi che è una sorta di specchio di un sentire molto italiano dove la speranza di futuro è ridotta ai minimi termini. In sala pubblico di generazione miste, contrariamente al solito, per un evergreen che, come sempre, funziona. Bando alla solidarietà, a un’idea qualsiasi di progresso, di apertura al mondo femminile. È iscritto nel DNA dei personaggi un’uscita di scena catastrofica anche quando la presunta bella notizia sembra allietare l’umore del riconosciuto capofamiglia. Ma la brace che cova non tarderà a manifestarsi con inaudita violenza.

data di pubblicazione:03/03/2024


Il nostro voto: