MANDRAGOLA di Niccolò Machiavelli

MANDRAGOLA di Niccolò Machiavelli

adattamento e regia di Nicasio Anzelmo, con Domenico Pantano, Anna Lisa Amodio, Antonio Bandiera, Chiara Barbagallo, Laura Garofoli, Nicolò Giacalone, Matteo Munari, scene Giovanni Nardi, costumi Susanna Proietti, musiche originali Giovanni Zappalorto. Produzione CTM Centro Teatro Meridionale

(Teatro Arcobaleno – Roma, 29 novembre/15 dicembre 2024)

Echi di Controriforma ma anche di beffe boccaccesche nella speculazione drammaturgica di un Machiavelli che spesso ritroviamo in altri vesti. Feroce critica al mercato della Chiesa. Indulgenze si ma anche favori sessuali venduti e procacciati per miseri denari. Specchio di una società allo sbando.

Sotto un testo impegnativo un sottotesto ridanciano e a tratti spregiudicato. La figura del cornuto contento e un servo più furbo di tutti che riemerge dalla tragedia greca, In effetti Ligurio, di plautina memoria, riesce a tessere la trama in funzione di Callimaco. Sarà facile ingannare il marito tradito quando la coalizione dei tentatori è ottima e abbondante, forte di un prete e della madre della disinvolta sposa, desiderosa dell’approccio sessuale. Teatro sviluppato per allusioni e anche di manifeste verità. La struttura della trama è morbida e avvolgente. Come suadente la conclusione. Che sarà happy end per chi trama. Segno che il peccato e il male possono indubitabilmente trionfare. Verrebbe da dire se il diavolo (e le circostanze) ci mettono la coda e la loro parte. Un bell’impegno per gli attori perché la scansione del plot richiede ritmo e perderlo in un attimo equivarrebbe ad affossare quanto costruito con paziente tela dall’autore e dal riduttore. Quando suona l’allarme in teatro si fa presto a capire che non fa parte dello spettacolo. E bravi sono gli attori, dopo un breve attimo di perplessità, a riprendere il filo della commedia. Galeotta fu la Mandragola? Più che altro gli usi e i disinvolti costumi del tempo messi alla berlina da quello che oggi sarebbe definito un politologo ma che era anche un intransigente moralista.

data di pubblicazione:8/12/2024


Il nostro voto:

LAPPONIA di Marc Angelet e Cristina Clemente

LAPPONIA di Marc Angelet e Cristina Clemente

con Sergio Muniz, Miriam Mesturino, Cristina Chinaglia e Sebastiano Gavasso, versione italiana di Pino Tierno, regia di Fernando Ceriani. Produzione Centro Teatrale Artigiano e Torino Spettacoli

(Teatro Manzoni – Roma, 28 novembre/15 dicembre 2024)

Spettacolo collocato a Natale con ovvio riferimento alla saga di Sant Klaus. Ma il djbbio “esiste, non esiste” viene scavallato negli accadimenti di un quartetto di protagonisti. Match Italia-Finlandia con divagazioni lapponi che. E nel derby in famiglia vince l’Italia, il Paese della bugia contro il cliché della serietà nordica.

Il clima di festa è presto rovinato da due diversi concetti educativi. Contrapposizione frontale. I bambini (che non si vedono mai) devono essere educati con il culto della verità o della mistificazione? La contrapposizione di coppia sembra manichea ma poi i toni si sfumano e nessuno ha ragione o completamente torto. Così sberleffi e tensioni si accavallano in una scena vivace, a tratti dirompente. Ci rimarrà fino in fondo un dubbio irrisolto. Il finlandese sfoggiato dall’attore più giovane sarà autentico sarà perfettamente imitato? Non ci sono dubbi invece sull’italiano spagnoleggiante di Ruiz. Quartetto d’attori in empatica sinergia con la Mesturino che svela il mestiere di lungo corso.  Scenografia funzionale e pseudo natalizia che quasi ci fa sentire il profumo della neve, l’odore della legna e quasi ci fa scorgere, per assimilazione, l’aurora boreale con cui si chiudono cento minuti di funzionalissimo spettacolo. In fin dei conti il Natale è la cartina di tornasole per un’ispezione sui sentimenti e sul concetto di verità e la scena non banale di Lapponia ben rappresenta questo possibile deflagrante motivo di crisi. L’happy end è dietro l’angolo e si scioglie nell’abbraccio collettivo del quartetto, alla vigilia di un corale professionale trasferimento in Italia.

data di pubblicazione:6/12/2024


Il nostro voto:

V’ANGELO, il Vangelo secondo le donne

V’ANGELO, il Vangelo secondo le donne

uno spettacolo diretto da Simone Toni, con Ippolita Baldini, Federica Castellini, Francesca  Porrini. Produzione Teatro de Gli Incamminati

(Teatro De’ Servi – Roma, 26 novembre/1° dicembre 2024)

Irriverente rivisitazione in chiave femminile (ma non femminista) con rielaborazione dei personaggi ovviamente più vicini a Gesù, a partire da Maria, Maddalena e la samaritana. Borderline tra lo sberleffo e la blasfemia. La secolarizzazione fa si che passi tutto tra fragorose e scroscianti risate del pubblico. Saremmo in forte imbarazzo a gustarci il lazzo davanti a un religioso.

Fanno i salti mortali le tre affiatati attrici nella rilettura dei Vangeli che supponiamo rigorosa quando espongono giustappunto i passi dell’opera base.  Cento minuti di esibizione con congruo impegno fisico e necessario rispetto dei tempi di interazione dialogica.  La cornice è il mondo moderno, fatto di nevrosi, di convulse telefonate da adeguati smartphone. Teatro pieno fino all’ultima poltrona per l’ultima replica, segno che il passaparola all’insegna del gradimento ha funzionato. L’idea canzonatoria dei Monty Python è immersa in salsa romana. Ma c’è anche un uomo in scena che non è il Cristo invano evocato in una chiamata che mette l’accento sulla sua assenza. É un Ponzio Pilato provolone che, secondo tradizione, si lava le mani, salvo ricorrere al ballottaggio Gesù-Barabba. Scenografia essenziale con panchina LBGT, ideale contenitore per i regali dispensati a Maria in vista del lieto quanto imprevisto evento. Trama originale fatta di un affastellamento di spunti sviluppati in ordine cronologico fino al ben noto epilogo. Curioso l’impatto tra la commedia leggera, la profondità dei tempi trattati, i Vangeli e la Bibbia.  Dunque coefficiente di un cocktail ad alto rischio. Il mondo problematico di oggi si confronta con il dramma di ieri per cercare di produrre un messaggio di amore universale nel segno di Maria che non è solo puro strumento del mistero della fede.

data di pubblicazione:2/12/2024


Il nostro voto:

NON È IL PAESE DI DRACULA di Paolo Ciampi – edizioni Bottega Errante, 2024

NON È IL PAESE DI DRACULA di Paolo Ciampi – edizioni Bottega Errante, 2024

Un viaggio emozionale in Romania: dalla Transilvania al Mar Nero, cancellando vecchi luoghi comuni. Tipo la Disneyland allestita attorno al Conte Dracula, mito e leggenda locale, che attira gli americani con una location castellana imperniata su finzioni e facili ammiccamenti. In realtà Dracula è soprattutto un personaggio dell’omonimo libro di Bram Stoker, dunque figlio di una letteratura immaginifica. Ciampi, viaggiatore instancabile, ci fa vedere una Romania varia e diversa, viaggiando in modo naturale, su un pullman, senza accelerazioni e forzature. E’ il Paese da poco entrato nella Comunità Europea che ha spedito in Italia oltre un milione di connazionali in cerca di un futuro migliore, che ha recentemente promosso nella politica il pacifista di destra Georgescu, che frequenta un idioma latina molto vicino al nostro e cova secoli di storia e di frontiera, non ultima la coincidenza di seicento chilometri di confine con l’Ucraina a rischio. Ciampi ci fa vivere con partecipazione il percorso e quasi ci sentiamo compagni di viaggio nella condivisione delle esperienze, del culminare nell’affascinante delta del Danubio, verde e non blu dove la natura riprende il sopravvento prima dello sbocco al mare. Storia, geografia e folclore con qualche bagliore del passato regime di Ceasescu, ricordo di 35 anni fa. Immagine inedite, seminali, vive e non retoriche. Narrativa di viaggio instancabile, a tratti febbrile che sembra premesse a altre peregrinazioni. Mai abbandonando il tono leggero Ciampi comunque è rigoroso nell’accumulo di sensazioni e percezioni. Abbracciando con simpatia tutto quello che gli capita lungo il percorso. Bottega Errante si conferma l’editore più attento all’interessante sboccio di una bibliografia sui paesi dell’est. Di cui sappiamo sempre troppo poco. Da domani parleremo un po’ meno di Dracula e un po’ più delle aspirazioni attuali della Romania. Ricordandoci dell’oro trafugato dai romani nelle miniere locali e del tributo al Daci.

data di pubblicazione.28/11/2024  

IL NUOTATORE DI AUSCHWITZ, ispirato alla vera storia di Alfred Nakache

IL NUOTATORE DI AUSCHWITZ, ispirato alla vera storia di Alfred Nakache

tratto da “Uno psicologo nel lager” di Viktor E. Frank, con Raul Bova, testo e regia di Luca De Bei, disegno luci di Marco Laudando, contributi video di Marco Renda, musiche originali di Francesco Bova, aiuto regia Barbara Porta, costumi di Francesca Schiavon

(Teatro Il Parioli, Roma, 27 novembre/8 dicembre 2024)

Un sobrio e sommesso omaggio al nuotatore francese di origine ebraica che vide interrotta la propria carriera dal conflitto e dalla persecuzione razziale pur riuscendo, a titolo onorifico, a partecipare all’Olimpiade del 1948. Nuotatore come Bova che sguazza nel suo ambiente naturale.

Era atteso alla prova nella solitudine dell’attore solo in scena Raul Bova e la prova è superata, come una gara. Non era Don Matteo ma esame ben più severo. Non fanno storia lievi incespicature sul testo nel combinato disposto tra reading e memoria con una scenografia spoglia che poggia su musiche ridotte, l’oscillazione tra due leggii e contributi video che, saggiamente preferiscono non rievocare Auschwitz per non conferire un’attitudine ancora più punitiva al contesto. Al primo racconto di un’adolescenza serena e di un cammino sportivo per il protagonista, fatto di primati e di titoli in Francia, subentra la fissità spettrale della deportazione che rompe i vincoli familiari. Nel campo di concentramento però si riattiva vita e solidarietà. E, quando riemerge dagli orrori della guerra, ma senza più famiglia (sterminata nelle camere a gas) il legame con l’acqua si riannoda e per molti decenni il nuoto sarà ancora passione e hobby con percorsi di tre chilometri giornalieri. Anche la fine, serena, sarà nel contesto dell’elemento naturale che fa di se maggioranza nel corpo umano, conseguenza di un malore marino. Spettacolo denso che richiede impegno e concentrazione senza alcun facile effetto speciale.

data di pubblicazione:28/11/2024


Il nostro voto: