da Antonio Iraci | Ott 22, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
È da poco iniziata la seconda guerra mondiale e Londra è già presa d’assalto dai bombardamenti dei nazisti. I bambini vengono messi su un treno e trasferiti lontano dalla città per meglio proteggerli dalle sempre più frequenti incursioni. Anche George è tra questi, ma lui non accetta di staccarsi dalla madre e fugge dal convoglio in corsa per ritornare a casa. Da questo momento inizierà per lui una lunga odissea piena di incontri pericolosi…
Il regista britannico Steve McQueen, premio Oscar per 12 anni schiavo, è molto conosciuto dal grande pubblico anche per i suoi film Hunger e Shame che hanno reso famoso in tutto il mondo l’attore tedesco Michael Fassbender. Varie sono le tematiche da lui affrontate e in questo suo ultimo lavoro tutta la sua concentrazione ritorna al tema del razzismo, sia pur ambientato in un contesto completamente nuovo. Si è voluto infatti affrontare un punto di vista diverso dai normali drammi di guerra. Si è lontani dal fronte, non si vedono soldati feriti né ospedali da campo. Piuttosto uno sguardo verso coloro che erano impegnati a lavorare nelle fabbriche ora convertite, per logica necessità, in industria bellica. Rita (Saoirse Ronan) ama pazzamente suo figlio George (Elliott Heffernan) e per entrambi sarà una vera e propria tragedia separarsi. Il bambino non riesce a comprendere come la madre abbia potuto consentire il suo distacco da casa. Il regista ha saputo ben imbastire una sceneggiatura tutto sommato accettabile, anche se talvolta risulta scontata. Ma non è questo che rende il film gradevole, girato bene e nei tempi giusti senza stiracchiamenti fuori luogo. C’è dentro un po’ di tutto. Si passa dai pregiudizi razziali al ricorrente bullismo, sia pur tra bambini. George ha la pelle scura come il padre che lui non ha mai conosciuto ma che è comunque sempre presente nei suoi sogni. Il film trasmette una certa tensione non solo per la distruzione di guerra, alla quale si assiste, ma anche per le varie vicende che si intrecciano tra di loro. Un finale da libro Cuore che non sorprende, ma neanche annoia.
data di pubblicazione:22/10/2024
da Antonio Iraci | Ott 21, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Amerigo e la madre Antonietta vivono in una catapecchia, nei quartieri spagnoli di Napoli. La guerra è appena finita e la miseria invade le strade semidistrutte della città. A loro non resta altro che arrangiarsi, come possono, per poter sopravvivere alla fame. Intanto il Partito Comunista organizza dei treni speciali per portare al Nord centinaia di bambini che troveranno, sia pur per qualche mese, una famiglia accogliente, vestiti, e soprattutto sempre qualcosa in tavola da mangiare…
Cristina Comencini, in quanto regista, sceneggiatrice e scrittrice italiana di grande talento, si è costruita sulle proprie spalle una carriera cinematografica di tutto rispetto, con un estro prossimo a quello raggiunto dal padre Luigi. In questo suo ultimo lavoro porta sul grande schermo la storia descritta da Viola Ardone nel suo romanzo omonimo, un best seller tradotto in trenta lingue. Le vicende sono quelle che tutti già conoscono e riguardano la Napoli del dopoguerra, tra tanta miseria e poca nobiltà. Il piccolo Amerigo (Christian Cervone) è attratto dalla musica ma è costretto dalla madre Antonietta (Serena Rossi) a girovagare, come tanti altri scugnizzi del quartiere, per raccattare mozziconi di sigarette o stracci vecchi. L’iniziativa promossa dal nascente Partito Comunista, forte del successo elettorale post fascista, consiste nel mandare, presso alcune famiglie del Nord, centinaia di bambini in modo da sfamarli e offrirgli una vita più decente. Amerigo si troverà ad essere, solo per un puro caso, affidato alle cure di Derna (Barbara Ronchi), sindacalista single e molto impegnata in politica. Bisogna dare atto alla regista di aver creato una scenografia quanto meno credibile, ma la sceneggiatura ha delle evidenti cadute che la portano inevitabilmente a perdersi in un melodramma più adatto a una fiction televisiva. Anche il cameo di Stefano Accorsi, nei panni di un maturo Amerigo oramai diventato un celebre violinista, non aggiunge nulla di emotivamente valido a una storia che risulta a tratti leziosa. Un film dove c’è poco di tutto e dove si fa quasi fatica a riconoscere l’indole della Comencini che, seppur spiaccia ammetterlo, questa volta ha disatteso le aspettative del pubblico.
data di pubblicazione:21/10/2024
da Antonio Iraci | Ott 19, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Dopo pochi mesi dalla caduta dello scià e dall’inizio della rivoluzione khomeinista, la professoressa di letteratura inglese Azar Nafisi e il marito tornano finalmente in patria. Sono molto fiduciosi che la storia del paese cambierà in meglio e la stessa Azar è piena di entusiasmo nell’iniziare i propri corsi presso l’università di Teheran. Ben presto si accorgerà che il regime islamico degli Ayatollah avrà un atteggiamento molto ostile verso l’emancipazione delle donne e verso ogni riferimento alla cultura occidentale, intesa come contraria alla decenza e alla fede religiosa…
Bisogna affermare che anche se Eran Riklis è israeliano e quindi addentro le problematiche, non poche, del suo paese, tuttavia in Reading Lolita in Teheran riesce perfettamente a rendere ciò che significa vivere in Iran dopo l’avvento della rivoluzione. Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Azar Nafisi, scritto dopo la sua fuga, insieme alla sua famiglia, negli Stati Uniti, il film fa un’analisi cruda dell’atmosfera cupa in cui vivevano, e ancora vivono, le donne in quella realtà. Azar (Golshifteh Farahani) insegna all’Università e cerca in tutti i modi di far appassionare i propri studenti alla letteratura contemporanea di lingua inglese. Mentre gli uomini accettano malvolentieri i suoi suggerimenti, ritenendoli contrari ai principi religiosi islamici, le donne invece approvano con vero trasporto quegli autori stranieri. La lettura di quei libri, nonostante proibita e condannata perfino con la pena di morte, sarà per loro una forma di ribellione al regime, una forma di emancipazione dalla cultura maschilista che vieta loro ogni forma di espressione. Costretta a lasciare l’Università, Azar continuerà il suo insegnamento a casa propria con le allieve più promettenti. Leggere Nabokov o Jane Austen, rischiando la propria vita, diventa così l’unico modo per sopravvivere a tutte quelle forme di violenza alle quali vengono sottoposte. Convinte della incapacità di ritornare a una vita più umana, a loro non resterà che fuggire via, verso paesi dove la libertà di pensiero è diritto irrinunciabile alla dignità umana. Quelle donne lasceranno l’Iran ma l’Iran non lascerà loro. Un film commovente, espressivo, vero che ci rende tristi e impotenti di fronte ad una realtà impossibile da accettare e che ha scarse probabilità di cambiare. Se ne consiglia la visione.
data di pubblicazione:19/10/2024
da Antonio Iraci | Ott 19, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Sophie, al termine di una lunga vacanza italiana con la sorella, trascorrerà l’ultimo giorno a Palermo prima di rientrare in California. In spiaggia, appena arrivata, incontrerà Giulio e tra i due nascerà subito una passione. Al contrario della sua pedante compagna di viaggio, tutta dedita alla visita dei monumenti, Sophie preferisce evadere, lasciarsi andare tra le braccia della sua affascinante conquista e andare in giro con i suoi eccentrici amici. Non potrà mai immaginarsi quello che accadrà in quelle poche ore e di come cambierà tutta la sua vita…
Gabriele Muccino, con la sua lunga esperienza come regista e sceneggiatore, ha negli anni consolidato un suo stile tutto particolare che lo ha decisamente consacrato tra i protagonisti del cinema italiano contemporaneo. Anche in questo suo ultimo film vuole esplorare il mondo dei giovani e il loro tentativo di ribellione alla monotonia quotidiana, per lanciarsi in una realtà tutta ancora da scoprire. Sophie (Elena Kampouris) è la protagonista assoluta di questo action movie pieno di tanto amore, ma anche di tanto crimine. La giovane americana, dopo aver appena conosciuto Giulio (Saul Nanni), capirà ben presto che l’amore non richiede alcuna spiegazione logica e insieme a lui affronterà per le strade di Palermo ogni tipo di avventura, anche a rischio della propria incolumità. Sulla sua pelle scoprirà infatti un’attrazione fatale per il pericolo, e per tutto ciò che comporta, fino alle estreme conseguenze. Il regista concentra tutta l’attenzione sulla giovane ragazza. Da un passato di solitudine emotiva, lei stessa si troverà ad affrontare un manipolo di gente senza scrupoli che la costringerà ad accettare un ruolo tutto nuovo. E’ una prova verso se stessa, una dimostrazione che anche lei potrà farcela perché, quando si ama veramente qualcuno, non ci si pongono troppe domande e troppi se. Il film è una corsa continua piena di azioni e di parole che non lasciano un minuto di tregua per la riflessione. Ciò che Muccino è riuscito a dimostrare è che la vita è il risultato delle scelte che facciamo, scelte pertanto da accettare anche se dettate da situazioni al limite dell’umana comprensione. Ogni inquadratura è tecnicamente perfetta, la recitazione volutamente eccessiva, i personaggi sempre in fuga da qualcosa, ma proprio questo rende la scena vera, adrenalinica fino alla fine.
data di pubblicazione:19/10/2024
da Antonio Iraci | Ott 9, 2024
Dopo alcuni anni di carcere, per connivenza con la mafia siciliana, Catello Palumbo ritorna a casa accolto da una moglie ostile e da una figlia anaffettiva. Lui misero politico locale, con velleità imprenditoriali, ha perso tutto e non gli rimane altro che collaborare con la giustizia per stanare Matteo, boss dei boss e da anni latitante. In qualità di padrino di un ricercato, famoso in tutto il mondo, inizia a riconquistarsi la sua amicizia tramite una fitta corrispondenza epistolare…
Nel dialetto siciliano “Iddu”è un pronome personale riferito alla terza persona singolare maschile e, in quanto pronome, evita di identificare qualcuno con il suo vero nome. I due registi Fabio Grassadonia, palermitano doc, e Antonio Piazza, milanese doc, usano l’epiteto Matteo per riferirsi diligentemente a un enigmatico personaggio da anni latitante e introvabile. Ricercato in tutto il mondo tranne nel luogo dove viveva e da dove continuava indisturbato a esercitare il proprio potere. Liberamente tratto dal libro Lettere a Svetonio, raccolta di scambi epistolari tra il capomafia Matteo Messina Denaro e il Sindaco di un paese siciliano. Il film narra la storia di due personaggi legati da un legame indissolubile, ma di statura decisamente diversa per onore e rispettabilità. Catello Palumbo (Toni Servillo), ex sindaco, ex preside, ex imprenditore edile, praticamente ex di tutto si ritrova a casa con un pugno di mosche non sapendo che fare della propria vita. Accetta malvolentieri di collaborare con la giustizia che, almeno nella forma, è da anni alla ricerca del mafioso Matteo (Elio Germano). Ecco che entrano in gioco i famosi pizzini, vere e proprie lettere, che i due si scambiano e che vengono recapitati nelle forme più disparate e meno ipotizzabili. Una storia che gli stessi registi amano definire come: “ Liberamente ispirata a fatti accaduti. I personaggi che vi compaiono sono frutto però della fantasia degli autori. La realtà è un punto di partenza, non una destinazione”. Il cast scelto è sicuramente di prim’ordine dove accanto ai due attori già citati troviamo Rita Mancuso, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Antonia Truppo e tanti altri ancora. Il film è girato bene anche se a volte alcuni personaggi, incluso quello raffigurato da Toni Servillo, assumono un ruolo quasi caricaturale. Questo va sicuramente a danneggiare la buona riuscita di un plot tutto sommato credibile. Presentato in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia di quest’anno dove ha ottenuto una buona accoglienza da parte della critica.
data di pubblicazione:09/10/2024
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