MISERICORDIA di Emma Dante, 2023

MISERICORDIA di Emma Dante, 2023

(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)

Arturo viene abbandonato tra le rocce mentre sua madre muore. Con i suoi strilli disperati attira l’attenzione di una pecora che lo salverà. Passano gli anni e lui rimane però bambino, cresciuto da tre donne, prostitute come la madre più per necessità che per vocazione, che lo accudiscono in tutto perché di fatto lui non è mai cresciuto veramente. Tra carezze e rimproveri Arturo riconosce istintivamente il richiamo della lana, perché alla pecora deve la sua salvezza…

 

Con l’asprezza narrativa che la contraddistingue in tutto, Emma Dante porta al cinema un suo precedente lavoro teatrale dove ancora una volta si parla di donne e del loro bieco sfruttamento. La regista non usa i mezzi toni per lanciare un messaggio di disperazione in favore di coloro che, per un verso o per l’altro, sono tuttora vittime di abusi e di sopraffazione. Ambientata in un piccolo borgo in riva al mare, quello siciliano per l’appunto, tra sporcizia e degrado ambientale dove le donne vengono obbligate a soddisfare in tutti i modi le soverchierie di uomini senza scrupoli, nasce così la storia di Arturo. Lui è un essere che vive nel suo mondo, balla sino allo sfinimento e guarda la vita con gli occhi di chi ha già incontrato la morte. Si è colpiti dalla sua nudità che non trova vergogna, dal suo sguardo distaccato e discreto verso quel poco che lo circonda, alla ricerca continua di una fonte di calore che lo possa proteggere dalla cattiveria. Il film è sicuramente un pugno sullo stomaco, una denuncia aperta verso qualsiasi forma di maschilismo che usa la violenza sulle donne per giustificare la propria impotenza e la propria inettitudine. Oggetti alla rinfusa accumulati e raccattati chissà dove, bambini che corrono alla fonte per raccogliere l’acqua e poi le donne, tante donne che si danno per poco per racimolare qualche soldo utile a provvedere alla sussistenza, senza alcuna speranza in un futuro migliore che possa riscattarle. Accanto a Fabrizio Ferracane, sulla scena chiamato Polifemo perché un occhio gli è stato portato via e nessuno crede che sia nato così, abbiamo Simone Zambelli, giovane protagonista che nasce con e per la danza ma che ora, è curioso di esplorare il mondo della recitazione, quasi a voler colmare un vuoto che in passato sembrava ossessionarlo. Nel film come nel teatro, Emma Dante ha voluto lui e si può affermare che la sua scelta è stata decisamente vincente. Lo sguardo di Arturo è limpido come limpida è la sua espressione quando viene allontanato forzatamente dal suo mondo, crudele e protettivo al tempo stesso. Il film sarà nelle sale dal 16 novembre ed è sicuramente da non perdere.

data di pubblicazione:26/10/2023








THE MONK AND THE GUN di Pawo Choyning Dorji, 2023

THE MONK AND THE GUN di Pawo Choyning Dorji, 2023

(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)

Dopo anni di monarchia assoluta il re del Bhutan, piccolo stato nella catena dell’Himalaya, decide di abdicare e di indire, per la prima volta nella storia del Paese, elezioni sul modello delle democrazie occidentali. Il popolo, di natura prevalentemente rurale, non solo non è preparato a questo cambiamento epocale ma non ne intravede neanche il motivo, visto che tutti sono felici e contenti del proprio sovrano. Intanto il monaco Tashi è incaricato dal suo capo spirituale buddista di procurargli delle armi…

 

Arriva a sorpresa in questa edizione della Festa del Cinema di Roma un film già presentato al Toronto Film Festival, scritto e diretto da un regista bhutanese, occasione più che rara visto che il Paese continua a mantenere una rigida politica isolazionistica per proteggere il proprio patrimonio culturale e la propria indipendenza. Il film è quindi un’opportunità per entrare nel modus vivendi di un popolo che vive felice di quello che ha e che guarda con riluttanza ogni cambiamento che possa di fatto interferire negativamente sul proprio stato sociale. La storia narrata è divertente ma non superficiale perché segue le vicende rocambolesche di Ron, che dagli Stati Uniti si ritrova sull’Himalaya per seguire le tracce e recuperare un fucile, da tempo nelle mani improbabili di un vecchio. Il giovane americano deve comprare a tutti i costi quel prezioso cimelio, mentre la popolazione locale non sa neanche mettere a fuoco il concetto di arma e dell’uso che se ne può fare. Ecco che il regista, con un messaggio veramente sottile, ci fa comprendere come noi occidentali abbiamo oggi un’idea distorta della democrazia e di come le armi siano diventate un mezzo di aggressione anche per risolvere problemi di ridicola entità. Il film intreccia varie vicende e ricorre spesso ai principi religiosi del buddismo dove un punto cardine sembra essere il concetto di compassione, inteso come partecipazione empatica alla vita del prossimo. La narrazione quindi è allegra e profonda nello stesso tempo, macchiettistica ma con risvolti di sentita religiosità in quanto riesce bene a miscelare la vita dei monaci con quella degli abitanti dei villaggi, e trasmette quella felicità che trova fondamento nella semplicità. Dal piccolo stato himalayano ci arriva quindi una boccata di ossigeno, un insegnamento universale sul denaro e sul suo degenerato utilizzo a scopi essenzialmente edonistici. Forse aveva proprio ragione Platone quando era scettico sul concetto di democrazia, senza peraltro aver la più lontana idea di come oggi viene applicata…

data di pubblicazione:24/10/2023








ANATOMIE D’UNE CHUTE di Justine Triet, 2023

ANATOMIE D’UNE CHUTE di Justine Triet, 2023

(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)

Sandra, nota scrittrice tedesca, vive in uno chalet vicino Grenoble insieme al marito Samuel e al loro figlio ipovedente Daniel. La coppia, che prima risiedeva a Londra dove lui era professore universitario, aveva deciso di trasferirsi in montagna essenzialmente dopo un incidente stradale subito dal bambino che gli aveva causato la perdita parziale della vista. Un giorno Daniel, dopo una passeggiata per i boschi con il suo fedele cane, trova il padre morto davanti casa: si è suicidato o è stato ucciso?

 

La regista e sceneggiatrice francese Justine Triet, che per questo suo film ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes di quest’anno, riesce a creare un perfetto thriller legale facendo seguire le varie fasi investigative senza smorzare mai la tensione e l’interesse da parte dello spettatore. Il tutto parte dalla morte di Samuel, precipitato dalla finestra di uno chalet dove abitava insieme alla moglie e al figlio. Ci sono varie ipotesi, ma quella più plausibile e che sia stato prima colpito e poi spinto fuori in modo da procurarne la morte. Non essendoci moventi o altre persone in giro per casa, l’unica sospettata di omicidio è la moglie (Sandra Hüller). Durante il processo ci saranno diversi colpi di scena, ma ciò che rende particolare l’intero iter procedurale è il rapporto conflittuale che esisteva tra i due coniugi. Mentre Sandra si può definire come una scrittrice affermata per aver scritto diversi libri, Samuel (Samuel Theis) invece si riteneva un fallito, non essendo riuscito neanche a terminarne uno. Particolare il tratto psicologico di quest’ultimo che riversava sulla moglie le proprie frustrazioni soprattutto per delle sue scelte professionali e di vita del tutto sbagliate. Lo stesso si riteneva responsabile dell’incidente che aveva creato seri problemi alla vista del figlio e rimproverava la moglie di accusarlo ripetutamente di tutto ciò. La regista è molto abile nel tracciare gli aspetti peculiari dei singoli personaggi, le loro conquiste e le loro frustrazioni inserendo abilmente anche la figura del figlio, coinvolto poi direttamente in fatti a lui del tutto sconosciuti. Il dramma di un bambino che si sente piombare addosso, con la sua testimonianza, la responsabilità di salvare o meno la madre da un’accusa resa, dalla dinamica dei fatti, assolutamente inoppugnabile. La causa sembra persa sin dall’inizio e lo spettatore si trova lui stesso a giudicare una donna, per lo più anche madre, dai tratti spesso freddi e controllati, le cui passate vicende coniugali sembrano ingarbugliarsi via via che il processo va avanti. Se lo script non si può certo definire originale, risulta invece assolutamente geniale il linguaggio narrativo utilizzato, con immagini e inquadrature di grande livello che dimostrano una grande maestria nel maneggiare la cinepresa.

data di pubblicazione:23/10/2023








THE ZONE OF INTEREST di Jonathan Glazer, 2023

THE ZONE OF INTEREST di Jonathan Glazer, 2023

(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)

Rudolf Hoess, comandante supremo di Auschwitz, vive insieme alla moglie Hedwig e ai suoi cinque figli in una bella villa, adiacente al muro che delimita il campo di concentramento. Mentre lui affronta con consapevolezza e grande senso di responsabilità l’incarico affidatogli, gli altri sembrano invece ignorare la tragedia che si sta perpetuando a pochi metri dalla loro casa, conducendo una vita sociale normale, spensierata e oltremodo agiata…

The Zone of Interest diretto dal regista britannico Jonathan Glazer, che ne ha curato anche la sceneggiatura, è tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis ed è stato presentato per la prima volta in concorso al Festival di Cannes 2023, dove ha ottenuto il Grand Prix Speciale della Giuria. Riconoscimento questo più che meritato per la singolare modalità delle riprese attraverso le quali il regista affronta un tema, quello appunto dell’olocausto, in maniera del tutto originale senza rendere direttamente visiva la tragedia in atto. La telecamera non entra mai nel campo di concentramento ma rimane al di qua del muro, in una zona definita di interesse che circonda appunto il lager, e ci fa vivere gli orrori dello sterminio solo da lontano. Il fumo dell’arrivo costante dei treni, che trasportano masse di ebrei destinati a un programmato e sistematico sterminio, si intravede in lontananza e dal sottofondo si percepiscono rumori indistinti di armi da fuoco e le urla di disperazione di chi viene avviato a morte certa. I colori dei fiori ben curati in giardino, le tavole ben imbandite con ogni prelibatezza sono funzionali a evidenziare quanto di più cupo viene vissuto al di là di quel muro, un sottile ma invalicabile confine tra paradiso ed inferno. Solo le ceneri provenienti dai forni crematori, in funzione giorno e notte, sembrano non rispettare questi divieti di contaminazione imposti dalla logica perversa del nazismo: invadono come possono l’aria, l’acqua dei fiumi e persino il giardino degli Hoess. Glazer presenta allo spettatore un film ridotto all’essenziale, ma lo fa nella maniera corretta e più incisiva perché non porta dentro il campo ma fa partecipi di tutto attraverso i suoni angoscianti che scuotono lo spettatore sin dai primi momenti di proiezione. I fatti più o meno sono noti a tutti, anche le giovani generazioni sono oramai sensibilizzate sull’argomento, ma questo film aggiunge qualcosa di nuovo, di radicalmente diverso all’immaginazione, va diretto a colpire la sensibilità per ricordare di quelle atrocità rimaste indelebili nella storia. Ottima l’interpretazione del cast intero tra cui spicca quella di Christian Friedel, nel ruolo del comandante, come sorprendente la fotografia di Lukasz Zal, a volte velata e dai toni grigi, a volte piena di colori dirompenti, illuminati da una luce fredda ed accecante.

data di pubblicazione:20/10/2023








MI FANNO MALE I CAPELLI di Roberta Torre, 2023

MI FANNO MALE I CAPELLI di Roberta Torre, 2023

(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)

Monica soffre di una rara malattia mentale, chiamata sindrome di Korsakoff, che le ha cancellato i ricordi del suo passato reale. La donna vive isolata in una casa al mare, accudita dal marito Edoardo che se ne prende amorevolmente cura e che la asseconda nella sue stranezze. Per lei l’unica possibilità, per ritrovare un senso nella vita, sarà quella di identificarsi in un’altra Monica, e precisamente nei personaggi interpretati da Monica Vitti in film famosi…

 

Roberta Torre, regista e sceneggiatrice milanese, dà sicuramente un titolo bizzarro a questo suo ultimo film, presentato ufficialmente in questa edizione della Festa del Cinema di Roma. Viene ispirato infatti da una frase, divenuta poi celebre nella storia del cinema italiano, pronunciata da Monica Vitti nel film Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni. Come nel film del famoso regista, Monica, interpretata da una brava Alba Rohrwacher soffre, più che di una malattia mentale, di un disagio esistenziale, uno smarrimento che la porta a isolarsi dal mondo reale per rifugiarsi in una realtà filmica di pura illusione. Rivivendo in tutto e per tutto i personaggi interpretati da Monica Vitti, la protagonista riesce a crearsi una vita parallela, che se per gli altri è frutto di pura fantasia, per lei invece assume i caratteri dell’unica realtà accettabile. Al marito (Filippo Timi) non rimane altro che entrare anche lui nella scena accanto alla moglie che ripete meccanicamente ogni singola battuta di un copione che ora per lei fa parte del suo quotidiano. In questo film Roberta Torre affronta con coraggio il tema di una donna che perde la memoria, svuota la propria testa di ricordi forse inutili per resettarsi in altri, a lei più congeniali, e vivere la propria vita in una dimensione che solo per gli estranei è puramente virtuale. Non sembra che la regista abbia solo voluto offrire al pubblico l’occasione per ricordarsi della grande Monica Vitti, recentemente scomparsa, quanto piuttosto fornire un pretesto per parlarci di una donna e della sua fragilità interiore. La protagonista infatti ritrova se stessa costruendosi una propria nuova personalità e diventa poi protagonista reale di un mondo diventato tutto suo. Un progetto, quello della Torre, sicuramente ambizioso e non da sottovalutare perché avrebbe potuto far scivolare l’intero plot in un campo minato e pericoloso, cosa che lei invece è riuscita prudentemente a evitare.

data di pubblicazione:19/10/2023