SISTER ACT di Cheri Steinkellner e Bill Steinkellner, regia di Saverio Marconi

SISTER ACT di Cheri Steinkellner e Bill Steinkellner, regia di Saverio Marconi

(Teatro Brancaccio – Roma, dal 10 dicembre 2015)
Il successo cinematografico di Sister ActUna svitata in abito da suora, con un’indimenticabile Woopi Goldberg nel ruolo dell’incontenibile Deloris Van Cartier, approda sul palco del musical, per la prima volta a Roma nella versione diretta da Saverio Marconi, in un progetto realizzato da Viola Produzioni in collaborazione con la Compagnia della Rancia.
Deloris, cantante di locali notturni alla ricerca della via verso i riflettori e il successo, diviene involontaria testimone di un omicidio commesso dal suo amante, il boss Vince La Rocca. Decisa a testimoniare nel corso del processo, si trova messa sotto protezione dalla Polizia di Philadelphia: il Convento Regina degli Angeli, diretto da un’intransigente Madre Superiora e popolato da un’eterogenea compagnia di “sorelle”, diventerà il rifugio di Deloris, che dismetterà gli appariscenti stivali “da tro…tto” per indossare le castigate vesti di Suor Maria Claretta.
I testi, a tratti fedeli alla sceneggiatura cinematografica, si distaccano in più occasioni dalla storia raccontata sul grande schermo. Le nuove situazioni e i nuovi personaggi, dal terzetto di collaboratori del boss Vince fino al poliziotto “Eddie Umidino”, perdutamente innamorato di Deloris fin dai tempi del liceo, risultano sempre ben inseriti nel contesto scenico, senza lasciare delusi gli spettatori più affezionati alla versione originale di Sister Act. Le interpretazioni di Suor Maria Roberta (Veronica Appedu, quando manca Suor Cristina) e di Suor Maria Patrizia (Manuela Tasciotti) sono in effetti straordinariamente fedeli agli omologhi personaggi di celluloide.
La scena cambia frequentemente e in modo impeccabile, alternando le atmosfere sfavillanti dello spettacolo da grande pubblico a quelle più raccolte del Convento. Il tutto supportato da musiche e da una recitazione quasi sempre all’altezza delle aspettative. La protagonista Belia Martin, al primo appuntamento con un ruolo così importante, rende bene le complesse sfaccettature del personaggio di Deloris, esaltata dall’indiscussa esperienza di attori come Francesca Taverni.
Lo spettacolo è stato pubblicizzato fin da subito valorizzando la partecipazione speciale di Pino Strabioli (nel ruolo del Monsignore O’Hara) e di Suor Cristina, che però non è presente in tutte le repliche.
Un musical coinvolgente, con un finale al cardiopalma. Uno spettacolo corale, capace di rendere a tratti invisibili le barriere tra il palco e il pubblico.

data di pubblicazione 14/12/2015

[sc:voto4t]

EXPERIMENTER di Michael Almereyda (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

EXPERIMENTER di Michael Almereyda (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

A chi abbia anche solo qualche rudimento di sociologia il nome di Stanley Milgram suona certamente familiare. La teoria del mondo piccolo e l’invito a salire su un autobus cantando a squarciagola sono solo alcuni dei contributi offerti dallo “Sperimentatore” allo studio delle relazioni sociali e dei comportamenti individuali.

Stanley Milgram è però anzitutto lo psicologo che tentò l’ardita impresa di verificare sperimentalmente “la banalità del male”, attraverso i suoi discussi studi sull’obbedienza e l’autorità. L’efficienza con la quale fu eseguito il genocidio commesso dalla Germania nazista, documentato, tra l’altro, dalle lucide dichiarazioni rese da Adolf Eichmann nel processo che si concluse con la sua esecuzione capitale, è stata spesso “spiegata” come necessaria obbedienza all’ordine insindacabile di un superiore gerarchico. Il conflitto tra valori e le istanze di matrice etico-sociale sembravano non svolgere alcun ruolo significativo nei rapporti tra soggetti condizionati dal vincolo di una relazione gerarchica costituitasi legittimamente.

Milgram riproduce in laboratorio le condizioni che consentano di verificare fino a che punto gli individui siano disposti a spingersi pur di obbedire a un ordine loro impartito, il quale comporti la somministrazione di potenti scosse elettriche a un soggetto “subordinato”. I risultati relativi ai rapporti tra “obbedienza” e “ribellione” sono meno confortanti di quanto Milgram e il suo gruppo si aspettassero. Il libro che illustra gli esiti dell’esperimento (Obedience to Authority. An Experimental View, pubblicato nel 1974, dopo più di un decennio dalla conclusione delle “prove di laboratorio”) non può che suscitare interesse, ma anche scetticismo e aspre critiche.

Experimenter, con un andamento che, almeno a tratti, ricorda quello di A beautiful mind, ricostruisce con attendibile precisione gli studi condotti da Milgram, interpretato da un convincente Peter Sarsgaard. L’andamento inevitabilmente didascalico che il racconto si trova ad assumere risulta perfettamente amalgamato nel tessuto narrativo, che, lasciando in secondo piano la personalità dello psicologo, si concentra su suoi studi e sulla rilevanza non solo sociologica degli stessi.

Il film di Almereyda conduce lo spettatore non solo nei meandri della riflessione storica, ma anche in quelli dell’eterna e irrisolta dialettica tra determinismo e libero arbitrio, tra oscura incoscienza e lucida consapevolezza, tra uniforme conformismo e eccezionale ribellione. Ognuno, guidato dalle riflessioni di Milgram, è libero di risolvere a modo suo quella dialettica.

L’esperimento dello Sperimentatore può dirsi dunque pienamente riuscito.

data di pubblicazione 24/10/2015

[sc:convinto ]

EXPERIMENTER di Michael Almereyda (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

ALASKA di Claudio Cupellini (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

ALASKA di Claudio Cupellini

(Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

Fausto (Elio Germano) e Nadine (Astrid Berges-Frisbey) sono i protagonisti di una labirintica storia d’amore vissuta (e prodotta) tra Francia e Italia. Due solitudini che si incontrano e si scontrano, nel tentativo di divenire una coppia in grado di resistere all’impeto e alla potenza della vita. L’impellente desiderio di rivalsa e di ascesa lasciano però emergere l’Ego di Fausto, irresistibilmente attratto dallo schermo delle convenzioni sociali, così gelido eppure così rassicurante.

L’Alaska, locale notturno che Fausto decide di gestire insieme a Sergio (Valerio Binasco), diviene la causa e al tempo stesso l’effetto di un’autentica svolta per i due protagonisti. Sarà del resto proprio Sergio, emblema della chiassosa solitudine in cui è costretto a rifugiarsi chi, per scelta o per destino, resta confinato ai margini di una società in cui l’inclusione significa a volte annientamento, a determinare il riavvicinamento tra Fausto e Nadine, proprio quando la separazione sembrava ormai irreversibile.

L’impianto narrativo segue un interessante andamento circolare, riportando i personaggi e lo spettatore al punto di partenza, visto questa volta da una prospettiva esattamente speculare. È proprio la sceneggiatura, tuttavia, che rappresenta forse il più evidente anello debole della lunga catena di Alaska: succedono tante cose nel film di Cupellini, lasciando l’impressione che la troppa carne al fuoco finisca, almeno a tratti, per gettare fumo negli occhi, disorientando lo sguardo dello spettatore.

Resta impeccabile l’interpretazione di Elio Germano, convincente nei numerosi e spesso repentini cambi di registro e in grado di restituire pienamente la banale complessità del personaggio di Fausto.

Il regista di Lezioni di cioccolato, Una vita tranquilla e Gomorra – la serie riesce indubbiamente nella sfida di confezionare un prodotto originale, che solo a fatica si lascia incasellare nelle maglie troppo strette del genere, ma che non sembra trovare una propria identità al di là della consolante morale sulla forza inarrestabile dell’Amore.

data di pubblicazione 24/10/2015

[sc:noconvinto]

EXPERIMENTER di Michael Almereyda (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

OURAGAN, L’ODYSSÉE D’UN VENT di Cyril Barbançon e Andy Byatt (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

Il vento può assumere le vesti di una refrigerante brezza o quella di una tempesta devastante. Il vento è tiranno eppure sottoposto alle leggi dell’universo. Il vento è forza cieca e all’apparenza “amorale”, ma imprime stabilità all’equilibrio del Tutto.

Ouragan, l’Odyssée d’un vent ripercorre il viaggio di Lucy, creatura cinematografica nata dalle immagini di cicloni reali raccolte dal regista Byatt e dal suo operatore Barbançon. Il diario di viaggio, raccontato dalla voce fuori campo della stessa Lucy, che scandisce le tappe del suo incedere affidandosi alle poetiche parole di Victor Hugo, è indubbiamente affascinante e coinvolgente. L’imprevedibile mutevolezza del vento attraversa la superficie dei deserti e la profondità degli abissi, accarezzando o travolgendo creature spettacolari che trovano il loro senso solo in quanto inserite nella più ampia complessità dell’equilibrio naturale. L’uomo prova a innalzare il proprio sguardo fino allo spazio, nel tentativo di prevedere e controllare i movimenti di Lucy e dei suoi simili. Neppure la più raffinata delle tecnologie può però incasellare nella fredda rigidità del calcolo matematico la sinuosa imprevedibilità della tempesta.

Lo spettatore si trova immerso nella maestosità di scenari grandiosi, impreziositi da dettagli che solo l’occhio di una telecamera attenta e paziente è in grado di scovare. Il tutto amplificato dalla spettacolare magnificenza del 3D, capace di condurre attraverso le spettacolari forme di vita che popolano la barriera corallina per poi trascinarlo direttamente nell’occhio del ciclone.

Malgrado l’indubbia suggestione dell’impatto visivo, Ouragan non riesce ad andare oltre la facciata di un documentario naturalistico. Il racconto, inquadrato dal punto di vista di Lucy, lascia sullo sfondo il tema, indubbiamente presente, del rapporto tra Uomo e Natura e la trama narrativa appena accennata non sempre offre un sostegno reale a immagini che, pur potenti e suggestive, corrono il rischio di rimanere confinate nell’angusto recinto della mera vertigine estetica.

data di pubblicazione 24/10/2015

[sc:noconvinto]

EXPERIMENTER di Michael Almereyda (Festa Cinema di Roma 2015 – Selezione ufficiale)

INCONTRI RAVVICINATI – PAOLO SORRENTINO (Festa Cinema di Roma 2015)

È marcatamente ironico l’esordio di Paolo Sorrentino nel suo incontro con il pubblico dell’Auditorium di Roma. Per la chiacchierata-intervista con il Direttore Artistico Antonio Monda non ha scelto film di Fellini, visto la frequenza con cui si trova a dover parlare di quello che parrebbe uno dei Maestri meglio riconoscibili guardando attraverso la sua macchina da presa. Passano però solo pochi minuti prima che il più recente premio Oscar del cinema italiano individui in Antonioni, Fellini e Bertolucci i “mettitori in scena” per eccellenza, quelli dallo stile unico e inconfondibile.

Le riflessioni di Sorrentino corrono lungo il filo dell’equilibrato connubio tra il “bello” e il “vero”: la rappresentazione di ciò che reale o, meglio, verosimile (“il verosimile è il regno di chi inventa”), senza però la rinuncia alla cura estetica dell’operazione di messa in scena. Il connubio in questione, realizzato con convincente disinvoltura fino agli anni Novanta, sconta ora una certa diffidenza, che porta a svalutare o comunque a guardare con sospetto la ricerca più prettamente estetica.

La prima clip proiettata è tratta da Tempesta di ghiaccio di Ang Lee, non solo modello di sceneggiatura per compostezza e solidità, ma anche un film sulla famiglia, che, pur non essendo un tema prediletto dal Sorrentino regista, è invece uno dei preferiti dal Sorrentino spettatore. A ciò si aggiunge la stima per il talento di Ang Lee, che non ha smarrito la propria cifra artistica neppure quando ha lasciato la terra natia e che sa dirigere alla perfezione i suoi attori anche in contesti complessi: difficile pensare che sul set de La tigre e il dragone non ci fosse un “urlatore”, ma “un uomo da pantofola”.

Si prosegue con La notte di Antonioni, che, forse ancor meglio de La dolce vita, racconta in maniera tragica quanto sia disagevole stare al mondo e riesce nell’ardua impresa di coniugare in maniera convincente il cinema e la musica jazz. Anche se i primi film di cui Paolo Sorrentino abbia un distinto ricordo da spettatore restano pur sempre quelli di Bud Spencer e Terence Hill.

Road to perdition di Sam Mendes, già “citato” nell’incontro con Jude Law, diviene, attraverso la sequenza della morte di Paul Newman, la sintesi da manuale di come dovrebbe farsi cinema secondo Sorrentino: come si scrive, come si recita, come si usa il suono e soprattutto come si “crea un’epica”. Analogamente a quanto avvenuto nell’incontro con Jude Law, anche oggi si parla solo in pillole del nuovo film, in lavorazione, che vede l’attore britannico diretto dal regista napoletano: un “attore senza difetto” per interpretare un giovane Papa americano, che in nulla pare ispirato a Pontefici realmente esistiti.

Una storia vera riesce invece a calare in un’atmosfera immediatamente rassicurante gli elementi di inquietudine che sono tipici della cinematografia di Linch, a conferma della genialità del regista. È un film sulla “forza sottovalutata delle cose insensate”: così Sorrentino lo sintetizzerebbe a un ipotetico produttore per convincerlo ad acquistarlo.

Mars Attack di Tim Burton chiude l’incontro ravvicinato, con la “donna aliena” e la sua imperturbabilità che si fanno veicolo di un alto tasso di erotismo.

Sorrentino saluta il pubblico della Sala Sinopoli con un inedito: La fortuna, episodio del più ampio Rio, I love you. Alla sfida di girare in soli due giorni un cortometraggio legato al tema “Rio”, Paolo Sorrentino risponde con la storia di un uomo anziano e malato sposato con una donna giovane e bella, in cui però le logiche del luogo comune risultano curiosamente invertite.

data di pubblicazione 19/10/2015