FINO ALLA FINE DI TUTTO di Federico Malvaldi

FINO ALLA FINE DI TUTTO di Federico Malvaldi

regia di Renato Civello, con Eleonora Bernazza e Gabriele Enrico

(Spazio Diamante – Roma, 30 aprile 2024)

Primo studio di trenta minuti in gara al Festival inDivenire, Fino alla fine di tutto – prodotto da Remuda teatro di Federico Malvaldi e Veronica Rivolta – tratta la tematica ambientale insieme a quella giovanile. Due liceali, soli nelle rispettive battaglie, hackerano il sistema informatico che tiene chiusi i cancelli di un allevamento intensivo di bestiame.

Eleonora Bernazza e Gabriele Enrico sono Sofia e Elia, due ragazzi all’ultimo anno di liceo, protagonisti di Fino alla fine di tutto. Inserito nella programmazione della quinta edizione di inDivenire, il festival teatrale ideato da Alessandro Longobardi e diretto da Giampiero Cicciò, il nuovo lavoro drammaturgico di Federico Malvaldi, presentato come da regolamento in una messinscena di soli trenta minuti, è in gara con altre 18 compagnie che sperano di vedere il loro spettacolo prodotto per intero.

Mezz’ora è sufficiente per intravedere le potenzialità di questo lavoro, strettamente legato alla contemporaneità e ai problemi che affliggono le generazioni più giovani. La generazione Z in particolare, a cui appartengono le persone nate agli inizi degli anni duemila come Elia e Sofia, nonché i rispettivi (giovanissimi) interpreti, allievi promettenti alla Silvio D’Amico. Sono loro a doversi caricare sulle spalle la responsabilità di risolvere i problemi dovuti alla crisi sociale e ambientale che stiamo vivendo.

Da una cittadina di provincia Sofia si spinge nella lotta e nella protesta traboccante di rabbia, trascinando anche Elia inizialmente chiuso nel suo mondo fatto di videogiochi e distanza sociale. Superata la diffidenza e messa alla prova l’amicizia, insieme decidono di liberare il bestiame destinato al macello manomettendo il sistema informatico dell’azienda che tiene chiusi in gabbia gli animali.

Non sono solo i cancelli dell’allevamento ad aprirsi. Cadono anche le barriere di diffidenza e i due imparano a conoscersi e ad accettarsi nelle loro rispettive fragilità. Altri aspetti che caratterizzano questa generazione vengono così a galla. Piccoli particolari svelano le ragioni personali dell’individuo e queste si mescolano a quelle di un’intera generazione sulla quale grava il peso della ricerca di un futuro migliore. La regia di Renato Civello si adatta allo stile sciogliendo la narrazione attraverso il montaggio di piccole ma frequenti situazioni che aiutano a cogliere la trasformazione dei personaggi. Il testo diventa didascalico quando si palesa la missione, ma c’è tempo e spazio per approfondire una scrittura e dei personaggi interessanti come Elia e Sofia la cui forza è rimanere insieme, fino alla fine di tutto.

data di pubblicazione:4/05/2024


Il nostro voto:

FESTIVAL INDIVENIRE. QUINTA EDIZIONE, direzione artistica di Giampiero Cicciò

FESTIVAL INDIVENIRE. QUINTA EDIZIONE, direzione artistica di Giampiero Cicciò

(Spazio Diamante – Roma, 29 aprile 2024)

Lo Spazio Diamante, a due passi dal cuore pulsante del quartiere romano del Pigneto, fresco di restauro in parte grazie ai fondi del PNRR che hanno permesso di insonorizzare per ora due delle tre sale di cui è fornito il teatro, ospita la quinta edizione di inDivenire. Dal 2017 il festival, “nato per dare vita e forma a un’intuizione” su idea di Alessandro Longobardi e per la direzione artistica di Giampiero Cicciò, è un’opportunità offerta alle compagnie che vogliono mettersi in gioco e non hanno a disposizione o fanno fatica a trovare i mezzi necessari per realizzare i progetti che hanno nel cassetto. Una vetrina per mostrare le novità, ma anche un’occasione preziosa per misurare l’andamento dei nuovi linguaggi della scena.

Da un centinaio di lavori visionati ne sono stati scelti 19 che saranno presentati in scena in forma di studio da martedì 30 aprile a sabato 11 maggio. Con orgoglio Giampiero Cicciò fa notare una forte presenza femminile di nove registe e otto autrici, in contrasto con il panorama dei cartelloni italiani. A inaugurare la kermesse è stato Filippo Timi che la sera di lunedì 29 ha presentato il suo Studio per una danza dei sette veli, ispirato a Salomè di Oscar Wilde. Diverse le tematiche che saranno trattate, tra cui spiccano i problemi generazionali legati alla solitudine, le difficili questioni sociali e ambientali, la voglia di vedere un mondo trasformato e migliore. inDivenire è un festival giovane, fatto da e per i giovani con tutto il loro travolgente entusiasmo e forza creativa.

Ogni compagnia avrà a disposizione trenta minuti per dare vita alla propria idea e convincere il pubblico e la giuria di esperti che, presieduta da Giampiero Cicciò, è composta da Annalisa Canfora, Marianna De Pinto, Gianni Guardigli, Rossella Marchi, Giuseppe Marini, Luciano Melchionna e Andrea Pocosgnich. Al termine di ogni rappresentazione le compagnie potranno dialogare e approfondire le motivazioni dei loro lavori con il pubblico negli incontri moderati da Giampiero Cicciò e Andrea Pocosgnich. La serata di premiazione, presieduta da Pia Lanciotti, è prevista per il 12 maggio. Le compagnie premiate avranno la possibilità di sviluppare la loro messinscena di trenta minuti in un vero spettacolo che verrà inserito nella prossima stagione teatrale dello Spazio Diamante.

È possibile consultare il programma del Festival inDivenire qui Home | Festival inDivenire

data di pubblicazione:1/05/2024

DESTINAZIONE NON UMANA scritto e diretto da Valentina Esposito

DESTINAZIONE NON UMANA scritto e diretto da Valentina Esposito

con Fabio Albanese, Alessandro Bernardini, Luca Carrieri, Matteo Cateni, Chiara Cavalieri, Christian Cavorso, Sara Cavorso, Viola Centi, Massimiliano De Rossi, Massimo Di Stefano, Michele Fantilli, Marcello Fonte, Gabriella Indolfi, Giulio Maroncelli, Piero Piccinin, Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto

(Teatro India – Roma, 23/28 aprile 2024)

Il Teatro di Roma ripropone uno spettacolo di grande successo, Destinazione non umana della compagnia stabile Fort Apache Cinema Teatro composta da attori ed ex detenuti, tutti professionisti del palcoscenico. In scena i relitti di sette cavalli da corsa ormai vecchi in attesa di una destinazione definitiva. (foto di Jo Fenz)

  

Erano partiti in sette, ma sono arrivati in cinque al traguardo della vita. Uno si è perso, rivoltoso e indomabile, che nessuna briglia poteva tenere fermo. Un altro è esploso in mille baluginanti pezzi cercando la gloria nella corsa. Bello ma fragile, lo avevano chiamato Cristallo. Chi è rimasto ora è riversato tra i propri escrementi nell’abbeveratoio su cui è inciso il numero di pettorina con cui correva. Una bara senza coperchio a un passo dalla morte, in attesa di essere appeso al gancio dell’ammazzatora per diventare carne da macello o di essere venduto a un circo.

Vecchi e malati, i cavalli da corsa protagonisti del racconto di Valentina Esposito, fondatrice, regista e drammaturga della compagnia Fort Apache che coinvolge attori professionisti e attori ex detenuti o detenuti in misura alternativa che hanno intrapreso un percorso di professionalizzazione e inserimento nel sistema dello spettacolo, non sono né vivi né morti. Sospesi in un limbo sono privati della libertà di poter compiere qualsiasi scelta. Ricordano il passato, glorioso certamente, ma manipolato per il divertimento di qualcun altro. Il materiale su cui riflettere è denso, come densa è la scrittura scenica. La vita e la testimonianza degli attori impegnati sul palco si riversa insieme alla provenienza linguistica e dialettale nella struttura drammaturgica, cucita addosso a loro in maniera eccellente. Il teatro infondo è l’arte di saper trasformare la materia umana in discorso universale.

Il meccanismo narrativo a ritroso ce li mostra adesso da giovani. Spavaldi e inconsapevoli sono già schiavi di un sistema sociale che li sfrutta e li avvelena con sostanze dopanti perché corrano più veloci senza sentire fatica e dolore. Finché riescono a portare risultati tutto va bene, ma quando una zampa si rompe finiscono con morso e briglie ad aspettare la morte. Non va meglio alle femmine, incatenate anche loro in questa terribile favola, il cui unico scopo è quello di mettere al mondo i puledri per la corsa.

La storia personale incisa nel corpo degli attori parla attraverso la tensione dei muscoli, la vocalità rabbiosa, per mezzo del fuoco che si accende negli occhi. Al cuore dello spettatore arriva tutta la forza della passione e dell’impegno di questi artisti per i quali il professionismo è ormai un traguardo acquisito dopo anni di lavoro sulle scene e sul set. Aspettiamo di vedere i nuovi tasselli dell’attività che Valentina Esposito e Fort Apache portano avanti con successo da due lustri.

data di pubblicazione:26/04/2024


Il nostro voto:

L’ARTE DELLA SEDUZIONE

L’ARTE DELLA SEDUZIONE

PRESENTAZIONE DELLA STAGIONE 2024/25 DEL TEATRO QUIRINO

(Teatro Quirino – Roma, 22 aprile 2024)

Presentato con ampio anticipo il prossimo cartellone di spettacoli del teatro Quirino di Roma. Il calendario 2024-25, ricco di interessanti lavori e ottimi interpreti, tiene conto dei grandi classici e in egual modo della drammaturgia contemporanea. Sono 20 i titoli in programma, a cui si sommano tre spettacoli curati da Saverio La Ruina per una breve rassegna di teatro contemporaneo tra febbraio e aprile 2025.

L’arte della seduzione è lo slogan scelto per questa nuova stagione, accompagnato nella presentazione dall’immagine svettante di un fiero e coraggioso gallo cedrone dal colorato piumaggio. Variopinto come la proposta che il CdA del teatro, presieduto da Rosario Coppolino a cui di uniscono il direttore artistico Guglielmo Ferro e il consigliere Alfio Breci, si accinge a presentare.

È Alfio Breci il primo a salutare il numeroso pubblico di affezionati accorso per l’evento. Nei ringraziamenti nomina uno per uno tutti i collaboratori del teatro, atto necessario e doveroso che l’esperienza del covid ha insegnato a fare. Accenna infatti alla ripresa post-pandemica Rosario Coppolino, che sottolinea quanto scandaloso sia per una grande città come Roma chiudere i teatri anziché riaprirli. Nell’elenco delle sale chiuse fa menzione in particolare del Globe, lo storico teatro di Villa Borghese fondato da Gigi Proietti, “una ferita ancora aperta e sanguinante”. Ma tiene conto della ripresa anche il direttore artistico, il regista Guglielmo Ferro, attento a ricordare che la chiusura dei teatri in pandemia ha portato ad apprezzare il fatto che il teatro è prima di tutto un’assemblea di persone che stanno insieme.

L’ottima notizia è che dall’anno prossimo il Quirino diventerà anche un centro produttivo. Si vedranno i primi risultati nella stagione 2025-26, ma già dall’anno prossimo il teatro sarà impegnato in esperienze di coproduzione. Inoltre è già al suo secondo anno di vita la scuola d’arte drammatica per aspiranti attori e registi Officine Quirino, diretta dallo stesso Guglielmo Ferro insieme a Micaela Miano. Il percorso formativo volto a selezionare giovani talenti tra i 18 e i 30 anni si prefigge come obiettivo quello formare il futuro vivaio artistico del nostro Teatro.

Mentre si presenta la stagione e ogni compagnia parla del proprio spettacolo, arriva fresca la notizia, festeggiata tra gli applausi, che il botteghino ha sottoscritto il primo abbonamento. Si spera (e si augura) il primo di centinaia.

Di seguito una breve presentazione degli spettacoli in cartellone.

Tra i testi classici aprirà la stagione (8-20 ottobre) Anfitrione di Plauto, per la regia e l’interpretazione nella parte del servo Sosia di Emilio Solfrizzi. Trappola per topi di Agatha Christie (dal 19 novembre al 1 dicembre) arriverà finalmente a Roma dopo tre anni dal debutto. Dal 7 al 12 gennaio 2025 sarà in scena il revival de La strana coppia di Neil Simon, con Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia. A seguire (14-19 gennaio) Filippo Dini è interprete e regista in I parenti terribili, la commedia perfetta di Jean Cocteau, mentre Flavio Insinna e Giulia Fiume saranno Ugo e Anna, protagonisti di Gente di facili costumi, la divertente commedia ancora attuale scritta da Nino Marino e Nino Manfredi (regia di Luca Manfredi, 18 febbraio – 2 marzo). Sempre tra i testi classici Franco Branciaroli porterà a marzo (18-23) il suo nuovo spettacolo da Goldoni, Sior Todero brontolon (regia di Paolo Valerio). Per il classico natalizio un balletto, Lo schiaccianoci di Čajkovskij. Luciano Cannito dirige la compagnia del Roma City Ballet, che vede tra gli interpreti due star internazionali della danza: Iana Salenko e Ksenia Ovsianick. A chiusura di questa prima parte dedicata ai classici due dei tre spettacoli coprodotti dal teatro Quirino: Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg (25-30 marzo) e Crisi di nervi di Anton Čechov (29 aprile – 11 maggio), quest’ultimo per la regia di uno dei più grandi registi ancora viventi, il tedesco Peter Stein.

Per i classici rivisitati Alessandro Preziosi e Nando Paone saranno in scena con Aspettando Re Lear, scritto da Tommaso Mattei (5-17 novembre); Ugo Dighero sarà invece protagonista ne L’Avaro di Molière (regia di Luigi Saravo, 17-22 dicembre). Nuova lettura a cura di Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini per il classico di Stevenson: Il caso Jekyll (21 gennaio – 2 febbraio), uno studio sull’inconscio del celebre personaggio. Noir terrificante, ma anche profondamente comico, La signora omicidi di William Arthur Rose, adattato pensando a un pubblico italiano da Mario Scaletta (regia di Guglielmo Ferro, 11-16 marzo). Shakespeare verrà invece trattato da Valter Malosti che insieme ad Anna Della Rosa sarà protagonista della nuova lettura di Antonio e Cleopatra (11-16 febbraio).

Per concludere sono sei gli spettacoli di nuova drammaturgia. Il 22 ottobre e fino al 3 novembre, a un anno dal debutto, arriva 1984 di George Orwell, nell’adattamento di Robert Icke e Duncan Macmillan. Una complessa macchina teatrale e un grande sforzo produttivo diretto da Giancarlo Nicoletti. Dal 3 all’8 dicembre Simone Cristicchi dirigerà sé stesso nel ruolo del santo di Assisi: Franciscus. Il folle che parlava agli uccelli (le musiche originali sono di Cristicchi e Amara). Cristiana Capotondi vestirà i panni di una madre che si prende cura della propria bambina durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale a Firenze, protagonista in La vittoria è la balia dei vinti di Marco Bonini (10-15 dicembre). Torna al Quirino Veronica Pivetti con L’inferiorità mentale della donna, un evergreen del pensiero reazionario tra musica e parole (recita il sottotitolo) dal 4 al 9 marzo. Uno spettacolo emotivamente forte e utile, dice in video l’attrice, originale e provocatorio. Terzo spettacolo coprodotto dal teatro Quirino Moby Dick di Herman Melville, adattato da Micaela Miano (1-13 aprile). Un progetto che il regista Guglielmo Ferro insegue da anni e che si prospetta come un viaggio verso l’ignoto, attratti da quello che non conosciamo. Quasi una pirandelliana esperienza che si interroga sulla realtà oltre il palcoscenico. Infine termina questo lungo elenco la terza parte della trilogia La ballata degli uomini bestia di Davide Sacco lo spettacolo Il medico dei maiali con Luca Bizzarri e Francesco Montanari (22-27). Un dovere, secondo l’autore e regista, quello di avere la missione di portare la drammaturgia contemporanea sui grandi palchi italiani.

data di pubblicazione:22/04/2024

I MASNADIERI da Friedrich Schiller, regia di Michele Sinisi

I MASNADIERI da Friedrich Schiller, regia di Michele Sinisi

con Matteo Baronchelli, Stefano Braschi, Vittorio Bruschi, Jacopo Cinque, Gianni D’Addario, Lucio De Francesco, Alessio Esposito, Lorenzo Garufo, Amedeo Monda, Laura Pannia, Donato Paternoster

(TeatroBasilica – Roma, 11/28 aprile 2024)

Debutta in prima nazionale il classico schilleriano nella lettura irriverente di Michele Sinisi. Una esplosiva miscela di talenti che fa letteralmente ribaltare il TeatroBasilica di Roma. La bellezza del saper fare teatro attraverso un testo dal profondo valore poetico (foto di Simone Galli)

I Masnadieri secondo la rielaborazione testuale e la regia di Michele Sinisi e Tommaso Emiliani è tutto tranne che una tragedia. O meglio, ne conserva i tratti. Ma non è la rappresentazione del dramma così come appare sulla pagina che interessa questa stravagante rilettura. Protagonista indiscusso è il teatro nei suoi molteplici significati e funzioni. Come luogo fisico e spazio di aggregazione. Come strumento di lettura e interpretazione della complessa commedia umana. Come arte che si realizza unicamente mettendo insieme una pluralità di talenti e mestieri. Ed è dalla fusione di più realtà impegnate nella produzione teatrale a livello nazionale che prende forma questo imperdibile spettacolo. Intanto il Gruppo della Creta, che ha sede proprio al TeatroBasilica di cui ne cura la gestione. Poi la compagnia di innovazione Fattore K e il Centro di produzione teatrale milanese Elsinor, legato al teatro Fontana.

Le chiavi di lettura sono l’ironia e il gioco. Il testo conserva la sua potenza poetica, ma non è sorretto da nessuna impalcatura di finzione. Semmai è commentato in maniera irriverente dalle continue intromissioni che ne smontano il dato distruttivo e tragico. Tra gli espedienti usati la ripetizione e soprattutto una sottolineatura grottesca della provenienza regionale nell’inflessione dialettale di alcuni degli attori. Parricidi, fratricidi, assassinii e violenze vengono smorzati da una risata dissacrante. E per contrasto mostrano che i sogni, le ambizioni, le gelosie, le battaglie che animavano l’uomo della fine del Settecento sono validi ancora oggi. La storia non è ferma in nessun punto.

Michele Sinisi svela fin da subito il meccanismo magico della scena, cancellando ogni possibile illusione e mostrando la verità del fare teatro. L’originale struttura drammaturgica viene smantellata e ricomposta seguendo uno schema originale, geniale, creativo. Il capolavoro giovanile dell’autore tedesco perde il suo riferimento storico e comunica direttamente con la nostra epoca. Rimane una debole traccia del passato nei costumi di Giulia Barcaroli. Pezzi di abbigliamento cinquecentesco o ottocentesco tirati fuori dal baule di chissà quale spettacolo sono pallidi indizi su abiti moderni, gli stessi che indossiamo noi spettatori.

Entrando in sala la prima cosa che si nota è la luce diffusa che dal palco arriva alla platea. Gli attori sono già in scena, seduti ai bordi, in attesa di entrare. Si ha la sensazione lo spettacolo non sia ancora pronto, che l’atto fondativo della prima scintilla creativa debba ancora brillare. E infatti, attraverso un espediente epico, gli attori si presentano al pubblico con il loro nome, cognome e età. Sono artisti prima ancora di trasformarsi nel personaggio e di percorrere le infinite possibilità dell’interpretazione. Sono amici pronti a condividere un sorso di birra (di lattine vuote è cosparsa la scena di Federico Biancalani). In amicizia, sulla scena, nessuno pesta i piedi dell’altro, nessuno è il migliore perché è la squadra che vince. Lasciate dunque il palco a questa irriverente masnada di pazzi e godetevi lo spettacolo.

data di pubblicazione:15/04/2024


Il nostro voto: