QUENTIN CRISP: NAKED HOPE di Mark Farrelly, a cura di Ferdinando Bruni, con Luca Toracca

QUENTIN CRISP: NAKED HOPE di Mark Farrelly, a cura di Ferdinando Bruni, con Luca Toracca

(Teatro Belli – Roma, 22/23 novembre 2022)

Luca Toracca è Quentin Crisp (ph. Laila Pozzo), l’attore e scrittore che non ha fatto mai mistero della sua omosessualità, portando avanti con brillante ironia la sua battaglia fino a diventare un esempio per molti.

Un grande sipario rosso scende dall’alto e abbraccia il palcoscenico con le sue pieghe. Il significato è inconfutabile: questa storia è uno spettacolo. Il personaggio qui rappresentato è egli stesso lo spettacolo. La scena è invasa da un caos di oggetti, tra cui spicca una toletta illuminata con i trucchi e parrucche. Cimeli di un passato glorioso, che trasmettono ancora la loro energia pulsante.

Be yourself, no matter what they said (sii te stesso, non importa cosa dicono gli altri) è la frase che fa da ritornello in Englishman in New York di Sting, brano dedicato proprio alla figura di Quentin Crisp. Icona gay della cultura inglese, uomo eccentrico dalla personalità esplosiva e travolgente, Quentin Crisp è riportato in vita nello spettacolo scritto da Mark Farrelly, andato in scena al teatro Belli per la ventunesima edizione di Trend, la rassegna di drammaturgia inglese contemporanea diretta da Rodolfo di Giammarco. Essere sé stessi, ostentare con eleganza e garbo la propria omosessualità, non nascondendosi dietro a ipocrisie e falsità – semmai solo dietro a un velo di trucco e a tanta intelligente ironia – è il messaggio di cui si fa portatore Luca Toracca, protagonista della pièce prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano. La somiglianza tra attore e personaggio è notevole, se non addirittura impressionante. Viene da chiedersi quanto ci sia di Quentin Crisp in Luca Toracca. La finzione del palcoscenico svanisce e l’attore fa capolino oltre la quarta parete. Non si limita a parlare al pubblico, ma con esso crea una situazione di ascolto e interazione. Il teatro diventa così uno strumento di educazione e di lotta. Non solo una lezione di vita, condotta con tagliente ironia e distacco da tutte le sofferenze che essa porta, ma uno strumento di denuncia di tutti gli abusi, le ingiustizie, le aggressioni che ancora oggi vedono vittime tutte quelle persone che hanno come unica colpa quella di essere diversi dagli altri, dall’indistinta giudicante maggioranza.

Seguendo la lezione di Toracca/Quentin, appare chiaro che il vero talento non risiede nel saper fare qualcosa, ma nell’essere sé stessi senza vergogna. Vale quindi la regola che la vita è più difficile per chi vuole diventare sé stesso. La strada è lunga e per nulla semplice. Dal testo, narrato in prima persona seguendo l’ordine cronologico dei fatti raccontati all’imperfetto (il tempo verbale con cui si parla del passato e dei sogni), si apprende che Londra negli anni Trenta era un posto avverso agli omosessuali effeminati come Quentin. L’ostilità partiva dalla famiglia e proseguiva per strada, tra insulti, molestie e a volte percosse. Gli anni della guerra non sarebbero stati più facili. Posare nudo come modello per le scuole di arte poteva essere l’unica alternativa dignitosa alla prostituzione. Gli anni Sessanta segnarono invece un periodo di tolleranza. Ma uno come lui, abituato a sorprendere con la sua eccentricità, neanche qui trova posto.

La svolta avviene quando, quasi ottantenne, arriva a New York. La città è eccitante e lo accoglie regalandogli fama e successo. Ed è qui che si chiude la parabola straordinaria della sua vita, colorata e complessa come le sue acconciature. Un racconto che Luca Toracca incarna con consapevolezza e convinzione, esprimendolo con tutta la dolcezza di chi sa che può dare consigli. “Scoprite chi siete e siatelo, anima e corpo” grida risoluto, perché quello che conta non sono i dubbi o i rimpianti, ma cosa siamo oggi, nonostante quello che pensano gli altri.

data di pubblicazione: 30/12/2022


Il nostro voto:

CIARA, UNDRESSED SOLO di David Harrower, con Roberta Caronia, regia di Elena Serra

CIARA, UNDRESSED SOLO di David Harrower, con Roberta Caronia, regia di Elena Serra

(Teatro Belli – Roma, 16 novembre 2022)

A conferma dell’alta qualità degli spettacoli portati in scena nell’ambito della XXI edizione di Trend. Nuove frontiere della scena britannica, Ciara, undressed solo vede protagonista Roberta Caronia, che interpreta una donna determinata a sfidare le difficoltà di una società fosca e complessa attraverso una piccola galleria d’arte. Diretto da Elena Serra, il lavoro di David Harrower torna sul palco del Belli dopo un primo studio presentato nel 2019, sempre per Trend, su progetto di Walter Malosti.

 

La donna gigante, sdraiata nuda sotto il cielo di nuvole che sovrasta la città scozzese di Glasgow, sembra dormire. È il quadro preferito di Ciara, una donna che gestisce una piccola galleria d’arte alla periferia della città. Questa attività è il suo orgoglio e il suo strumento di riscatto. Per questo il nome che ha dato alla galleria è Belisama, prendendo ispirazione dalla divinità celtica simbolo del fuoco e della luce, ma anche delle arti e della creatività. Roberta Caronia, interprete di Ciara, accoglie il pubblico tenendo in mano un bicchiere di vino rosso come in occasione di un vernissage o di un cocktail party. La scena però è vuota, scura, sobria. Anche lei è vestita di nero, fatta eccezione per la camicetta rosso acceso che indossa con disinvoltura e eleganza. Una macchia ben visibile di colore in un contesto spento e anonimo, come lo è in fondo Ciara per la città di Glasgow. L’autore del quadro è Alan Torrence, un pittore locale che con abilità lei riesce a vendere bene. Ciara è affascinata dal suo lavoro, lo osserva mentre crea i suoi quadri, lo va a trovare a casa per vedere come vive. Si attacca a lui come a volergli rubare un briciolo della sua bellezza creativa, della sua serenità. La stessa che mette nei quadri che raffigurano le donne giganti.

Di serenità e bellezza Ciara ne ha davvero bisogno. Così la chiacchierata davanti al bicchiere di vino si trasforma in uno sfogo accorato e il linguaggio diventa lo strumento terapeutico che serve a lenire il dolore che la protagonista porta dentro. Roberta Caronia è straordinaria nel far emergere lentamente il disagio di Ciara, aiutata da un disegno luci che le accarezza il corpo. Con delicatezza veniamo trascinati nei luoghi dove si svolge il racconto. Ciara è sposata con Brian, un uomo che al contrario di lei è interessato al commercio, al successo e agli affari sporchi. È riuscito a farsi strada conquistandosi la fiducia del defunto padre di Ciara, anche lui invischiato in brutte storie di scommesse e gioco d’azzardo. Una sorta di capo malavitoso molto rispettato in città, ma protettivo nei confronti della figlia. Ciara aveva anche un fratello, Ciaran, morto troppo giovane a causa della droga. Particolari di una storia che sporcano la bella immagine che ci eravamo fatti all’inizio.

Per quanto cerchi di tenersi lontano dai problemi nei quali la trascina il marito e dal peso che sente nell’essere stata la figlia di un gangster, Ciara è costretta a fare i conti con la criminalità. La violenza ha divorato il mondo di cui è parte, ma lei resiste continuando a cercare la bellezza. Anche quando la sua galleria viene incendiata e in testa le appaiono le immagini sfocate di facce minacciose e nemiche (il progetto video, che mostra volti deformati e sciolti nello stile che ricorda i dipinti di Francis Bacon, è di Donato Sansone). Nella società descritta da David Harrower, l’innocenza è una qualità che non può esistere. Vincono l’arroganza, l’invidia, le risse fuori da un pub per futili motivi. Roberta Caronia ce lo racconta con un’intensità drammatica che trascina e avvolge lo spettatore, costringendolo alla riflessione e alla consapevolezza. Lo fa con convinzione e straordinaria energia, trasformando in chiare immagini le emozioni che la abitano. Quale realtà si troverà davanti agli occhi la donna gigante appena si sveglierà? Sarà stata brava Ciara ad accendere una piccola luce per illuminare anche solo un poco tutta questa devastazione?

data di pubblicazione:04/12/2022


Il nostro voto:

THE BELIEVERS. I BUONI VICINI di Bryony Lavery, regia di Gianluca Iumiento

THE BELIEVERS. I BUONI VICINI di Bryony Lavery, regia di Gianluca Iumiento

(Teatro Belli – Roma, 11/13 novembre 2022)

In una notte di tempesta una coppia viene ospitata a casa dei vicini. Qualcosa di terribile accade e le due famiglie sono costrette a confrontarsi. (foto di Giuseppe Galante)

 

Al centro del dramma di Bryony Lavery, portato in scena per Trend – festival di drammaturgia contemporanea inglese a cura di Rodolfo Di Giammarco – c’è la misteriosa sparizione di una bambina. I genitori della piccola Grace, Marianne e Joff, cercano disperatamente di ricostruire i fatti accaduti la notte prima a casa dei loro vicini. La forte pioggia caduta quella notte ha messo a rischio inondazione la loro abitazione, così sono stati costretti ad accettare l’ospitalità di Maud e Ollie. Anche loro hanno una figlia, Joyous. La piccola Grace sparisce improvvisamente, forse spinta nell’acqua proprio dall’amichetta, gettando nella disperazione i genitori. Il clima piovoso, i tuoni che rimbombano nell’aria, la casa in procinto di essere sommersa dalla piena delle acque, sembrano essere tutti elementi di un racconto thriller. Invece, Bryony Lavery parte da questa atmosfera sospesa e confusa per mettere a confronto due coppie dagli stili di vita opposti, alle prese con lo stesso problema: l’educazione dei figli. Maud (Maria Sand) e Ollie (Gianluca Iumento, anche regista dello spettacolo) hanno una fede incrollabile in un dio non meglio identificato a cui rivolgono costantemente preghiere e suppliche. Vivono nell’assoluta convinzione di essere dalla parte giusta e sono orgogliosi della propria figlia, che ai loro occhi è ovviamente perfetta. Quando accettano di ospitare Marianne (Valentina Carli) e Joff (Giuseppe Tantillo) si sentono come minacciati dalla loro mediocre “normalità”, tanto che sentono il bisogno di redimerli e accompagnarli per la giusta strada. Soprattutto avvertono la necessità di offrire consigli su come educare Grace, per loro troppo capricciosa e irrequieta. Il confronto è in particolare visto sotto l’aspetto femminile delle due madri – personaggi molto più incisivi e strutturati rispetto ai due uomini – di cui Maria Sand e Valentina Carli ne sono ottime interpreti.

Nonostante ci sia un grosso divario tra lo stile di vita delle coppie, la scena disegnata da Jessica Koba le accomuna delimitandole in spazi perfettamente simmetrici, disegnati all’interno di un perimetro di lampade al neon. La scelta registica di Gianluca Iumento invece si affida a un’analisi piuttosto fredda della vicenda, segnata da una recitazione straniata che vede in scena i personaggi, fermi e muti in un angolo, anche quando non hanno parte nella vicenda. Scelta a cui dà risalto la voce fuori campo di Paolo Leccisotto, nascosto in scena da due pareti convergenti, che legge le didascalie e accompagna l’azione con le sue percussioni e la sua chitarra.

Alla fine nessuno si addossa la responsabilità della sparizione di Grace. La coppia dei credenti (the believers, come nel titolo) non accenna a dubitare della propria convinzione di essere nel giuso. Joff e Marianne invece rimangono incastrati nella confusione e nello sconcerto fino a chiedersi con fenomenale pragmatismo perché complicare tutto con l’idea di dio quando si può essere semplicemente carini.

data di pubblicazione:29/11/2022


Il nostro voto:

THE WASP di Morgan Lloyd Malcolm, con Guenda Goria e Miriam Galanti, regia di Piergiorgio Piccoli

THE WASP di Morgan Lloyd Malcolm, con Guenda Goria e Miriam Galanti, regia di Piergiorgio Piccoli

(Teatro Belli – Roma, 7/9 novembre 2022)

Due amiche si rivedono dopo tanti anni. L’incontro nasconde però un pericoloso piano di vendetta. In scena per Trend. Nuove frontiere della scena britannica contemporanea, un dramma dalle fosche atmosfere e dai continui colpi di scena: The Wasp di Morgan Lloyd Malcolm.

 

Il falco delle tarantole è un tipo di vespa (the wasp in inglese) che ha un modo di riprodursi parecchio raccapricciante per la nostra sensibilità. Una volta individuata la vittima, paralizza il ragno con una puntura e impianta nel suo ventre un ovulo. La larva che nasce pasteggerà con gli organi dello sfortunato ostaggio, che sarà necessario rimanga vivo per portare a maturazione l’ospite. Questa è la terribile immagine sulla quale è basato il thriller psicologico scritto da Morgan Lloyd Malcolm e andato in scena per Trend al teatro Belli (produzione Theama Teatro).

Nel preambolo della vicenda Erica (Guenda Goria), una donna benestante e di buona educazione, dà appuntamento in un bar a Carla (Miriam Galanti), una vecchia amica che non vede dai tempi della scuola. Carla ha tutta l’aria di una che la vita l’ha vissuta dal basso tra problemi e difficoltà, è incinta del quinto figlio e non vede Erica da quindici anni. Il divario sociale che separa le due donne è fin troppo evidente e non è chiaro all’inizio il motivo del loro incontro. In apparenza hanno due vite totalmente distinte e differenti, ma la somma degli indizi che vengono fuori lentamente dal racconto – tradotto in maniera avvincente da Enrico Luttmann – ci fanno capire che la connessione tra loro è molto più stretta di quanto non immaginiamo. Come la vespa ha bisogno del corpo della tarantola per riprodursi, così una ha necessità dell’altra per soddisfare i propri bisogni. Tuttavia non è chiaro chi tra le due sia la vespa e chi la tarantola.

La trappola scatta nel secondo quadro, ambientato nel ricco appartamento di Erica. In bella mostra sugli scaffali della libreria che fa da sfondo alla scena si vede la ricca collezione di insetti di Simon, il marito di Erica (le sculture sono di Giovanni Grey Grigoletto). È qui che la donna chiarisce i motivi che l’hanno spinta a voler rivedere Carla. Facendo leva sulla povertà piuttosto evidente dell’amica, Erica le offre una somma ingente per uccidere il marito. L’aveva vista uccidere un piccione quando erano a scuola tanti anni prima; sarebbe la persona perfetta per compiere il delitto oggi. Ma quella che all’inizio appare come una vendetta personale nei confronti del proprio coniuge, si trasforma in realtà in una vendetta nei confronti di Carla, con la quale ha vissuto un passato burrascoso, costellato di episodi violenti e bullismo. I fatti spiacevoli e le cattiverie subite da ragazzi non si dimenticano facilmente e il presente offre l’occasione per perpetuare la crudeltà e ottenere così una rivalsa.

L’intervento registico opera lo stretto necessario su un copione dal ritmo sostenuto, dove ogni passaggio è studiato nei suoi minimi dettagli. Guenda Goria e Miriam Galanti sono ben calate nella parte e definiscono bene la diversità dei personaggi che interpretano, anche se in alcuni punti l’eccessiva marcatura delle emozioni porta le due attrici a un dispendio notevole di energia. Per chi è amante del genere, The Wasp è il tipo di dramma che ha la capacità di stringere lo spettatore in una morsa di terrore, pieno di colpi di scena e improvvisi risvolti efferati nella narrazione che lasciano ancora sgomenti quando si lascia la sala teatrale.

data di pubblicazione:19/11/2022


Il nostro voto:

POPS di Charlie Josephine, con Eleonora Barnazza e Massimo Di Michele, regia di Massimo Di Michele

POPS di Charlie Josephine, con Eleonora Barnazza e Massimo Di Michele, regia di Massimo Di Michele

(Teatro Belli – Roma, 4/6 novembre 2022)

Pops di Charlie Josephine, tradotto e adattato in italiano da Natalia di Giammarco e Enrico Luttmann, mostra il fallimento della relazione tra un padre e una figlia. La lotta per la sopravvivenza per due persone che non hanno più nulla dirsi.

  

Quando una figlia prova disgusto nel lavare i propri indumenti insieme a quelli del padre per paura di essere contaminata dalle particelle organiche rimaste attaccate ai vestiti di lui che arriva a farsela addosso per il troppo bere, significa che siamo davanti a una relazione che ha toccato decisamente il fondo. È questa l’immagine forte che rimane dopo aver visto Pops di Charlie Josephine in scena per la XXI edizione di Trend, diretta da Rodolfo di Giammarco. Se si volesse raccontare l’essenza del teatro britannico contemporaneo, non si potrebbe prescindere dal marcare il lato quasi nauseante di una drammaturgia che altera e sconvolge i sensi di chi è seduto a guardare.

In Pops la porta si apre su un appartamento spoglio dove un uomo solitario e alcolizzato che è anche un padre, guarda tutto il giorno programmi spazzatura alla tv. Quando non è la televisione a distrarlo dai pensieri, è la musica a tutto volume a contorcerlo in una danza sconnessa e irritante. Improvvisamente appare la figlia con una valigia in mano. Sembra impacciata e mortificata nel chiedere ospitalità al padre. La ragazza interpretata da Eleonora Barnazza è molto giovane, ma già porta sulle spalle un discreto bagaglio di fallimenti. Non riesce a trovare un lavoro e quindi non ha una casa dove abitare. La relazione tra i due è congelata in una condizione di incomunicabilità e rimprovero da entrambe le parti. Lei non sopporta che il padre abbia rinunciato a vivere la sua vita passando il suo tempo a bere davanti alla tv. Lui disapprova il fatto che la figlia non abbia un compagno e una vita realizzata. Lui non riesce a essere per lei un padre amorevole e ha contro una figlia disgustata dalla sua indolenza. Perfino il ricordo della data in cui la moglie di lui e madre di lei è andata via sono divergenti. E la presenza di un personaggio mediatore è proprio quello che manca a questa relazione. Ciò che rimane è una danza tra solisti, accompagnati da un complesso gioco di luci e suoni che ne intercettano gli umori. La regia e l’interpretazione di Massimo Di Michele si soffermano molto sul dato corporeo. Il padre è un uomo fisicamente preponderante, aggressivo e violento. Eleonora Barnazza mostra umiltà e una grande concentrazione nell’interpretazione di un personaggio fragile e insicuro. Provano a dialogare, sforzandosi di rientrare nel ruolo che la loro relazione padre/figlia impone, ma ogni tentativo di avvicinamento finisce inevitabilmente in un litigio. Nel disegno drammaturgico di Charlie Josephine la narrazione non concede riscatto, ma descrive l’immobilità di due personaggi destinati a mentire sulla realtà del loro completo fallimento.

data di pubblicazione:07/11/2022


Il nostro voto: