IL CAFTANO BLU di Maryam Touzani, 2023

IL CAFTANO BLU di Maryam Touzani, 2023

Helim e Mina sono una coppia molto affiatata e complice. Insieme gestiscono un negozio di caftani nella città marocchina di Salé: Helim è un maleem, un maestro sarto che realizza le sue creazioni attenendosi strettamente alla tradizione secondo cui un caftano deve sopravvivere alla persona che lo acquista, mentre Mina si occupa della gestione del negozio, tenendo a bada una clientela piuttosto esigente. Per far fronte al troppo lavoro i due assumono Youssef, un giovane apprendista che mostra interesse per questa antica arte quasi scomparsa tra le vie storiche della medina, ma l’arrivo del ragazzo sembra minare l’equilibrio della coppia…

 

  

Mina, nonostante sia gravemente ammalata, è una presenza chiave nella vita di Helim non solo perché lo ama profondamente, sentimento che il marito ricambia con tenerezza, ma perché difende strenuamente quel suo lavoro così prezioso dalle bizzarre richieste dei clienti che vorrebbero prodotti di alto livello con consegne a breve scadenza, senza affatto comprendere l’arte che un maleem infonde per confezionare uno dei suoi preziosi manufatti. La donna arriva addirittura ad allontanare alcuni di essi, mostrandosi particolarmente respingente nei confronti della moglie di un uomo illustre che lamenta tempi troppo lunghi per la realizzazione di un caftano in seta blu impreziosito da ricami in filo d’oro.

Il caftano blu da poco uscito nelle nostre sale, seppur presentato nel 2022 al Festival di Cannes dove è stato insignito del premio FIPRESCI nella sezione Un Certain Regard, racconta una storia semplice in cui la lentezza con cui Helim lavora, i suoi silenzi, i suoi sguardi profondi intrisi di un velo perenne di malinconia ed i suoi piccoli e ripetuti gesti fatti di impercettibili particolari, hanno un peso specifico tale da rendere il film incantevole, profondo, emozionale, oltre che decisamente sorprendente grazie a risvolti non scontati che nella seconda parte si aprono allo spettatore. La pellicola parla d’amore e di altruismo in simbiosi con la fisiologica lentezza di un antico lavoro artigianale che ne è la metafora, verso il quale i protagonisti esigono il rispetto per i tempi di realizzazione così come se ne deve alla persona amata. La delicatezza dei sentimenti e il pudore di questa coppia commuove e fa riflettere, perché riesce a mettere ogni cosa al giusto posto.

Il film è elegante e raffinato, dai dettagli preziosi come quelli che Helim ricama sui caftani, particolari che sono l’emblema di una bellezza che si raggiunge solo con un lavoro paziente, rispettoso e lento, la stessa lentezza con cui in Mina cresce un sentimento di accoglienza verso il giovane Youssef da lei inizialmente respinto.

Gli attori Saleh Bakri (Helim) e Lubna Azabal (Mina) sono due interpreti straordinari: attraverso i loro ruoli riescono a darci un’autentica lezione di vita, fatta di solidarietà e rispetto verso se stessi e verso gli altri in egual misura, insegnandoci sul finale che non bisogna mai aver paura d’amare.

data di pubblicazione:30/09/2023


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FELICITA’ di Micaela Ramazzotti, 2023

FELICITA’ di Micaela Ramazzotti, 2023

“L’infelicità può durare a lungo, ma bisogna lottare tanto, lottare sempre per la felicità, cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno”. Così una commossa Micaela Ramazzotti, nel ricevere il Premio Spettatori alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 per il suo esordio alla regia, ringrazia il suo pubblico, aggiungendo “ci ho messo l’anima per arrivare al vostro cuore”….

Desirè (con l’accento sulla e) è la primogenita di Max e Floriana (Max Tortora ed Anna Galiena), genitori manipolatori e opportunisti, entrambi in pensione seppur ancora giovani per esserlo. Nella vita della donna ci sono anche il fratello Claudio (Matteo Olivetti), ragazzo fragile e con evidenti problemi psichiatrici e il suo compagno Bruno (Sergio Rubini), professore universitario apparentemente comprensivo, ma sempre pronto a giudicare tutto e tutti e a “camminarle sempre avanti”, senza mai ascoltarla veramente. Desirè lavora come truccatrice nel cinema, mestiere al quale la madre ex parrucchiera rivendica di averla introdotta, ed ha una certa oculatezza sin dalla giovane età nel gestire i soldi che si guadagna sui set (dove ancora oggi qualche compromesso “deve” accettarlo) alimentando così il sogno di potersi un domani comprare una casa, di sposarsi e di fare una vita lontana dai guai a cui la sua famiglia disfunzionale l’ha abituata.

Micaela Ramazzotti si cuce addosso un personaggio ingenuo, fragile, disponibile e pieno di voglia di vivere che è un po’ la summa di molti altri interpretati in precedenza, e almeno in questo non potremmo dire che nel suo Felicità ci siano elementi di novità; ma il contesto di persone con cui la sua Desirè si trova a lavorare e vivere, fa sì che la pellicola assuma quel gusto amaro di una certa cinematografia d’altri tempi, complici un cast di attori molto centrati ognuno nel proprio ruolo (Max Tortora, Anna Galiena e Sergio Rubini) che regalano al pubblico un chiaro affresco di meschinità ed egoismo. Tutti, seppur affettivamente molto vicini alla donna, nella sostanza fanno solo leva sul suo innato senso di colpa, di cui ne è ovviamente intrisa e che viene alimentato costantemente. La regista ci parla dei tempi di emancipazione da una famiglia tossica e manipolatrice, diversi per ogni individuo coinvolto, ma necessari, in cui l’allontanamento libero o forzato diventa l’unica arma possibile per la salvezza. Desirè, pur di aiutare il fratello (egregiamente interpretato da Matteo Olivetti) in evidente stato depressivo e anch’esso vittima dei genitori, capirà di dover contare solo sulle sue forze toccando con mano la profonda solitudine che la circonda.

Ci sono nel film evidenti richiami, soprattutto quando irrompe Giovanni Veronesi (che interpreta se stesso) in una scena con Max Tortora il quale, con la maestria che conosciamo, rispolvera la pochezza di certi personaggi di “sordiana” memoria. Felicità ha sicuramente degli elementi di profondità, semplici e genuini, con cui sono stati toccati alcuni temi legati al disagio familiare e che sono arrivati dritti alla pancia del pubblico che lo ha premiato a Venezia. Dal 21 settembre il film sarà nelle sale.

data di pubblicazione:20/09/2023


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FINALMENTE L’ALBA di Saverio Costanzo, 2023

FINALMENTE L’ALBA di Saverio Costanzo, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Altra pellicola in Concorso a Venezia è Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, sfortunatamente presentata dopo il bellissimo Poor things di Yorgos Lanthimos che ha registrato una unanime approvazione in sala. Costanzo parte da un fatto di cronaca avvenuto nel 1953 per raccontare il cinema di quegli anni, certi ambienti della Roma bene che si affacciava nell’immediato dopoguerra alla dolce vita, la difficoltà delle donne per affermarsi in certi ambiti lavorativi (e le cose non sono tanto cambiate da allora) cercando di essere loro stesse senza dover scendere a compromessi e la spettacolarizzazione mediatica di un delitto che ha spostato l’attenzione più sugli ambienti in cui si è consumato che sulla vittima.

 

È molto affascinante come il regista riesce a gestire, in maniera assolutamente assolutoria per la vittima e a così tanti anni di distanza, la vicenda dell’omicidio di Wilma Montesi avvenuto nel 1953. Il cadavere della giovane venne ritrovato sul litorale romano e la foto che la ritraeva riversa sulla spiaggia, a gambe divaricate con le calze scese, fu pubblicata da tutti i giornali come immagine che accompagnava la descrizione delle sue aspirazioni di attrice. La morbosità mediatica fa così il suo giro: “la stampa speculò sulla vicenda, che coinvolgerà personalità della politica e dello spettacolo, e nel pubblico nacque un’ossessione che presto diventò indifferenza. La vittima scomparve dalle cronache per fare posto alla passerella dei suoi carnefici”. Il reato cadde poi in prescrizione senza colpevole.

Costanzo riabilita la vittima inventando una storia parallela, ambientata nello stesso anno, avvalendosi di una giovane attrice (Rebecca Antonaci) al suo primo ruolo da protagonista che rappresenta l’immagine di una ragazza ingenua degli anni ’50, Mimosa che, nata in una famiglia umile e promessa sposa ad un poliziotto napoletano, in una lunga notte ripercorre, come una sorta di ricostruzione parallela, le ultime ore di Wilma Montesi, dopo essere stata selezionata per un provino a Cinecittà come comparsa in un film ambientato nell’antico Egitto. Alla fine delle riprese Mimosa verrà invitata dall’attrice protagonista ad unirsi a loro per andare a cena; ma poi la serata si trasformerà in una notte di bagordi in un villa romana, con droga e champagne. La notte trascorsa in compagnia degli attori americani del film ballando e bevendo, assieme a produttori, politici e faccendieri di ogni tipo, sarà infinita, come una sorta di percorso di vita necessario per passare dall’ingenuità all’età adulta: “un film sul riscatto dei semplici, degli ingenui, di chi è ancora capace di guardare il mondo con stupore”. La traghetterà in questo percorso interiore Rufus Priori (interpretato da un bravissimo W. Defoe che recita in italiano), una sorta di Virgilio testimone sino all’alba della sua trasformazione, in cui Mimosa scopre che il coraggio non serve a ripagare le aspettative degli altri, ma a scoprire chi siamo.

Un progetto ambizioso quello di Costanzo che tuttavia non regge per tutta la durata del film, con una seconda parte un po’ troppo lunga ed una scena finale che lascia perplessi; tuttavia il film, a partire dal titolo ironico e salvifico, dopo un viaggio lungo un’intera notte libera sia la vittima che lo spettatore perché reinventa la vicenda di Wilma Montesi, riuscendo così a puntare il dito sui veri carnefici e a ridonare alla vittima la giusta centralità.

data di pubblicazione:02/09/2023








FERRARI di Michael Mann, 2023

FERRARI di Michael Mann, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Dopo che ieri sono stati presentati in Concorso El Conde di Pablo Larraín e Comandante di Edoardo De Angelis, oggi è stato il giorno di Dogman di Luc Besson e di Ferrari di Michael Mann, pellicola tratta dal romanzo Enzo Ferrari: The man, The Cars, The Races, The Machine di Brock W. Yates. Il film, con Adam Driver e Penélope Cruz, è un affresco della vita familiare del famoso imprenditore modenese in un periodo in cui era da poco scomparso il suo unico figlio Dino e si rendeva necessario, per evitare il fallimento, un decisivo cambio di rotta dell’azienda che dieci anni prima lui e sua moglie avevano creato dal nulla.

 

Michael Mann, sullo sfondo dei preparativi della Mille Miglia, riesce a portare sul grande schermo un affresco personale ed intimo del grande imprenditore e dirigente sportivo modenese che fondò l’omonima casa automobilistica. Ex pilota, Enzo Ferrari costruì inizialmente con la moglie Laura un vero e proprio impero, destinato ad entrare nella leggenda. Il film è ambientato nell’estate del 1957, dietro i fasti della Formula 1 e l’organizzazione della Mille Miglia, una lunga e pericolosa corsa che attraversa l’Italia. Il commendatore è in crisi: il suo matrimonio con Laura, compagna di vita e di lavoro, è giunto al copolinea dopo la prematura morte del loro unico figlio Dino avvenuta nel 1956 a soli 24 anni per distrofia, e dopo averne avuto un altro, Piero, da Lina Lardi (Shailene Woodley).

Appare immediato nel vedere il film come il pubblico venga coinvolto sui preparativi della gara con cui le due aziende principali, Ferrari e Maserati, seppur per differenti ragioni, stanno affrontando il fallimento da cui si risolleveranno solo all’inizio degli anni ’60. Il rombo delle auto d’epoca è quello originale come le vetture stesse, e su una di queste un “biondo” Patrick Dempsey, che interpreta Piero Taruffi, taglierà il traguardo della Mille Miglia. Il regista è stato molto bravo anche nel far percepire il rischio che i piloti correvano sin da quei tempi e chi è un esperto di motori sa sicuramente cogliere meglio di chi scrive questa sensazione, così come lo stato di euforia che fa vincere loro il timore che qualcosa possa non andare per il verso giusto, vivendo quel momento perché la stessa vita dipende da quel preciso momento.

Ma Ferrari non è un film destinato esclusivamente ad appassionati della materia, seppur la figura del commendatore non possa prescindere da ciò a cui ha dedicato tutta la sua lunga esistenza, perché lo stesso regista lo ha definito in conferenza stampa un film intimo, sull’uomo, devastato dal dolore e bisognoso di un rifugio familiare che non riesce più a trovare nella sua casa; Mann sa dirigere una storia umana, melodrammatica e profonda, di una persona provata, indurita, in un momento in cui i conflitti della sua vita personale collidono con quelli della sua vita professionale e a catturare lo spirito del nostro paese, a tal punto da sembrare a tratti un film italiano.

Gli attori sono di altissimo livello: tra questi segnaliamo con orgoglio la bravissima Daniela Piperno nella parte della madre di Ferrari, donna cattiva ma anche profondamente ironica.

data di pubblicazione:31/08/2023








L’ORDINE DEL TEMPO di Liliana Cavani, 2023

L’ORDINE DEL TEMPO di Liliana Cavani, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

La regista Liliana Cavani, al Lido per ricevere il Leone d’oro alla carriera, ha presentato Fuori concorso L’ordine del tempo, sua ultima fatica dopo 21 anni di assenza dal grande schermo. In sala, alla presentazione in anteprima stampa, c’era anche una spettatrice d’eccezione: Charlotte Rampling, indimenticata interprete de Il portiere di notte, uno dei capolavori della oggi novantenne regista.

 

Un gruppo di amici si ritrova per qualche giorno, come è già accaduto negli anni durante le vacanze estive, nella villa di Sabaudia di Pietro e Elsa (Alessandro Gassmann e Claudia Gerini), lui medico e lei avvocato: ci sono l’insegnante di storia Paola e l’economista Viktor, lo psicanalista Jacob e sua moglie Greta; solo Enrico si fa attendere ma, dopo le innumerevoli insistenze del padrone di casa, anche lui raggiunge gli amici lasciando i suoi importanti impegni universitari presso la facoltà di Fisica. Di lì a poco arriverà anche Giulia, fisica ricercatrice, giusto in tempo per festeggiare i 50 anni di Elsa, la padrona di casa. Nel corso della giornata la comitiva apprende la terribile notizia che un meteorite sta per abbattersi sulla terra dalla donna peruviana che presta servizio nella villa, la quale, preoccupata delle sorti della sua famiglia, chiede a Pietro ed Elsa di partire immediatamente. La notizia viene poi confermata, seppur con molte reticenze, anche da Enrico, vistosamente preoccupato, e da Giulia: entrambi, cultori della materia, verranno sottoposti da tutti i presenti ad un enorme numero di quesiti di ogni genere. E così il nutrito numero di personaggi che anima la scena per tutta la durata del film (che trae ispirazione dall’omonimo libro del fisico Carlo Rovelli), comincia ad “elucubrare” sul concetto del tempo, ad iniziare da Elsa che, nell’affiancare la figlia alle prese con la traduzione di una versione di greco, spiega quante interpretazioni la parola tempo possa avere ed il pensiero filosofico che essa sottende. La notizia poi che il mondo potrebbe finire di esistere da lì a qualche ora, modifica completamente la percezione che ognuno dei personaggi ha di esso ma soprattutto dell’ordine che ognuno personalmente gli conferisce. Vero protagonista di tutta la vicenda, il tempo comincerà a scorrere diversamente per il giorno che il gruppo di amici passerà assieme: dopo, le loro vite ne risulteranno inevitabilmente modificate.

Sicuramente la cosa che immediatamente la regista ci comunica è che seppur l’argomento sia affrontato da un gruppo eterogeneo di persone, le problematiche che ne scaturiranno investiranno successivamente le singole coppie nel loro vissuto, regalandoci una seconda parte del film più intima e personale: la vita è una specie di viaggio che noi umani facciamo nell’universo secondo un programma che non abbiamo scelto ma che accade, così come tutto accade secondo “l’ordine del tempo”.

Gassmann e Gerini sono affiancati da Edoardo Leo, Ksenia Rappoport (da tanto tempo assente dagli schermi),Valentina Cervi, Francesco Rongione, Francesca Inaudi, Richard Sammel e Angela Molina, un cast per il quale Liliana Cavani ha avuto parole di elogio in conferenza stampa per essere stati capaci di esprimere con autenticità e varietà di emozioni ciò che il racconto richiede.

Al pubblico l’ardua sentenza; per chi scrive, nonostante il rispetto e l’ammirazione per la grandezza di una regista come Liliana Cavani, il film non è riuscito a trasmettere le emozioni che ci si sarebbe aspettati di provare, ma soprattutto il cast non è stato sempre all’altezza delle riflessioni che un gruppo “così colto” di persone avrebbero dovuto regalarci.

data di pubblicazione:31/08/2023