FIRST MAN (IL PRIMO UOMO) di Damien Chazelle, 2018

FIRST MAN (IL PRIMO UOMO) di Damien Chazelle, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Intimo ed emozionante: non delude il nuovo attesissimo film di Damien Chazelle First Man. Presentato in prima mondiale il 29 agosto al Lido di Venezia, inaugura il Concorso della 75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. A 49 anni dall’allunaggio dell’Apollo 11, la pellicola interpretata da Ryan Gosling, Jason Clarke e Claire Foy e prodotta dalla Universal Pictures, è stata definita dallo stesso Barbera “Un lavoro personale, affascinante e originale, piacevolmente sorprendente al confronto con gli altri film epici del nostri tempi, a conferma del grande talento di un regista tra i più importanti del cinema americano di oggi”.

Spazzati via romanticismo, sentimento e musica che avevano caratterizzato La La Land e le “frustate” del batterista di Whiplash, il giovane e talentuoso regista si muove su un territorio completamente diverso, concentrandosi sulla figura di Neil Armstrong negli otto anni che precedettero la missione NASA che lo fece sbarcare sulla luna, in un resoconto in prima persona di un uomo piuttosto reticente ad esprimere i propri sentimenti, padre e marito attento, umile, e non solo la figura iconica che il mondo conosce. Chazelle è riuscito nell’ardua impresa di rispettare il carattere dell’uomo più che descrivere il mito, cercando di mostrarne le emozioni nella vita di tutti i giorni, indagando su ciò che ad ogni missione lasciava sulla terra, riuscendo grazie alla sua collaudata abilità di regista a dare libero sfogo a quello che è il desiderio recondito di ogni bambino di diventare astronauta, come fosse la cosa più semplice al mondo. Non bisogna dunque essere dei supereroi, perché il suo Neil non lo è. La sceneggiatura, scritta da Josh Singer (Oscar per Spotlight) alterna ai momenti professionali, ricostruiti con meticolosa minuziosità, una tranquilla vita familiare, fatta di gioie e dolori che contribuirono, secondo il regista che si è nutrito dei racconti dei figli di Armstrong e della moglie nonché del libro di James R. Hansen, a creare il personaggio pubblico che tutti conosciamo.

Nel luglio 1969, Armstrong comandò la missione di allunaggio Apollo 11; nelle fasi di avvicinamento prese il controllo del modulo lunare sino a farlo atterrare in una zona poco rocciosa: uscito dal Lem, posò il suo piede sinistro sul suolo lunare e fu il primo essere umano a camminare sulla luna. Di quella conquista Armstrong disse: “La cosa più importante della missione Apollo fu dimostrare che l’umanità non è incatenata per sempre a un solo pianeta, e che le nostre visioni possono superare quel confine, e che le nostre opportunità solo illimitate”.

In Italia quel 20 luglio del 1969 sarà ricordato non solo per la più lunga diretta mai affrontata dalla nostra televisione (circa 25 ore), ma anche per quel “Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!” riferita al modulo lunare Eagle, che il giornalista Tito Stagno pronunciò con una manciata di secondi in anticipo rispetto all’inviato Ruggero Orlando, il quale in collegamento da Houston subito dopo replicò “Ha toccato in questo momento”. La disputa tra i due cronisti sul momento preciso dell’allunaggio, coprì ai telespettatori italiani la storica frase di Neil Armstrong “Qui base della Tranquillità, l’Aquila è atterrata”.

Neil Armstrong è scomparso nell’agosto 2012 per le conseguenze di un intervento chirurgico di bypass coronarico: aveva compiuto 82 anni.

data di pubblicazione:30/08/2018








LAZZARO FELICE di Alice Rohrwacher, 2018

LAZZARO FELICE di Alice Rohrwacher, 2018

Alice Rohrwacher ci racconta una favola moderna, intrisa di poesia ed estetica, con radici che affondano nel passato e si nutrono della lirica di pellicole come Miracolo a Milano, e di ambientazioni che ci riportano ad Olmi e al suo L’albero degli zoccoli. La giovane regista con Lazzaro felice ci esorta a salvare la bontà in quanto valore universale senza tempo né luogo, e le conferisce una fisicità incarnandola in un giovane contadino di 20 anni dallo sguardo dolce ed indifeso, sempre disponibile con tutti, felice di stare al mondo pur non sapendo di chi è figlio, il cui spirito puro e semplice, che crede in valori come l’amicizia ma in un modo quasi sacro, riesce a trasmetterci quel religioso senso di perfezione che appartiene solo a chi da’ senza mai volere nulla in cambio, a chi ama senza pretendere di essere amato.

 

Nella tenuta agricola dell’Inviolata, la cattiva Marchesa Alfonsina de Luna, madre distante di un figlio viziato ed egoista, per coltivare tabacco sfrutta una cinquantina di persone ignare della realtà esterna alla loro comunità contadina, trattandoli ancora come mezzadri dell’Ottocento (e non siamo nell’Ottocento), che ricevono da lei solo la possibilità di sopravvivere sui suoi terreni, avendo pagliai e stalle come abitazioni, e le notti di luna piena a volte come sola fonte di luce notturna. In questo posto, non ben identificato e dove gli ignari mezzadri parlano un misto di vari dialetti, vive Lazzaro che viene sfruttato dai suoi stessi familiari, fanalino di coda di una catena di sfruttamenti che dalla marchesa si propaga senza soluzione di continuità. Decenni dopo, Lazzaro riapparirà, tornato – per magia o per miracolo come il suo stesso nome ci suggerisce – per cercare quei posti perduti che troverà profondamente cambiati; i suoi compagni sono lì, giustamente invecchiati al contrario di lui per il quale il tempo sembra non essere passato, e ugualmente poveri ma con una indigenza ascrivibile alla nostra contemporaneità. Passato e presente sembrano mescolarsi, ma Lazzaro rimane uguale a sé stesso, incarnazione di un cuore semplice e puro che la riduzione in schiavitù non è riuscito a schiacciare, ma che tuttavia non può sopravvivere all’indifferenza delle moderne metropoli dove non c’è più posto per la purezza d’animo. Solo un lupo, che per antonomasia è un animale cattivo, fiuta la bontà di Lazzaro, la riconosce e corre via libero tra i rumori della città, come avesse raccolto quel testimone per attraversare indenne i mutamenti dell’umanità.

Film da non perdere per comprendere bene dove stiamo andando e, se necessario, operare qualche cambiamento di rotta.

data di pubblicazione:20/06/2018


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TERRAFERMA di Emanuele Crialese, 2011

TERRAFERMA di Emanuele Crialese, 2011

Giulietta, madre di Filippo e vedova di Pietro, figlio maggiore del vecchio pescatore Ernesto, vive su di una piccola isola del mediterraneo: insoddisfatta della propria condizione, vuole traslocare sulla “terraferma” per dare a suo figlio una vita migliore. Nino, il figlio minore di Ernesto, invece non ne vuole sapere di abbandonare l’isola ma non intende fare il pescatore come il padre, e quindi cerca di guadagnare portando i turisti a fare gite in barca.

Un giorno Ernesto e Filippo durante la loro solita uscita in mare, incontrano una zattera strapiena di migranti africani e, nonostante la Guardia Costiera li avvisi di restare nelle vicinanze della zattera senza prendere nessuno a bordo, Ernesto in ossequio alla legge del mare ne raccoglie alcuni che stanno nuotando verso la sua barca. Tra questi c’è una donna incinta, Sara, e suo figlio, che vengono portati dal vecchio pescatore nella propria casa: nella stessa notte la donna mette al mondo una bambina. Il giorno dopo la Guardia di Finanza inizia la ricerca dei rifugiati; inizialmente Giulietta fa fortemente leva su Ernesto perché Sara con i suoi bambini partano al più presto, per paura che la loro presenza possa compromettere i suoi progetti di vita, ma poi col tempo cresce anche in lei l’empatia nei confronti di questa donna africana, anch’ella desiderosa di una vita migliore e con il progetto di raggiungere suo marito, emigrato al nord anni prima.

La situazione nell’isola lentamente degenera: le forze dell’ordine, nel rispetto della legge, devono impedire di accogliere i migranti, alcuni dei quali moriranno in mare con la conseguente fuga dei turisti dall’isola; il giovane Filippo, assistendo a tutto questo, sente sempre più forte, tra rimorsi e ribellione, il desiderio di pensare al suo futuro.

Terraferma di Emanuele Crialese, regista di Respiro nel 2002 e Nuovomondo nel 2006, è un film profondo, che narra le vicende di una famiglia di pescatori di un’isola siciliana (forse Lampedusa?). Insignito del Premio speciale della giuria alla 68° Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, Terraferma venne scelto come rappresentante italiano per concorrere nella categoria “Miglior film straniero” agli Oscar 2012 e, nello stesso anno, ricevette anche tre candidature ai David di Donatello.

A questo bellissimo film, attuale e struggente, abbiniamo una ricetta dal sapore di mare: il polpettone di tonno con maionese fatta in casa.

INGREDIENTI: 450 gr di tonno in scatola sott’olio – 300 gr di patate – 4 uova – 60 gr di parmigiano – 150 gr di pangrattato – sale e pepe q.b.- olio extra vergine d’oliva e qualche goccia di limone per condire; per la maionese: 1 limone- olio extra vergine d’oliva – un pizzico di sale – 1 uovo intero

PROCEDIMENTO:

In una ciotola capiente disponete il tonno sott’olio sgocciolato, le uova, le patate lessate in precedenza e schiacciate con lo schiacciapatate, il parmigiano. Amalgamare il tutto e passarlo al passaverdure con trama non troppo fitta (per chi volesse un composto a grana più rustica, può saltare questo procedimento); al composto così amalgamato aggiungere il pangrattato, il sale e il pepe. Fate preriscaldare il forno a 170°/180°. Confezionare quindi il polpettone dandogli la classica forma allungata, avvolgetelo nella carta stagnola e adagiatelo sulla leccarda del forno facendolo cuocere per una quarantina di minuti. A fine cottura lasciarlo raffreddare. Togliete la stagnola e affettatelo. Disporlo in un piatto da portata condito con un filo d’olio e una qualche goccia di limone. Preparare a parte della maionese fatta in casa, mettendo un uovo intero in un frullatore con un pizzico di sale, azionare il frullatore ed aggiungere dal buco qualche goccia di limone e olio extravergine d’oliva a filo senza mai fermarsi; quando la maionese sarà soda disporla in una ciotola e servirla per accompagnare il polpettone. E’ un ottimo piatto per le cene estive, ma la cosa che si raccomanda è di usare un buon tonno!

LA TRUFFA DEI LOGAN (LOGAN LUCKY) di Steven Soderbergh, 2018

LA TRUFFA DEI LOGAN (LOGAN LUCKY) di Steven Soderbergh, 2018

I fratelli Logan, non curanti della loro sfortuna leggendaria che li perseguita peggio di una maledizione, si apprestano ad organizzare il colpo del secolo alle spese della Charlotte Motor Speedway. Il colpo dovrà avvenire durante la leggendaria gara di auto Coca-Cola 600 e ad affiancare i due fratelli ci sarà Joe Bang (un irriconoscibile quanto spassoso Daniel Craig), esperto in esplosioni che, seppur in galera, troverà il modo di partecipare ugualmente al colpo. Il suo ingrediente “segreto” per costruire una bomba? Due confezioni di caramelle gommose… a forma di orsetti!

E così l’organizzazione del colpo più goffo della storia parte, inframezzato da stupide gare da reginette di bellezza, piloti vanesi che intralciano i Logan nella loro “folle corsa”, due soci in affari alquanto bizzarri e una serie di rocamboleschi incidenti. Su tutto questo indagherà un integerrimo quanto “rigido” agente dell’FBI (interpretato da una irriconoscibile Hilary Swank) che vorrà vederci più chiaro, senza fermarsi di fronte a quelle alquanto scoraggianti apparenze…

Ironia, una buona dose di umorismo e tanta leggerezza sono alla base di questo nuovo film di Soderbergh che, a giudicare dal finale aperto, fa già presupporre un sequel.

Sulla scia delle tre pellicole che hanno narrato le gesta della banda capitanata da Danny Ocean, ne La truffa dei Logan – presentato alla 12^ Festa del Cinema di Roma con il titolo di Logan Lucky – il regista assolda Channing Tatum (con lui in Magic Mike del 2002) nella parte di Jimmy Logan, offeso ad una gamba e fratello di Clyde (Adam Driver), che invece ha perso un braccio in Iraq. È un’America profonda e sempliciona al tempo stesso quella che emerge da questa pellicola, grazie ad un impacciato gruppo di ladri ingenui, certamente non glamour come la banda della trilogia Ocean’s, ma piuttosto con caratteristiche accostabili a certi personaggi visti in qualche pellicola dei Coen.

Divertente, leggero, autoironico (il regista si cita nel film), con brani musicali ben scelti, un finale non banale che ci fa sognare un po’ e senza che neanche tutti i tasselli tornino al proprio posto, La truffa dei Logan è intrattenimento di qualità, distribuito da Lucky Red.

data di pubblicazione:02/06/2018


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ABRACADABRA di Pablo Berger, 2018

ABRACADABRA di Pablo Berger, 2018

Titolo emblematico per una pellicola ad alto tasso di follia, in cui una casalinga trascurata, un marito insensibile e dai modi bruschi, un cugino particolarmente galante e l’ipnosi, si incontrano tra le vie periferiche di Madrid, dando origine ad una commedia esilarante, dal finale un po’ prevedibile.

 

 

Carmen, per andare al matrimonio della cugina, vuole essere particolarmente originale e copia da una nota rivista di gossip l’acconciatura di Madonna, ma il marito Carlos non ne vuole sapere di arrivare in orario: è più importante la finale di coppa del Real Madrid e… non è il solo a pensarla così! Durante il ricevimento, per pura e semplice goliardia, Carlos si sottopone ad un amatoriale esperimento di ipnotismo proposto a tutti gli invitati dal cugino di Carmen, da sempre suo accanito corteggiatore. Per Carlos, accettare l’invito di farsi ipnotizzare davanti a tutti gli invitati, è un modo come un altro per ridicolizzare quell’uomo che osa mettere gli occhi sulla sua donna, anche se dal canto suo sono anni che la trascura, non provando più per lei alcun interesse. Ma qualcosa durante l’esperimento, apparentemente goffo e mal riuscito, sembra essere accaduto, e Carlos da quel momento non sarà più lo stesso.

Si ride molto durante la proiezione di Abracadabra, presentata nella Selezione Ufficiale della 12^ edizione della Festa del Cinema di Roma, folle commedia del giovane regista spagnolo Pablo Berger che, nel 2014, rappresentò il suo paese agli Oscar nella categoria Miglior film straniero con Blancanieves.

È quasi impossibile non pensare quanto lo stile e la filmografia di Almodóvar abbiano potuto influenzare giovani registi come Berger, che riesce con Abracadabra, in chiave ovviamente grottesca, a raccontare una storia di reincarnazione alquanto surreale, che appassiona senza grossi cali di attenzione. Unica pecca del film è che sul finale delude un po’: la storia perde corpo e la soluzione a tutto ciò che il regista ha messo in scena è alquanto banale e non all’altezza della parte centrale. Tuttavia, se ne consiglia la visone per la ventata di folle leggerezza che trasmette.

data di pubblicazione:17/05/2018


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