IO BALLO DA SOLA di Bernardo Bertolucci, 1996

IO BALLO DA SOLA di Bernardo Bertolucci, 1996

Dopo il suicidio della madre, Lucy (Liv Tyler) giovane ragazza americana, viene mandata a passare un periodo a casa di amici, in una splendida casa sulle colline senesi.

La dimora ospita diverse persone, eterogenee tra di loro, tra le quali Alex (Jeremy Irons), un drammaturgo inglese gravemente malato di cancro.

Il soggiorno toscano rappresenterà per la ragazza una sorte di viaggio iniziatico che la porterà a diventare una vera donna e nel contempo a scoprire la vera identità di suo padre.

Il film, che procurò a Bertolucci diverse nomination, non si può certo considerare tra i migliori del regista che fu accusato di rappresentare un ambiente artificioso e dove i personaggi, per lo più artisti, vennero eccessivamente legati ai soliti cliché, come appartenenti ad una irraggiungibile élite.

La campagna toscana ci suggerisce questa semplicissima ricetta tipica della zona: Pici all’aglione.

INGREDIENTI: 500 grammi di Pici –  una testa d’aglio –  una bottiglia di passata di pomodoro – 100 grammi di parmigiano grattugiato o a scelta pecorino – basilico – olio, sale e pepe q.b.

PROCEDIMENTO: Soffriggere per 2 minuti la testa d’aglio schiacciata in abbondante olio d’oliva, quindi aggiungere la passata di pomodoro e lasciare cuocere per circa 10 minuti con sale, pepe e, a scelta, un pizzico di zucchero.  Cuocere i Pici al dente e riversarli su un padellone con la salsa e saltare per due minuti, aggiungere quindi il formaggio grattugiato ed abbondante basilico.

DIMENTICARE PALERMO di Francesco Rosi, 1990

DIMENTICARE PALERMO di Francesco Rosi, 1990

Carmine Bonavia (James Belushi), figlio di immigrati italiani, è candidato alla carica di sindaco di New York e per conquistare popolarità e voti inserisce nel proprio programma elettorale la proposta di legge che prevede di liberalizzare la droga, a scapito dei narcotraffici gestiti dalla mafia.

Durante la campagna elettorale si sposa e decide di trascorrere la luna di miele proprio a Palermo, la città natale dei suoi genitori, alloggiando nel famoso Grand Hotel delle Palme.

Ben presto si troverà a fronteggiare diverse situazioni pericolose che lo troveranno coinvolto in vicende giudiziarie messe di proposito in atto da Cosa Nostra per ostacolare l’ascesa al potere del Bonavia.

Sceso a patti con esponenti della mafia locale, su suggerimento di un anziano principe (Vittorio Gassman) che alloggia nello stesso albergo, il protagonista potrà tornare illeso a New York, con la promessa che non presenterà più quella proposta di legge tanto temuta.

Una volta a New York il Bonavia non rispetterà la parola data e pertanto verrà ucciso.

Film girato con molto rigore da Rosi ma che non fu ben accolto dalla critica che lo ritenne artefatto e poco aderente alla realtà siciliana e che lo salvò, solo in parte, per la buona recitazione di Belushi.

Questo film, girato ed ambientato a Palermo, ci suggerisce una ricetta proprio tutta ed esclusivamente palermitana: il braciolone.

INGREDIENTI: 600 grammi di fesa di manzo – 150 grammi di mortadella – 150 grammi di auricchio semipiccante – 150 grammi di parmigiano grattugiato – 50 grammi di pistacchi secchi non salati – 150 grammi di pan grattato – 50 grammi di uvetta secca di corinto – 30 grammi di pinoli – 3 uova – 300 grammi di passata di pomodoro – 1 kg di cipolle bianche – ½ litro di vino bianco – olio – sale e pepe qb.

PROCEDIMENTO: farsi preparare dal macellaio una fetta distesa e ben battuta di fesa di manzo. Preparare con le tre uova ed un poco di parmigiano una frittatina  molto sottile, lasciare raffreddare. Assemblare un impasto costituito da pan grattato, parmigiano, sale e pepe, olio, salsa di pomodoro, precedentemente cotta alla maniera tradizionale con un poco di soffritto, uvetta passa, pinoli e pistacchi.

A questa punto distendere sulla fetta di carne prima la frittatina, poi la mortadella a fette quindi l’auricchio tagliato a fettine sottili e l’impasto preparato come sopra indicato.

Avvolgere delicatamente il rotolo di carne e legare con un filo sottile, partendo dagli estremi, dopo essersi assicurati che non vi siano buchi nella carne per evitare la fuoriuscita del ripieno.

Soffriggere il braciolone in una casseruola con olio e le cipolle ed aggiungere un poco di brodo vegetale ed il vino bianco. Lasciare cuocere a fuoco moderato per almeno un’ora finchè il brodo con il vino non verranno assorbiti lasciando un sughetto denso.

Lasciare raffreddare anche in frigo, tagliare a fette il braciolone, disporre il tutto su un piatto da portata largo e servire poi con il sughetto ben caldo.

C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA di Nuri Bilge Ceylan, 2011

C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA di Nuri Bilge Ceylan, 2011

Un gruppo di uomini di notte si aggira per una campagna della Turchia: un commissario di polizia, un procuratore, un medico, un presunto assassino.

Sono alla ricerca del cadavere della vittima e con il passare del tempo, sino al ritrovamento del corpo, emergono dei retroscena inquietanti che aprono nuovi sospetti e perplessità sulla verità di ciò che è realmente accaduto.

Il noto regista turco Ceylan, premiato per questo film nel 2011 a Cannes con il Grand Prix speciale della giuria, accompagna l’intera narrazione in un susseguirsi di azione e contrazione, come solo un sapiente artista cinematografico come lui riesce a fare.

Muovendosi in un contesto socio-politico certo non facile, l’autore lancia un messaggio ben preciso dove all’apparente persistere della tenebra notturna improvvisamente si affaccia il vigore delle luci dell’alba, perché dopo una notte di pianto al mattino viene la gioia, quella gioia che lo stesso Ceylan sembra affermare e che non ci deve abbandonare mai.

A questo film, dal tocco decisamente levantino, abbiniamo la ricetta del tabulè, piatto che per il denso profumo che emana ci rimanda ad una bella e conturbante notte orientale.

INGREDIENTI: 1 kg. di couscous precotto – 1 peperone giallo e 1 peperone rosso – 1 cetriolo – 1 vasetto di capperi – 1 kg. di limoni – 1 mazzetto di menta – 1 mazzetto di basilico – 1 melanzana – 2 zucchine – 1 cipolla rossa – 1 spicchio di aglio – sale e pepe q.b.

PROCEDIMENTO: Spremere i limoni e conservarne il succo. Friggere le melanzane e gli zucchini a cubetti molto piccoli. Tagliare i peperoni ed il cetriolo a pezzettini. Tagliare anche il basilico e la menta nonché la cipolla e lo spicchio d’aglio, sempre in pezzetti molto piccoli.

Assemblare i componenti, incluso i capperi ben lavati, con il couscous che deve essere messo in un gran recipiente a crudo e man mano che si aggiungono gli ingredienti va anche aggiunto il succo di limone.

Ottenuto il tabulè, lo stesso deve essere fatto riposare almeno dodici ore in frigo, meglio se un giorno, in modo da far sì che i singoli sapori possano amalgamarsi bene. Servire pertanto freddo.

VACCHE AMICHE (UN’AUTOBIOGRAFIA NON AUTORIZZATA) di Aldo Busi – Marsilio Editore, 2015

VACCHE AMICHE (UN’AUTOBIOGRAFIA NON AUTORIZZATA) di Aldo Busi – Marsilio Editore, 2015

Sono passati oramai molti anni dall’apparizione sulla scena letteraria italiana del libro Seminario sulla Gioventù (Adelphi, 1984), romanzo d’esordio dello scrittore Aldo Busi.

Le vicende del protagonista Barbino furono subito associate ad episodi della vita stessa dell’autore e sorprendentemente positivo fu il giudizio dei lettori nei confronti del libro che presto venne etichettato come la sua autobiografia romanzata.

In Aldo Busi si intravide la figura di uno scrittore sui generis, capace non solo di scandalizzare la casalinga frustrata con i bigodini in testa e le ciabatte ai piedi, ma anche di sorprendere tutta quella generazione di post-sessantottini, ancora in erba, che lo innalzarono a profeta di un messaggio proprio, affascinante ma anche a suo modo rivoluzionario e provocatorio.

Dopo molti anni l’autore rinnegò pubblicamente che la sua opera prima facesse diretto riferimento agli anni della sua giovinezza a Montichiari (Brescia), accanto ad una madre petulante e a dei parenti dispotici, ma comunque tale dichiarazione non sconvolse più di tanto: oramai il suo talento letterario era stato decretato dagli innumerevoli romanzi che ne seguirono e la sua fama aveva già valicato abbondantemente i confini nazionali.

Nel frattempo erano seguite le sue prime apparizioni graffianti a cominciare dalla trasmissione Amici di Maria de Filippi, a seguire il reality show L’isola dei famosi, la trasmissione Otto e mezzo, con Barbara D’Urso in Stasera che sera ed altre ancora dove si andava sempre più rafforzando la configurazione di un personaggio trasgressivo e di rottura, in tutti i sensi.

In Vacche amiche, il suo ultimo sforzo letterario composto di un unico capitolo non stop, si segue con difficoltà: un susseguirsi di insulti e di critiche verso tutto e verso tutti dal quale emerge indenne solo lui, in una sorte di voluta mistificazione del sé e di autocompiacimento letterario, e dove non si riscontra più quella misurata provocazione accompagnata da una salata dose di ironia.

Insomma, una valanga denigratoria verso tutto ciò che esiste fuori dal proprio ego narcisistico, senza possibilità di redenzione e con una scrittura pesante da sopportare, dopo aver varcato i limiti della normale decenza.

Se Seminario sulla Gioventù ebbe una gestazione ventennale, ci si augura che anche il prossimo lavoro abbia una analoga attesa, perché la vera letteratura non si fa, come l’autore stesso afferma, “con parole scritte una dopo l’altra, in un certo modo dalla prima all’ultima…”

Forse il tutto dovrebbe essere accompagnato da un sano buon senso.

CHAN-HYO BAE – Sartor Resartus – Mostra fotografica a cura di Antonio Calbi

CHAN-HYO BAE – Sartor Resartus – Mostra fotografica a cura di Antonio Calbi

(Auditorium della Conciliazione – Roma, 30 settembre/20 novembre 2015)

Visionarea è un progetto ideato dall’artista Matteo Basilé e dall’Associazione Amici dell’Auditorium della Conciliazione, strutturato come un vero e proprio Art Space per sostenere e promuovere qualsiasi espressione d’arte contemporanea, anche in collaborazione con altre istituzioni culturali nazionali ed internazionali.

E’ proprio nell’ambito di questo ambizioso programma che si inserisce la mostra fotografica dell’artista Chan-Hyo Bae, sud coreano, presentata nel suggestivo spazio dell’Auditorium di via della Conciliazione, una sorta di vero e proprio Temporary Art Museum, come amano definirlo gli organizzatori dell’evento, decisamente adatto ad accogliere la manifestazione.

Osservando attentamente i lavori in mostra, proposti con un allestimento sobrio e ben pensato, lo spettatore si trova di fronte a delle composizioni ben strutturate, ad una sorta di tableaux vivants, dove non appare più solo l’elemento fotografico in sé ma il tutto viene presentato con una specie di mix tra pittura e messa in scena teatrale, in una ambientazione tipicamente inglese sospesa tra l’aristocratico ed il regale.

Subito ci si chiede: come mai un uomo sud coreano si presenti indossando degli abiti d’epoca femminili, tra pizzi, broccati e merletti, assumendo con assoluta naturalezza e garbo le figure proprie delle grandi nobildonne inglesi? Come mai l’artista si  identifica, visibilmente compiaciuto, in quelle sembianze femminili illustri, capisaldi della storia dell’Impero britannico? C’è da intravedere una volontà denigratoria e dissacrante, oppure un semplice desiderio di indossare un’altra identità più consona al proprio essere, con l’intento specifico di scardinare tutte quelle convenzioni sociali stereotipate e discriminanti?

Ed è proprio da Chan-Hyo Bae che ci arriva la risposta ai nostri interrogativi: l’artista, che oramai vive a Londra da anni con la propria famiglia, afferma che questo suo modo espressivo di mascheramento è indotto da una sua reazione a tutte le forme di discriminazione ed isolamento alle quali è ancora oggi quotidianamente sottoposto, sia come orientale sia come uomo in sé.

Poco importa: lo spettatore, dal suo punto di vista, non può che rimanere affascinato dall’aspetto visionario che caratterizza i singoli lavori fotografici in mostra, sia che si tratti di soggetti fiabeschi sia che riguardi i grandi nomi della storia dell’Impero britannico, l’unico ancora in grado di sopravvivere all’evolversi dei tempi moderni. L’opera d’arte, qualsiasi sia la sua forma espressiva, è comunque l’esternazione di un’idea che nasce, quasi inconsapevolmente, senza necessità di alcuna spiegazione. Il soggetto “altro” è quello che fa sua questa idea che sovente risulta diversa, se non diametralmente opposta, da quello che è l’intento di colui che la crea.

Il pubblico presente all’inaugurazione della mostra, ben curata nei minimi dettagli da Antonio Calbi, Direttore del Teatro di Roma oltre che critico e studioso delle arti sceniche, ha reagito positivamente apprezzando il singolare lavoro dell’artista.

data di pubblicazione 01/10/2015