IL FASCINO INDISCRETO DELL’AMORE (TOKYO FIANCEE) di Stefan Liberski, 2015

IL FASCINO INDISCRETO DELL’AMORE (TOKYO FIANCEE) di Stefan Liberski, 2015

(Festival Internazionale del Film di Roma 2014 – Alice nella città)

Questo film ci porta nel favoloso mondo di Amelie, questa volta in Giappone. Amelie torna a Tokyo dove è nata da genitori belgi e dove ha passato i primi cinque anni della sua vita. Piena dell’entusiasmo dei suoi vent’anni, intraprende nella grande metropoli una nuova entusiasmante vita, cercando di integrarsi al massimo in questa città. L’incontro con Rinri, anche lui ventenne, farà conoscere ad Amelie un Giappone diverso, e quando l’amore impacciato di lui si paleserà con i ritmi propri di quella cultura, ad Amelie non resterà altro che accettare un fidanzamento in regola ed una promessa di matrimonio, anche se l’idea la terrorizza. Tokyo fiancèe, uscito nelle sale italiane con il titolo Il fascino indiscreto dell’amore,  purtroppo però si perde strada facendo: i personaggi potevano essere meglio tracciati ed assumere un caratteristica più peculiare. Mentre sembrano azzeccate le location: Tokyo appare con diverse belle sfaccettature, alcune anche poco patinate ed inedite, fondamentale la scena di repertorio dello tsunami che assume un ruolo fondamentale nel racconto. Consenso del pubblico che sembra aver apprezzato questa love story, una volta tanto non a lieto fine… Ma non basta.

data di pubblicazione 17/06/2015


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AMERICA OGGI di Robert Altman, 1993

AMERICA OGGI di Robert Altman, 1993

Film cult super premiato a Venezia, capolavoro di Altman che ci presenta un’America falsa, indifferente, direi anche molto cinica.

Varie storie si intrecciano (titolo originale: short cuts) tutte brevi ma montate ad incastro come in un complicato puzzle, storie che vanno e vengono e si esauriscono. Le vite interiori che osserviamo ci lasciano sbigottiti, con l’amaro in bocca, e ci danno un volto insolito di questa America del grande benessere sociale. Un quadro tutto americano che valeva più di venti anni fa, quando il film uscì nelle sale, ma che vale esattamente anche per l’oggi di oggi. La sostanza non è cambiata.

Il cast? Tutto di altissimo livello: Anne Archer, Jack Lemmon, Madeleine Stowe, Tim Robbins, Andie MacDowell, Julianne Moore, Robert Downey Jr., Lily Tomlin, Jennifer Jason Leigh,  tanto per citarne alcuni.

Tutto eccezionale tanto che la giuria di Venezia istituì un premio speciale da assegnare all’intero cast.

L’America ci suggerisce a tavola il tacchino, ma la ricetta che proponiamo ha un sapore speciale, non da Thanksgiving: il brasato di tacchino.

INGREDIENTI: una coscia di tacchino già tagliata aperta (per quattro persone)- una cipolla – 300 grammi di funghi champignons – due carote – sale e pepe q.b. – olio d’oliva q.b. – un litro di vino rosso.

PROCEDIMENTO: Fare soffriggere in abbondante olio d’oliva la cipolla insieme alla coscia del tacchino, facendo rosolare bene da entrambi i lati. Aggiungere i funghi e le carote tagliate a pezzetti. Dopo tre minuti di cottura aggiungere il vino rosso, sale e pepe e lasciare cuocere a fuoco medio e a lungo fin a quando il vino non si sarà ristretto, formando una salsa abbastanza vellutata.

Da servire tiepido, tagliando a fette il brasato, anche con un contorno di purè di patate.

MEDITERRANEO di Gabriele Salvatores, 1991

MEDITERRANEO di Gabriele Salvatores, 1991

Quinto film di Salvatores, che a suo tempo riscosse un notevole successo tra il pubblico, e non solo in Italia, tanto da meritarsi un premio Oscar come migliore film straniero.

Al di là della trama, con questo film il regista sembra avviare un nuovo genere italiano, imponendo alla cinematografia nostrana un proprio stile.

Un gruppo di soldati italiani (principali interpreti: Diego Abatantuono, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna, Claudio Bisio, Gigio Alberti) durante il periodo fascista, si trova a presidiare un’isola greca abitata solo da anziani e donne. Tra queste anche la bellissima prostituta Vassilissa (Vanna Barba) la quale fa l’amore con tutti, ma alla fine si innamora del timido e riservato soldato Farina.

Rimasti completamente isolati, non avendo più contatti radio con il resto del mondo, i soldati passano il tempo oziando.

Successivamente, per caso da un pilota costretto ad atterrare sull’isola per una avaria all’aereo, apprendono che Mussolini non è più al potere e che l’Italia viene adesso liberata dagli Americani.

Mentre tutti tornano finalmente a casa, Farina sposa la bella Vassilissa e rimane a vivere con lei sull’isola.

Questo assolato film di Salvatores, dal sapore tutto mediterraneo, ci suggerisce questa ricetta estiva piena di colore: l’insalata di riso.

INGREDIENTI: 600 grammi di riso flora speciale per insalate – un peperone giallo – un peperone rosso – 200 grammi di provolone dolce – 100 grammi di provola affumicata – 300 grammi di pisellini surgelati – 1 scatola di mais – 2 wurstel – 100 grammi di cetriolini sotto aceto – sale e pepe q.b.- olio d’oliva e aceto bianco.

PROCEDIMENTO: Tagliare i due peperoni, il formaggio, i wurstel ed i cetriolini a pezzetti. Bollire il riso con una cottura al dente, scolare bene e lasciare raffreddare.

Aggiungere i pisellini, precedentemente bolliti in acqua salata, il mais e gli altri ingredienti, tutti a freddo e poi condire come una normale insalata con sale, pepe, olio d’oliva ed una spruzzata di aceto. Riporre in una zuppiera e lasciare per qualche ora a riposare in frigo. L’insalata di riso va servita fredda.

IL CARCERE E’ STATO INVENTATO PER I POVERI della Compagnia “In…Stabile Assai”

IL CARCERE E’ STATO INVENTATO PER I POVERI della Compagnia “In…Stabile Assai”

(Teatro Due – Roma, 23 maggio 2015)

Il Teatro, da sempre, è qualcosa che unisce, provoca, denuncia, diverte, cura.

Con lo spettacolo messo in scena dai detenuti di Rebibbia di ieri abbiamo appreso che il Teatro è anche capace di abbattere ogni barriera e di unire chi sta al di qua con quelli che stanno al di là delle sbarre.

La Compagnia nasce da un laboratorio teatrale che l’Associazione Culturale CAPSA Service organizza da qualche anno all’interno della Casa di Reclusione, tra i detenuti comuni, con l’intento di dare voce alle persone che stanno scontando una pena.

Gli stessi detenuti hanno scritto il testo del lavoro ora portato in scena, con la regia di Daria Veronese, composto di brani e poesie letti al pubblico e alternati con una azione scenica che assume spesso un tono divertente e nella stesso tempo realisticamente umano.

Lo spettatore non può fare a meno di essere affascinato da questi frammenti di vita dove non traspare alcuna ombra di astio o aggressività ma al contrario un delicato sentimento di speranza di venir fuori al più presto per abbracciare gli affetti lasciati fuori e riprendere le cose semplici della vita come bere una tazza di caffè al bar.

Qui non c’è spazio per commiserazione, ma semmai com-passione, intesa come condivisione empatica di emozioni comuni.

Un bravo agli attori ed un plauso agli organizzatori all’interno del Penitenziario per aver saputo rendere possibile qualcosa di straordinario e potrei dire finalmente socialmente utile.

 

data di pubblicazione 25/05/2015


Il nostro voto:

TRITTICO FURIOSO-drammaturgia Ricci/Forte, regia di Stefano Ricci

TRITTICO FURIOSO-drammaturgia Ricci/Forte, regia di Stefano Ricci

(Teatro India – Roma, 12/21 maggio 2015)

Al Teatro India di Roma è stato presentato in questi giorni il Trittico Furioso: gli autori, Stefano Ricci e Gianni Forte, propongono questo loro progetto articolato in tre performances, che ci lascia alquanto sconcertati per la cruenta messa in scena che, in maniera mai ripetitiva, riesce a gestire l’intensa durata della narrazione senza mai allentare la tensione emotiva nello spettatore.

I tre lavori sono uniti tra di loro da un sottile, quasi impalpabile, fil rouge che comunque ci porta a riflettere sull’attuale condizione umana in cui tutti noi, in maniera più o meno cosciente, ci troviamo coinvolti.

Ciò che ci viene proposto non è solo un’azione mirata e studiata volta alla dissacrazione, fine a se stessa, di luoghi comuni, ma l’abbattimento di tabù ancestrali che ci portiamo dentro, da adulti, in ogni cellula del nostro corpo: una sorta di mondo a sé geneticamente manipolato e alieno alla nostra stessa natura.

Ci arriva quindi da Ricci/Forte un suggerimento per una maggiore presa di coscienza di quello che siamo, ma anche di quello che vorremmo essere. Ad alcuni di noi rimane, per le frustrazioni accumulate, il desiderio di un ritorno verso una protezione totale, oramai persa, che possedevamo solo nel grembo materno quando nuotavamo felici nel liquido amniotico e quando l’universo ci apparteneva veramente, perché eravamo nello stesso tempo parte di esso ma fuori dagli schemi spazio temporali, in una sorta di sospensione totale.

Noi oggi siamo qui, fatti di carne e sangue, nella pura illusione e mistificazione della realtà,  circondati da tante cose che affollano i nostri spazi e che dovremmo usare con attenta parsimonia prendendone, nel contempo, debita distanza. Ed ecco che la scena che ci viene proposta utilizza non solo la plasticità dei corpi nudi degli attori, ma principalmente la parola ed i loro gesti per trasmetterci un messaggio di assoluta disperazione.

Ora noi siamo soli e l’amore, in qualsiasi forma manifestato, sfugge alla nostra portata perché sopraffatto da un uso bulimico del sesso mordi e fuggi, che alla fine ci lascia più delusi che mai. La discriminazione sessuale, l’odio irrefrenabile che sfocia in forme di violenza omofobica, è il tema conduttore del primo lavoro Still Life, quasi un omaggio alla memoria di quello studente gay che si è ucciso a Roma impiccandosi con una sciarpa rosa, colore che per antonomasia da sempre, come ci insegnano, è il colore della femminilità, precluso ad un vero uomo.

Mediante utilizzo di un simbolismo esasperato e dissacrante della realtà ci sforziamo di ricercare una nostra propria individualità e la scoperta di un sincero amore. Proprio questo è il tema suggerito dal secondo lavoro Macadamia Nut Brittle. Macadamia è il gusto del gelato della Haagen Dasz che i nostri protagonisti mangiano avidamente mentre raccontano, con un notevole carico di aspettative, di un intenso ed eccitante incontro sodomizzante con un fantomatico chat buddy da 24 centimetri, nell’illusione di aver finalmente trovato il compagno di vita per sempre.

Il duo Ricci/Forte, accanto all’uso sfrenato e narcisistico dei corpi in plurimi amplessi omosessuali, utilizza spesso i mezzi espressivi della pop art: ed anche se non abbiamo le confezione colorate delle zuppe Campbell’s, la sostanza non cambia di fronte a vassoi di muffins da allineare e sistemare metodologicamente, che poi andranno distrutti con furia incontrollata.

Il tema della discriminazione ritorna, sia pur in forme diverse, nel terzo lavoro: Imitationofdeath, scritto senza spaziature, dove la morte diventa l’estremo elemento di diversificazione. Anche qui i corpi nudi sembrano desiderosi di scrollarsi di dosso carne e pelle per anelare a qualcosa di più liberatorio.

I quadri plastici proposti, che dal buio della scena vengono ad animarsi per brevi istanti sotto luci accecanti, ci spingono ad una completa alienazione da qualsiasi forma reale. I nostri pensieri, anche i più banali, vengono tirati fuori con forza dalle nostre menti attraverso un sapiente gioco di chiaroveggenza.

Il duo Ricci/Forte è oggi considerato uno tra i più significativi esempi di una nuova forma di drammaturgia, raro esempio di espressione che utilizza veramente un linguaggio universale, capace di trasmetterci la disperazione dell’uomo di oggi nell’affrontare il quotidiano, attraverso la ricerca costante di venirne fuori.

Ottimo il cast che ha dato prova di assoluta padronanza dell’azione scenica, anche in momenti di estremo sforzo fisico ed espressivo.

data di pubblicazione 22/05/2015


Il nostro voto: