SDISORÈ di Giovanni Testori, regia di Gruppo UROR

29 Set 2025 | Accredito Teatro

Immagine tratta da cartella stampa

con Evelina Rosselli, maschere e marionette di Caterina Rossi

(Teatro Elfo Puccini – Milano, 17 settembre 2025)

L’Orestea riscritta da Giovanni Testori arriva a Milano nella versione di Gruppo UROR. Lo spettacolo, ospitato a Hystrio festival, ha per protagonista Evelina Rosselli nel ruolo del Monologante. Una scena ridotta all’essenziale, una parola che illumina l’oscurità e le maschere e le marionette di Caterina Rossi a definire i personaggi della tragedia.

Per inquadrare meglio questo spettacolo è necessaria un’introduzione di carattere storico. Non solo tenendo conto del passato, ma anche di avvenimenti più vicini a noi. Testori scrisse sdisOrè nel 1991 pensandolo addosso a Franco Branciaroli. Aveva già scritto per lui una trilogia e di nuovo, dall’ospedale San Raffaele nel quale era ricoverato (l’autore sarebbe morto due anni dopo), approntava la seconda lista di personaggi destinati all’attore che tanto lo aveva ispirato. Personaggi che reinventano il mito classico in una scrittura originale, soprattutto linguistica, con il dialetto lombardo a fare da base al ricco tessuto espressivo. Nasce così un Oreste diverso e popolare, trasformato nel suo negativo per via di quel sdis- prima dell’Orè che sta a dire qualcosa di impensabile nella tragedia primitiva. La soluzione al dramma, infatti, non si trova nella giustizia ripristinata con la vendetta del padre assassinato, ma con la richiesta di perdono in virtù del matricidio commesso. E il perdono, parola assente nel vocabolario greco, è sinonimo di ricongiunzione, di unità. Quella che Testori vede nel Cristo e che invoca per tutti gli uomini.

Gruppo UROR

È stato in occasione della celebrazione dei cento anni dalla nascita di Giovanni Testori che le artiste di Gruppo UROR hanno conosciuto l’autore. E, come loro, anche tanti altri giovani talenti della scena attuale. Questa versione di sdisOrè nasce a Pesaro nel 2024, nell’ambito di alcune iniziative testoriane promosse da Antonio Latella e da Gilberto Santini, direttore di AMAT (produttore dello spettacolo insieme a PAV). Il testo, tra i meno rappresentati della produzione drammaturgica testoriana – la precedente edizione, firmata da Frongia-Bruni, ha debuttato proprio all’Elfo Puccini nel 2003 – è la prima volta che viene messo in scena da una donna. E ora è arrivato finalmente a Milano, inserito nella programmazione della quarta edizione di Hystrio Festival, l’importante vetrina della nuova scena under35 a cura del trimestrale di teatro e spettacolo.

Evelina Rosselli e Caterina Rossi si sono conosciute e formate a Roma, dove nel 2019 hanno dato vita al Gruppo UROR. Il nome prende spunto da un verbo latino che in forma riflessiva significa “io sono arso”. Infiammate dalla passione per l’arte o, per fortunata coincidenza, dal fuoco acceso dalle parole incandescenti del pezzo tragico che portano in scena, l’adattamento sposa in pieno molte delle idee che Testori aveva codificato per il teatro.

lo spettacolo

Tutto si origina e tutto si disfa nel buio. L’assenza di luce richiama quel ventre oscuro dove prende forma la tragedia, che in Testori è sempre un’azione monologante. Perché si sta soli davanti al dramma dell’esistenza. La scena è spoglia, appena rischiarata da deboli ma mirate luci (il disegno delle luci è affidato a Camilla Piccioni, mentre le atmosfere da incubo sono amplificate dal suono di Franco Visioli). L’azione drammatica, affidata alla parola e al corpo di Evelina Rosselli, brilla in contrasto all’essenzialità e alla pulizia dell’allestimento. Il Monologante, l’angelo e lo spirito stesso del teatro, ha il compito di interpretare tutte le parti della tragedia, ridotte a quattro. La soluzione di renderle visibili in scena per mezzo dell’utilizzo di maschere e marionette, create dalla mano artigiana di Caterina Rossi con una speciale plastica modellata con il calore, è semplicemente geniale. E rende comprensibile il testo, spremendone tutto quello che di grottesco contiene, immobilizzando i personaggi nella specifica caratteristica che contraddistingue ognuno di loro. Clitennestra, verde dal disgusto, e Oreste dai grandi occhi iniettati di rabbia sono le maschere. Egisto, insignificante insetto, ed Elettra, dall’espressione colma di tristezza, le marionette. A ogni personaggio una sfumatura vocale diversa.

Teatro di figura, quindi, come marca di stile ma unicamente finalizzato a un uso narrativo. Ben si sposa con il concetto teorizzato da Testori nel manifesto del suo teatro dell’attore immobile, pura parola. Un principio che utilizzerà negli anni ’80 quando sarà regista di due brani alfieriani, il Filippo e, neanche a dirlo, l’Oreste.

Solo la parola serve a dare forma al dramma del personaggio. Che poi anche il personaggio è un orpello. L’uomo è il vero protagonista. Ecco perché quando la Rosselli smette le maschere e le marionette e rimane sola attrice in scena, questa tragedia ci appare più vera, più umana, più nostra. Ed ecco perché, forte come lo scampanio proveniente dal reiterarsi onomatopeico della sillaba -don staccata dalla parola “perdono”, il messaggio di unità arriva quantomai chiaro e necessario.

data di pubblicazione:29/09/2025


Il nostro voto:

1 commento

  1. È un piacere leggere una recensione così lucida, capace di restituire non solo gli elementi tecnici e stilistici dello spettacolo, ma anche l’urgenza e la necessità del messaggio testoriano, oggi più che mai attuale: un invito alla riconciliazione, all’unità, all’umano.

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