MAGIC IN THE MOONLIGHT di Woody Allen, 2014

MAGIC IN THE MOONLIGHT di Woody Allen, 2014

L’eterno dilemma tra ragione e sentimento è Il condimento del film servito in sala da Woody Allen, che, come tutti i grandi chef, rimescola i suoi ingredienti preferiti: dialoghi serrati spruzzati di ironia conclamata, personaggi quasi caricaturali nel loro farsi icone delle posizioni contrapposte, attori in splendida forma che sarebbe un piacere ascoltare e guardare anche se stessero recitando la lista della spesa, ambientazione d’epoca con gustosi paesaggi e costumi d’epoca curati fino nel particolare più minuzioso, cornucopia di citazioni colte e raffinate destinate a lasciare al buio la stragrande maggioranza degli spettatori ma offrendo loro l’ancora di salvezza dell’identificazione con l’altrettanto inconsapevole protagonista. E la magia a cui cedere e credere non è solo quella dell’amore (e non ci vuole molto ad innamorarsi di un uomo come Colin Firth! ndr) ma quella del cinema di un autore che, con tutti gli ingredienti menzionati, ci incanta lasciandoci imbambolati a sorridere per tutto il film. E il retrogusto della riflessione arriva solo il giorno dopo, quando in bocca si sente un sapore un po’ qualunquista e maschilista nel rappresentare vincente, in amore, una donna che sia più giovane, furbetta, ignorante e forse per questo più spensierata di quella che si aveva già accanto. Da vedere, rigorosamente, in lingua originale.

 data di pubblicazione 5/12/2014


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DUE GIORNI UNA NOTTE di Luc e Jean-Perre Dardenne, 2014

DUE GIORNI UNA NOTTE di Luc e Jean-Perre Dardenne, 2014

(Festival di Cannes  –  In Concorso)

Alla supplica di morettiana memoria, Dì qualcosa di sinistra, rispondono splendidamente i Fratelli Dardenne, con il loro film Due giorni una notte, ovviamente parlando di sinistra in senso astratto, pensando in particolare ad una parola come solidarietà. Lineari, nelle tesi esposte e nelle rappresentazioni, limpidi, oserei dire, misurati nella realizzazione ma ricchissimi, come sempre, nel risultato (con l’aiuto di una splendida Cotillard!), i Dardenne restringono le dimensioni spazio- temporali della narrazione, circoscrivendole a due giorni e una notte e allo spazio fisico e umano dei colleghi della protagonista, per dilagare e penetrare in profondità nelle pieghe della nostra società, della condizione del lavoro e dei lavoratori, ma, soprattutto, della persona, che è e deve essere, contemporaneamente, pianeta che ruota su stesso ma anche attorno ad altre stelle, parte di un sistema solare. Il quadro dipinto ci restituisce la triste immagine di una condizione, di un universo, quello lavorativo di una società ormai perennemente in crisi, economica, finanziaria e valoriale, in cui alla persona viene richiesto, dalla situazione, di scegliere tra l’essere singolo e l’essere membro di una comunità, tra la propria salvaguardia (in termini minimi, lavorativa, di sussistenza, sopravvivenza) e il famigerato bene comune, il bene di un altro membro della comunità. Quella che i telegiornali chiamerebbero una guerra tra poveri, e che invece i Dardenne ci restituiscono come una lotta, una battaglia personale, con se stessi, le proprie debolezze, paure, malattie, in un percorso che diventa scoperta di dialogo con l’altro, di conoscenza delle miserie altrui, di solidarietà trasversale o di rifiuto. E ciò che conta, alla fine, è semplicemente “aver preso parte”. Libertà è partecipazione, cantava Gaber. Assolutamente da non perdere.


data di pubblicazione 15/11/2014


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STONEHEARTS ASYLUM di Brad Anderson

STONEHEARTS ASYLUM di Brad Anderson

(Festival Internazionale del film di Roma 2014 – Mondo Genere)

Evidentemente il Festival del film di Roma ha un rapporto speciale con l’isteria femminile, visto che nel 2011 c’era in concorso il film Hysteria, ambientato nel 1883 , e quest’anno la scena iniziale di  Stonehearst Asylum, ambientato nel 1899, si apre con la presentazione di un caso di isteria femminile. Ma la coincidenza non deve stupire, vista l’epoca di ambientazione di entrambi i film, alle soglie di quel nuovo secolo che porterà, tra le sue più grandi esperienze, quella della psicoanalisi, di Freud e tutto ciò che ne seguirà. Ma il caso femminile analizzato in apertura è una sorta di prologo che ci trasferisce poi nell’oscuro, inquietante e nebbioso Stonehearst Asylum. Avremo a disposizione un eroe e un’eroina per cui fare il tifo, scopriremo subito che i buoni sono cattivi e i cattivi quasi tutti buoni, ci lasceremo cullare da un racconto ritmato, ben recitato, senza particolari punte o meriti, che però si lascia seguire volentieri fino all’epilogo finale, che ci riporterà, per un secondo, in quell’aula universitaria da cui tutto era partito. Ben Kinsley e Michael Caine valgono da soli il biglietto.

data di pubblicazione 26/10/2014








STONEHEARTS ASYLUM di Brad Anderson

PHOENIX di Christian Petzold

(Festival Internazionale del film di Roma 2014 – Gala)

Nelly torna a Berlino con i segni dell’orrore della storia sul volto, l’orrore di Auschwitz che la trasfigura.  L’operazione di chirurgia plastica che le restituisce un nuovo volto gioca con la questione dell’identità, quella di una nazione, di un popolo, quello tedesco, che si trova anch’esso, dopo la guerra, ad dover affrontare la deturpazione del proprio volto, della propria identità, anche nel suo essere e riconoscersi carnefice. Integra è invece l’identità di Nelly che però si trova di fronte alla cecità (a tratti inverosimile) di un marito che ora non la riconosce nella sua nuova pelle. Ma per intascare l’eredità della moglie che presume morta, decide di trasformarla a sua immagine e somiglianza, suscitando immancabilmente nello spettatore l’eco di un Vertigo d’annata. Raffinato racconto anche se mancante di ritmo, che si conclude con una piccola perla, la bellissima Speak Low di Kurt Weil.

data di pubblicazione 26/10/2014








STONEHEARTS ASYLUM di Brad Anderson

ANGELS OF REVOLUTION di Aleksei Fedorchenko

Angeli con tanto di ali di piume che sbucciano patate, una mostra di pittura suprematista, il commissariato del popolo per il cielo, il cinema proiettato sulla scia di fumo di un falò: suggestioni del cinema poetico di Fedorchenko, questa volta al servizio della storia, del racconto del tentativo di collettivizzazione sovietica del Karym, nel 1934. Le immagini,  selezionate per la loro valenza simbolica e poetica e confezionate con la consueta maestria cui il maestro russo ci ha abituato, si imprimono, come scene pittoriche, negli occhi e nel cuore dello spettatore, lasciandolo intento ad assaporare la poesia, la pittura, e anche parte di una storia poco conosciuta, raccontata con l’ironia e l’atteggiamento di chi guarda ad un passato che sembra lontanissimo, in cui affonda comunque le radici l’arte stessa del regista.

data di pubblicazione 26/10/2014