LE INDAGINI DI LOLITA LOBOSCO – Serie TV Rai Uno e Raiplay

LE INDAGINI DI LOLITA LOBOSCO – Serie TV Rai Uno e Raiplay

Dopo aver lavorato a Legnano per cinque anni, il/la vice-questore Lolita Lobosco torna a Bari a dirigere la sua squadra, composta da soli uomini. Secondo gli autori sceglie di restare se stessa, non reprime il suo fascino e combatte la malavita e i pregiudizi.

 

 

Non sono per indole portato alle stroncature verso libri, film o sceneggiati che siano, come, in generale, nella vita. C’è tanto di bello che trovo inutile seguire cose che non catalizzino il mio interesse o peggio trasmettano emozioni negative. Ma, c’è sempre un “quando- ci- vuole- ci- vuole” come si giustificò quel cappellano dopo una bestemmia allorché fu colpito nei santissimi gabbasisi da una pallonata. La pallonata, per analogia, mi è stata inflitta da Rai Uno con la visione delle mortificanti, sconclusionate e banali, Indagini di Lolita Lobosco, ennesima serie che “più nazional popolare non si può” di recente ammannitaci in ben quattro episodi (ma, visto il successo destinata purtroppo a proseguire!). Chiarisco: ho dovuto vederla per una sola ragione. Si svolge a Bari (che ben conosco avendoci vissuto), e amici e parenti me l’hanno caldeggiata, quo ante, ovviamente. Come tutti sapete, le fiction tv sono ormai il terreno preferito per la caccia all’audience delle reti generaliste. Commissari, che a volte diventano vice-questori, carabinieri e carabiniere, ispettori /trici, magistrati e avvocati, assistenti sociali e malavitosi proliferano in tv più dei conigli, a volte, con conseguenze assai più devastanti. Ma torniamo alle ragioni della stroncatura che “rara avis” non fermerà certo il successo della serie. A proposito leggo su uno dei periodici esposti nelle edicole che la protagonista della serie, Luisa Ranieri “è la nuova Sophia Loren?” facendomi sorgere più di un dubbio sull’ordine dei giornalisti. Puntualizzo: la signora in questione, esordì nello splendore dei vent’anni e in virtù di un rigoglioso seno in un indimenticabile carosello (Anto’ fa’ caldo!), tra i suoi meriti c’è quello di essere sposa e madre dei figli del Commissario Montalbano, alias il simpatico Zingaretti, certamente una bella donna, purtroppo già incapace di recitare in italiano, meno che mai, nell’improponibile dialetto barese impostole dalla produzione (Lino Banfi sembra Gassman in confronto!). La meschina, la Lobosco della serie, dopo un soggiorno di cinque anni in terra di Lombardia, torna nella sua Bari e parla peggio dei suoi concittadini, è issata su tacchi vertiginosi e flirta con presunti indagati. La circondano macchiette da avanspettacolo tra cui si salvano i soli attori realmente pugliesi (la brava Lunetta Savino su tutti). Ma se la protagonista lascia a desiderare, peggio fanno gli sceneggiatori con dei plot che sembrano scritti da Paperino e direi che il de-merito maggiore va ascritto all’autrice dei romanzi (?), tale Gabriella Genisi (da Mola di Bari) che-beata lei- dichiara di vivere tra Bari e Parigi capace di pubblicare (prima da Marsilio-Sonzongo ) e far trasporre in sceneggiati Rai le sue deplorevoli stupidaggini che non sono né gialli né romanzetti rosa (persino Moccia in confronto sembra Shakespeare!). Tra le perle della mini-serie ne segnalo per decenza solo alcune: i baresi sono dei trogloditi, parlano ancora tutti col Voi fascista; in questura non c’è un poliziotto che parli italiano: il vice questore si muove su una Bianchina degli anni sessanta o si fa portare su un triciclo a motore; le magistrate sono a livello di Barbara D’Urso… Cosa salvare allora? Beh qualcosa da salvare c’è sempre, come insegna De Andrè (è dal letame che nascono i fiori!). Per esempio? i droni che riprendono il meglio della città e gli ameni luoghi circostanti di Bari e provincia. Qualche buon caratterista e qualche ricetta gastronomica. Veramente poco per una serie che può attrarre solo concittadini di bocca buonissima. I primi colpevoli di questa triste messinscena de-meritano di essere citati, in primis i produttori, Barbagallo, Rizzello e, si spiega, Luca Zingaretti (consorte della Ranieri), poi il regista, Luca Miniero, nonché gli sceneggiatori o presunti tali, Gaudioso, Gambaro e Reale, …della scrittrice già dissi . Se ne sconsiglia vivamente la visione!

data di pubblicazione:21/03/2021

NOTIZIE dal MONDO di Paul Greengrass – NETFLIX, 2021

NOTIZIE dal MONDO di Paul Greengrass – NETFLIX, 2021

Siamo nel 1870 in terra d’America (leggi selvaggio West). Il Capitano Jefferson Kyle Kidd tra i pochi in grado di leggere, si guadagna da vivere riportando le notizie scritte sulle differenti testate americane vagando di città in città. Vorrebbe tornare a casa, ma una bambina, sopravvissuta ad una strage, ad opera di bianchi, in un campo Kiowa , gli viene affidata. Essendo di buoni e onesti sentimenti, il nostro se ne fa un punto d’onore nel portarla con sé e proteggerla. Riuscirà nell’impresa?

 

Devo confessare che amo i western tout court, con una netta preferenza per quelli che una volta venivano definiti “classici”, per intenderci, Ombre Rosse, L’Uomo che Uccise Liberty Valance, Sentieri Selvaggi. Quest’ultimo citato non a caso, perché, Notizie dal Mondo del regista inglese, Paul Greengrass (un nome tanto particolare da apparire falso!), senza farne un remake, mutatis mutandis, in qualche modo lo evoca, naturalmente senza essere John Ford (il Titano: quello che sta al western come Shakespeare al teatro)!

Come si sa- Andrè Bazin docet – il western è il genere di eccellenza della cinematografia USA. Dall’epoca del muto ad oggi, con rare eccezioni, tutti i registi più famosi e anche molti attori hanno diretto film ispirati alla Frontiera americana. Naturalmente il genere si è evoluto, passando dal mero intrattenimento, seppure di eccelso livello, ad una maggiore introspezione degli avvenimenti anche in chiave di revisionismo storico. Non è ovviamente questa la sede di una dissertazione critica sul genere chiaramente in costante declino da molti anni, ma quello che va rimarcato è il periodico rarefatto apparire, ancora oggi, di buoni western, con alcune eccellenze (Gli Spietati di Clint Eastwood, ad esempio). Come collocare allora la pellicola di Greengrass in visione dal 10 febbraio su Netflix? Un prodotto onesto e godibile, ma niente di più. Perfetto nella rappresentazione delle desolate location, curatissimo nei dettagli e nella scelta degli attori: Tom Hanks, asciutto e misurato nelle vesti di un capitano Kidd, forse disilluso, ma ancora capace di “fare la cosa giusta”e la deliziosa, bravissima, Helena Zengel, capelli biondi e occhi azzurri capaci di intenerire anche Erode…nel personaggio-cardine della vicenda, Johanna/Cicada. La storia che in nome del politicamente corretto non si può raccontare nel dettaglio (odio la parola, spoiler!) ha una sua e desta pure qualche emozione, ma, quello che manca a farne un gran film è la mancanza di estro, il coraggio formale artistico. Notizie dal Mondo, va avanti piatto, troppo generico nel suo semplice raccontarsi, senza mai un vero colpo di scena capace di sorprenderci. A dirla tutta è soffuso di buonismo, pieno di battute che suonano artefatte, generiche, troppo sentimentali. Però, onestamente, non è che sia molto di meglio sui diversi network, quindi credo ci si possa accontentare e godere anche di questo piccolo western.

data di pubblicazione:12/02/2021


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AUTOBIOGRAFIA di PETRA DELICADO di Alicia Gimenez-Bartlett – Sellerio editore

AUTOBIOGRAFIA di PETRA DELICADO di Alicia Gimenez-Bartlett – Sellerio editore

Petra Delicato, ispettore/trice della polizia di Barcellona, decide di prendersi una vacanza dal crimine e si rifugia in un convento di suore in Galizia sentendo l’esigenza di raccontare il suo vissuto: famiglia, studi, scelte di vita, amori, conflitti.

Chi già conosce Petra Delicado, abile e brusca poliziotta catalana, creata dalla fantasia di Alicia Gimenez-Bartlett, potrà, forse, trovare inutile la biografia in questione, priva com’è di quelle indagini poliziesche e di quello humor che ne avevano caratterizzato i primi undici episodi, decretandone un meritato successo su scala europea. Si tratta infatti, papale- papale, del racconto autobiografico, narrato in prima persona, che la stessa Petra ci fa della sua vita, senza omissioni di: contesto familiare, studi, matrimoni, divorzi, insomma, una sorta di tutto- quello- che- avreste- voluto- sapere di e su Petra! Anche perché, già, nei precedenti undici racconti molte delle notizie ci erano state fornite e, inserite come flash back o vissute in presa diretta, avevano, probabilmente, un ben altro sapore, rispetto a una semplice ricostruzione temporale. Però, per chi non conosce il personaggio, questa “autobiografia” può costituire un buon viatico verso la comprensione di una donna-poliziotto (la prima moderna dopo Miss Marple) da leggere e amare nella serie poliziesca originale di ben altro impatto. Oggi, scrittori sceneggiatori, persino ex politici, tutti si cimentano nel genere poliziesco, giallo, thriller, noir o come vi aggrada chiamarlo; gli esiti, ovviamente, non sempre sono felici. Dopo, tenenti, detective, commissari, vice-questori, quasi tutti uomini, di recente si è assistito alla proliferazione di donne investigatrici, carabiniere, PM, e quant’altro, ma, tocca dirlo, l’antesignana di tutte è stata proprio lei, la nostra Petra, cazzuta, onesta, proto femminista, nell’occasione, descritta come donna che ha sempre rivendicato la propria indipendenza da figlia, da moglie, da avvocato prima e poliziotta poi. La finta biografia permette naturalmente alla Gimenez-Bartlett di parlare di tante cose (la Spagna franchista, la religione, la Barcellona dei tempi andati, il concorso di polizia, il cibo, l’amore ,il sesso…) e questo lo fa da par sua.

Non si può negare, infatti, che al di là di un senso di già noto e la carenza di autentici colpi di scena, il libro è ben scritto, e specie nelle pagine dedicate alla costruzione e distruzione degli amori della volubile Petra si fa leggere con interesse e partecipazione ( certo maggiore da parte di un pubblico femminile). Dulcis in fundo, le domanda che sorgono spontanee , possono essere: si sentiva il bisogno di un episodio del genere nella già felice saga della investigatrice catalana? Si tratta di una astuta scelta imposta dalla casa editrice? Nasce dettata dalla mancanza di una vera spinta creativa? ( è certamente più facile una biografia che inventarsi una intrigante trama “gialla”) Ai “ poster”, come direbbe il grande Frassica l’ardua risposta, intanto sappiate che – critiche a parte-

Il libro viaggia comunque da settimane nella lista dei più venduti del nostro paese.

data di pubblicazione:12/02/2021

CI STIAMO PREPARANDO AL MEGLIO di Canio Loguercio – Squi(libri) edizioni

CI STIAMO PREPARANDO AL MEGLIO di Canio Loguercio – Squi(libri) edizioni

Non è un film, non è un libro, la recensione riguarda un album musicale (nello specifico nella forma di un CD), ascrivibile- si dice così- al versante “canzone d’autore” (difficile peraltro che ci siano canzoni che nascano spontaneamente…). Il personaggio in questione, ha un nome che farebbe pensare al brigantaggio meridionale o alla filibusta: Canio Loguercio. Naturalmente è tutt’altro: architetto, compositore, poeta, cantante, teatrante, apprezzato e premiato negli ambiti più raffinati della canzone popolare di casa nostra.

Il Premio Tenco, la rassegna sanremese, nata in contrapposizione al Festival della Canzone del Teatro Ariston , con il proposito di valorizzare i migliori autori e interpreti italiani e stranieri, lo ha giustamente premiato per il suo precedente lavoro, Canti, Ballate e Ipocondrie D’Ammore, del 2016. Da allora, l’artista, originario della provincia di Potenza ma decisamente intriso di calore e colori in salsa partenopea, ha continuato nel suo percorso creativo, ora con il teatro-canzone, ora con la riproposizione di pezzi di altri autori (su YouTube gira una azzeccata versione de La Compagnia di Lucio Battisti), per approdare all’album in questione, uscito da poco per l’etichetta “squilibri”. In un momento difficile per tante cose e quindi anche per la discografia, è interessante vedere il nascere di piccole etichette che si sforzano di valorizzare talenti altrimenti destinati a pochi estimatori. I due album di Loguercio per la combattiva, Squilibri vanno nella direzione di realizzare due ottimi prodotti di buona autentica canzone popolare nella migliore accezione del termine, oltretutto accompagnati da una confezione sontuosa (libretto, illustrazioni, testi e quant’altro…). Ci Stiamo Preparando Al Meglio contiene 10 pezzi , 5 interamente scritti e cantati da Loguercio ( almeno due di assoluto livello interpretativo), una cover di Guccini (Incontro, a mio parere l’episodio meno riuscito), una meravigliosa ,appassionata rivisitazione rielaborazione di Lacreme Napulitane intitolata Mia Cara Madre, un brano scritto da Loredana Ognibene (Quando Vedrete Il Mio Caro Amore), uno di Cordiferro e Cardillo (Core Ingrato), e Luntano Ammore , scritto con De Rosa e Caiano, già apparso in un precedente album , ma qui in una versione arricchita da una appassionata interpretazione e dalla voce di Flo. Riconosciuti i crediti ai “collaboratori” del nostro (tutti correttamente citati nel ricco packaging), torniamo al prodotto in quanto album di canzoni. Dico subito che un brano come Ci Stiamo Preparando Al Meglio, è un pezzo che – come direbbero i ggiovani – spacca! Ritmo, arrangiamenti, testo intelligente e suadente, coretti intriganti, ne fanno un brano che non sfigurerebbe in una hit ( giusta un’eco di Max Gazzè). Ma, fortunatamente, c’è dell’altro: In Un Punto Lontano, la vena drammatica nel confronto di due amanti è ben resa dalle voci di Loguercio e Giovanna Famulari. Una tromba sottolinea opportunamente il tema straziante di Chissà Cos’è, testo poetico su melodia tradizionale. Con, Quando Vedrete il Mio Caro Amore, il pensiero corre a una triste canzone in stile Tenco. Tra i migliori episodi dell’Album, Core Ingrato, versione sofferta di uno dei classici della tradizione napoletana, trova Loguercio al suo meglio nella sua struggente riproposizione. La stessa che ritroviamo in Mia Cara Madre, già citata come libera rielaborazione dello storico brano che Libero Bovio scrisse nel 1925, vero caposaldo dello stile teatrante di Canio Loguercio, di cui tutto il disco è fortemente impregnato. In tempi di Trap e altre “bojate” fate un bel respiro e provate ad ascoltare e ad immergervi nelle ora strazianti, ora delicate , ma sempre poetiche e ispirate canzoni di questo riuscito album di Canio Loguercio, al cui plauso vanno accumunati i numerosi amici ,cantanti e musicisti, che hanno partecipato al progetto.

data di pubblicazione:08/01/2021

OMBRE ROSSE di John Ford – USA, 1939

OMBRE ROSSE di John Ford – USA, 1939

Un variegato gruppo di persone si mette in viaggio su una diligenza che va da Tonto a Lordsburg. Sulla strada ci sono gli Apaches di Geronimo. Ognuno dei componenti, più Ringo che è salito durante il tragitto, ha buone ragioni per raggiungere la meta. Non tutti ce la faranno, ma John Ford avrà diretto il più famoso western di tutti i tempi.

Anche i più autorevoli e severi critici del mondo hanno dovuto riconoscere che, Stagecoach, da noi, una tantum, sapientemente re-intitolato Ombre Rosse, è uno dei film più importanti di tutta la storia del Cinema. Il capolavoro assoluto, di un Maestro, quale è stato John Ford, certamente il più grande “westerner” di sempre. Un Titano, personaggio e uomo, immensi allo stesso tempo. Alla domanda di Peter Bogdanovich su chi fosse e se si sentisse onorato di essere considerato un grande cineasta rispose, umilmente: mi chiamo, John Ford e faccio western! A proposito dei film sull’ovest americano, appunto, il West, per anni è circolata la falsa e banale affermazione che si trattasse di mero intrattenimento, robe di sparatorie e cavalli, cow boys e indiani.

Considerazioni banalmente contenutistiche avevano isolato il genere in una sorta di ghetto culturale, privilegiando invece opere che spesso avevano il solo merito di trattare rozzamente temi civili e politici; rozzamente, perché spesso tali opere erano prive di qualsiasi spessore , mancavano di quella ambiguità, di quella polivalenza di significato, di quella fresca inventiva che, da sempre, sono i connotati del grande cinema. Poi arrivò Andrè Bazin, riconosciuto come uno dei più autorevoli critici cinematografici di ogni tempo e dove e le cose, allora, cambiarono…Più o meno le sue considerazioni furono che il western era il solo genere cinematografico le cui origini si confondevano con quelle del cinema. Esso, pur subendo continuamente influenze estranee (quelle del romanzo giallo, della letteratura poliziesca o delle preoccupazioni sociali contingenti, etc) ha resistito imperterrito, e, citando sempre Bazin, si può dire che queste contaminazioni hanno operato su di esso come un vaccino. Dato al Western il giusto riconoscimento e dovendo eleggere a campione del genere un solo film a testimonianza della sua eterna giovinezza, fra i tanti capolavori (anche di Hawks, Mann, Walsh…) la scelta non poteva che cadere su Ombre Rosse di John Ford. Anni fa, Tullio Kezich in un articolo sulla Repubblica, accostava il film alla Divina Commedia, per l’universalità dei temi, i panorami, la drammaticità degli schemi, la sfaccettatura dei personaggi, concludendo che in Dante c’era tutto e così in Ford. Chiaramente, una simpatica provocazione: certo che John Ford non è Dante ma anche vero che su quella diligenza c’era già molto della storia del cinema… Più umilmente, ma tornando al film tout court, aggiungerei fra i pregi di Ombre Rosse e in generale del cinema di Ford, vanno indicati,- l’efficacia del montaggio ( basterebbe la scena in cui il telegrafista dice: la linea si è interrotta…l’ultima parola era:…Geronimo!), -la preziosità della fotografia (per la prima volta la maestosità della Monument Valley ),- la bravura degli attori: l’allora semi sconosciuto John Wayne (Ringo Kid, fortemente voluto da Ford al posto di Gary Cooper che piaceva ai produttori ), Claire Trevor ( Dallas, prostituta dai buoni sentimenti), John Carradine ( Hartfield, il gentiluomo del Sud, memorabile la sua ultima frase, prima di morire: quando vedrete il giudice Greenfield…), ma anche Thomas Mitchell ( il dottor Boone, sensibile alla bottiglia ma ricco di umanità).Sono, inoltre, talmente puntuali, e mai scontate, tutte le caratterizzazioni che tutti altri attori comprimari meriterebbero la citazione. Il film non ve lo racconto, ma confidando che almeno una volta (magari non al cinema ma in TV) tutti abbiano visto (Paolo Conte diceva che “le donne non amano i western, come il Jazz…”), riferisco solo che all’origine, l’idea dello script c’era una novella di Maupassant, Palla di Sego (un banchiere può valere meno di una prostituta!), traslata in un romanzetto western, La Diligenza per Lordsburg di Ernest Haycox pubblicato nel 37. “E’ una buona trama!” disse Ford e così ne fece la trasposizione cinematografica.

Nell’ultima inquadratura (Ringo e Dallas, autorizzati dallo sceriffo fuggono verso il Messico) il buon doc commenta:” così si sono salvati tutti e due dalle delizie della civiltà…!”

Io, ragazzino, dopo oltre un’ora e mezza immerso nella penombra di un cinema di Matera (con mio nonno, credo) guardavo lo spettacolo della vita umana ridotta a un microcosmo avventuroso. Ancora oggi, ricordando i destini di quei cari personaggi con la palpitazione della prima volta so che quel film mi avrebbe assorbito per tutta la vita!

data di pubblicazione:14/11/2020