PRESENTAZIONE SPETTACOLI STAGIONE 2018/19 DEL TEATRO VASCELLO

PRESENTAZIONE SPETTACOLI STAGIONE 2018/19 DEL TEATRO VASCELLO

(Teatro Vascello – Roma, 28 giugno 2018)

Stagione numero ventinove per il teatro Vascello di Roma, che conferma anche quest’anno la sua caratteristica di proporre un cartellone multidisciplinare, di prosa, danza, musica e di serate uniche e imperdibili quali sono quelle del “doppio assoluto”, dove stili e linguaggi diversi si fondono in uno stesso spettacolo. Tanti i titoli e altrettanti i nomi degli artisti che si alterneranno in palcoscenico a partire dal prossimo 12 settembre: da Monica Guerritore a Sonia Bergamasco, da Valter Malosti a Massimo Popolizio, da Umberto Orsini a Ugo Pagliai, da Paola Pitagora a Manuela Kustermann e tanti altri ancora. Una stagione che ha come tratto distintivo la qualità, una programmazione coraggiosa e variegata (P. Pitagora) che negli anni ha saputo educare un pubblico interessato e particolare quale è quello del Vascello, che si propone come baluardo contro l’indifferenza e l’inconsapevolezza che ormai dilagano nella nostra società e che rappresentano un pericolo non solo per i più giovani, ma per tutti. Il Vascello diventa così quest’anno uno spazio a difesa della cosa più colpita al giorno d’oggi, la bellezza, ma anche un luogo dove potersi incontrare e combattere la solitudine. In programma a questo scopo “I pomeriggi al Vascello”, ogni giovedì a partire da gennaio Quel copione di Shakespeare, calendario di appuntamenti culturali rivolti a creare scambio e socialità, che vedranno protagonista Vittorio Viviani nella lettura delle novelle che hanno ispirato il bardo per la scrittura di alcune delle sue più grandi opere, come Romeo e Giulietta, Otello, Molto rumore per nulla, Misura per misura e tanti altri.

Ma vediamo meglio per sezioni la suddivisione del cartellone della prossima stagione.

Per la sezione dedicata a “Shakespeare nostro contemporaneo” sono sei gli appuntamenti previsti. Si inizia con una riscrittura del Re Leardi Shakespeare, Lear schiavo d’amore, per la regia di Marco Isidori, con la compagnia Marcido Marcidorjs, una delle due compagnie storiche di avanguardia insieme alla Odin Teatret ad essere ospitate quest’anno, l’unica che ha saputo mantenere integri nel tempo il suo nucleo di attori e la poetica; uno spettacolo che lascerà incantati anche per il particolare spazio scenico e i costumi realizzati da Daniela Dal Cin. Si continua poi con un ambizioso e coraggioso progetto a episodi che durerà tre anni (questo il primo) ideato da Lino Musella, Andrea Baracco e Paolo Mazzarelli, Who is the king, una serie di spettacoli, a imitazione di una serie televisiva, che illustreranno più di un secolo di storia inglese così come è stata narrata dal Bardo nelle opere cosiddette storiche: si comincia con Riccardo II (parte 1 e 2) e Enrico IV (parte prima) in scena a gennaio. Per la regia di Valter Malosti vedremo a marzo Shakespeare/Sonetti, versione drammaturgica di una delle più belle e complesse opere moderne di poesia adattate da Fabrizio Sinisi e Valter Malosti e coreografate da Michela Lucenti, che torna a collaborare dopo anni con il regista. A seguire La bisbetica domata, per la regia di Andrea Chiodi, con Tindaro Granata. Questa interessante sezione si chiude con Abitare la battaglia (conseguenze del Macbeth), drammaturgia originale di Elettra Capuano e regia di Pierpaolo Sepe, uno spettacolo molto particolare che vedrà sul palcoscenico un gruppo di attori composto da soli uomini che reciteranno senza parole, ma solo compiendo con un forte dispendio di forza fisica delle azioni sceniche.

Il Vascello ospiterà anche alcuni Festival, tra cui quello francese Gouttes de Théâtre/Gocce di teatro, che vedranno sparsi per tutta la stagione teatrale due spettacoli della Compagnia Tout Pour tre Heureux, La felicità è lì, a portata di mano e Un Emploi Nommé désir, entrambi per la messa in scena di Isabelle Courger, mentre di Molière avremo rappresentato un grande classico: Les Fourberies de Scapin, con la regia di Guy Simon. A questi spettacoli se ne potrebbero aggiungere anche altri durante la stagione, così da arricchire questo festival volto a far scoprire al pubblico italiano, attraverso l’amore e la passione per l’arte teatrale, la lingua e la cultura francesi (gli spettacoli in francese saranno sottotitolati in italiano).

Interessante sarà anche partecipare a maggio al Festival Cinese, un focus sulla cultura della grande nazione orientale che vedrà come protagonista l’attore e regista, nonché mediatore culturale tra la Cina e l’Italia, Sergio Basso, in collaborazione con l’Istituto Confucio di Roma, negli spettacoli Te la do io la Cina e Cessi pubblici. Ci sarà spazio anche per la musica con il Concerto per Guzheng e per il cinema, con la proiezione di Giallo a Milano, sempre per la regia di Sergio Basso. In apertura della rassegna alcuni artisti esporranno le loro opere e sarà un’occasione per degustare prodotti tipici della cucina cinese.

Alla sua prima edizione sarà ospite anche Flamenca, il festival romano di flamenco, con spettacoli e concerti che vedranno impegnati artisti come Diego Amador, Josemi Carmona, Javier Colina, e per la prima volta in Italia ‘Tomatito hijo’ e Kiki Cortiñas.

Per il festival musicale Flautissimo andranno in scena invece la prima assoluta di Toccare le nuvole con Massimo Popolizio e Javier Girotto che ricorderanno la straordinaria passeggiata compiuta da Philippe Petite su un filo teso tra le torri gemelle; La Passeggiata di Robert Walser, con Roberto Herlizka; La strada di Cormac McCarthy per la regia di Stefano Cioffi, storia di ispirazione felliniana; On the road con Fabrizio Bosso alla tromba e Luciano Biondini alla fisarmonica; Histoire du soldat di Igor Stravinskij, con la voce narrante di Massimo Wertmuller e la direzione di Alessandro Murzi con l’Ensemble strumentale della Music Theatre International; Walking on the moon, con Rita Marcotulli al pianoforte e Israel Valera alle percussioni. Come si evince dai titoli il tema dominante di questo festival sarà il camminare, il percorrere una strada lentamente, insieme.

A pieno titolo Histoire du Soldat rientrerebbe in un’altra sezione del calendario, quella che celebra La grande guerra. In questo spazio il primo spettacolo ad andare in scena sarà Un attimo prima di Paolo Logli, regia di Norma Martelli, con Claudia Campagnola nelle vesti della “portatrice carnica”, una storia che ci racconta il sacrificio di tante donne impegnate ad aiutare i loro uomini a combattere sul fronte friulano nella regione della Carnia. La sera del 5 novembre ingresso libero per 1918-2018 Il Piave mormorava, scritti e canti della grande guerra eseguiti dal Coro Malga Roma Associazione Nazionale Alpini. A marzo vedremo invece L’uomo seme, una sorta di fiaba musicale basato sull’omonimo e incantevole libro di Violette Ailhaud, ideato, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco, che continua sulla scena la ricerca tutta al femminile di racconti e storie che colpiscano il cuore di chi li ascolta.

Ampio spazio anche alla danza, che vedrà quest’anno diverse compagnie e artisti a lavoro. Aprirà infatti la stagione teatrale Collapse per la direzione e la coreografia di Francesco Sgrò con la compagnia Spellbound, uno spettacolo che coniuga insieme i vari ruoli della complessa macchina delle relazioni in un equilibrio instabile di danza, nuovo circo e musica dal vivo. Si continua con Little something, produzione Twain, per la regia e coreografia di Loredana Parrella e theKITCHENtheory, ultimo progetto della DaCru Dance Company, che mischia generi e stili diversi in un linguaggio moderno e giovane di danze urbane; Concepte regia di Marisa Ragazzo che cura anche le coreografie insieme a Omid Ighanì. La danza sarà protagonista anche a Natale (un Natale annunciato per tutti!) con Lo Schiaccianoci di Čajkovskij per le coreografie di Massimiliano Volpini, che rilegge il primo atto ambientandolo in una strada di periferia metropolitana anziché nella solita casa borghese. I personaggi saranno come abitanti senzatetto e ribelli senza fortuna che vivono una vita di incubo nell’ombra della città. Solo nel secondo atto si rivivrà l’incanto della magia, come da tradizione della favola.  Protagonisti saranno i danzatori del balletto di Roma che torneranno a fine febbraio con Giselledi Adolphe Adam, coreografie di Chris Haring e Itamar Serussi Sahar. Torna infine al Vascello la compagnia Enzo Cosimi con Ode alla bellezza. Tre creazioni sulla diversità, che vedranno come protagonisti persone appartenenti a delle minoranze o non professionisti, come persone senza fissa dimora in Homeless, il lavoro Corpus Hominis sulla omosessualità “anziana” e il nuovo I love my sister, sulla transizione da femmina a maschio.

Troverà posto anche la rassegna di spettacoli Calendario Civile, Circolo Gianni Bosio, con Roma forestiera. Naufragio di Lampedusa 3 ottobre 2013, una serata di testimonianze e di musiche di migranti, la nuova musica popolare di Roma. In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne Una mattina mi son svegliata ed ero stanca di morir, una serie di ballate popolari che raccontano storie difficili e dolorose di donne che si opposero alla sopraffazione. La rassegna continua con i canti dei Castelli Romani Mira la rondella e si chiude con Introduzione al divorzio, uno spettacolo di canti e letture che prende spunto dai Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini.

La musica sarà protagonista in tre concerti: Tour-Namm, la Paranza di Nando Citarella insime con i Tamburi del Vesuvio ci trascineranno in un viaggio attraverso i ritmi  e il canto ai piedi del vulcano; Stimmung di Karl Heinz Stockhausen, eseguito dall’Ensemble Labirinto Vocale e Un gioco sottile, con la fisarmonica di Germano Mazzocchetti.

Musica e teatro si fonderanno invece in Il sogno di Borges, con Massimo Popolizio come voce narrante e con le musiche eseguite dal vivo da Javier Girotto, per la sezione denominata Doppio Assoluto proprio perché fonde nello stesso spettacolo più forme d’arte. Alla questa sezione appartengono anche Un Chant d’amour – omaggio a Jean Genet con Francesca Benedetti, regia di Marco Carniti e A proposito di gatti con Umberto Orsini, per la prima volta al Vascello con un recital sui gatti.

Tornando al teatro e nello specifico alla grande prosa, in scena a ottobre Moby Dick, la bestia dentro, testo e regia di Davide Sacco, che trasforma il capitano Achab in un eroe alla ricerca della conoscenza; le musiche saranno eseguite dal vivo da Giuseppe Spedino Moffa. A chiusura della trilogia sulla famiglia americana “tradizionale” con tutti i suoi problemi, Lunga giornata verso la notte di Eugene O’Neill, per la regia di Arturo Cirillo, nella veste anche di attore.

Ugo Pagliai, Manuela Kustermann e Arianna Di Stefano saranno impegnati invece in Dopo la prova di Ingmar Bergman, per la regia di Daniele Salvo. Un omaggio all’autore, dove il teatro è visto come una macchina pericolosa capace di rubare la vita. Si parla di cosa è un artista, della sua solitudine, di un certo modo di fare teatro che ormai non esiste più. Altri due grandi autori verranno rappresentati: Eugène Ionesco di Delirio a due per la regia di Fabio Galadini e Luigi Pirandello di Il piacere dell’onestà per la regia di Alessandro Averone.

Interessante sarà seguire tra novembre e dicembre il progetto Fiato d’artista 1968-2018, rassegna di proiezioni, spettacoli e incontri per riportare alla memoria gli artisti di Piazza dei Popolo 50 anni dopo. Manca effettivamente una memoria di un ventennio (quello tra gli anni cinquanta e gli anni settanta) in cui Roma era la protagonista straordinaria della cultura e della produzione artistica, ma come disse Flaviano: “Coraggio, il meglio è passato”. Tra i numerosi appuntamenti anche Fiato d’artista 1958-1968: dieci anni a Piazza del Popolo, uno spettacolo teatrale di Evita Ciri e Nicola Campiotti tratto dal libro omonimo di Paola Pitagora.

Spazio infine a molte altre drammaturgie originali come l’interessante lavoro della compagnia Odin Teatret L’Albero, con la regia di Eugenio Barba, uno spettacolo che avvolgerà lo spettatore, uno spazio scenico unico, un testo che nasce leggendo i giornali. Ma anche Mare Mater o della esemplare storia della nave asilo Caracciolo e del suo capitano, la signora Giulia Civita Franceschi, che sperimentò questo straordinario metodo educativo, interpretata da Manuela Mandracchia. Di Giuliano Scarpinato e Gioia Salvatori Se non sporca il mio pavimento – un mèlo, con video di Beatrice Schiros, che narra il tragico assassinio dell’insegnante di sostegno Gloria Rosboch, strangolata dall’ex allievo Gabriele Defilippi, una vicenda che fonde insieme mito e cronaca.

Grande attesa invece per Monica Guerritore, per la prima volta sul palcoscenico del teatro Vascello, in Giovanna d’Arco, scritto e diretto dall’attrice, che si ispira per la composizione della drammaturgia a grandi testi e musiche del passato più o meno recente; uno spettacolo che impegna molto dal punto emotivo, spirituale e carnale. Un inno alla forza della donna.

Per chiudere segnaliamo Fauno di e con Nicola Vicidomini, comico originale che propone uno spettacolo dall’habitat acustico demoniaco, volto a presentare la comicità come attentato all’uomo, come corto circuito tra senso umano e caos della natura, il comico che va contro se stesso.

Spazio anche ai bambini con il “Vascello dei piccoli”. Ecco i titoli: Bella e la Bestia, Bubbles devolution, I segreti di Pollicino,Yoga tales, La spada nella roccia: la storia di re Artù, Il barone Lamberto, Il libro della giungla e Kirikù un eroe piccolo piccolo.

data di pubblicazione: 12/7/2018

MOLTO RUMORE PER NULLA di William Shakespeare, regia di Loredana Scaramella

MOLTO RUMORE PER NULLA di William Shakespeare, regia di Loredana Scaramella

(Silvano Toti Globe Theatre – Roma, 27 giugno/15 luglio 2018)

Una tragicommedia tra le più rappresentate di Shakespeare che fa riflettere sull’uso e sul potere della parola, sulla facilità con cui questa, detta al momento giusto e alla persona giusta, possa calunniare un’innocente fanciulla, Claudio che accusa Ero, o far cambiare parere a due ostinati nemici, Beatrice e Benedetto, fino a farli innamorare l’uno dell’altra.

Ad inaugurare la nuova stagione teatrale del Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese torna Molto rumore per nulla, per la regia di Loredana Scaramella, riproposto anche quest’anno dopo il grande successo ottenuto nelle edizioni passate. Una regia divertente che si avvale della bravura di interpreti conosciuti al pubblico del teatro, ma arricchita anche di nuove presenze e di nuove idee che rendono lo spettacolo ancora vivace e ben ritmato nel progressivo ingarbugliarsi della vicenda.

La semplice scenografia del rinascimentale teatro, con il suo palcoscenico aperto sui tre lati alla completa visione del pubblico, le sue tre porte nel fondale e il suo balcone che suggerisce ora l’interno di una stanza da letto ora la sala dei banchetti del palazzo, è il luogo dove si svolge l’intera vicenda, che non ha bisogno di altri mezzi, oltre qualche sgabello su cui muovere l’azione, per evocare la quotidianità di questo paese o città italiana nel quale il bardo ambienta i fatti. Bastano le sole parole e musiche, eseguite dal vivo dal trio William Kemp (chitarra, mandolino e percussioni), per ritrovarci catapultati in un’immaginaria corte di un paese nel Salento (così nella versione della Scaramella), abitata per lo più da donne, che vede invadere il suo cortile da un’orda di soldati in armatura, guidati dall’autorevole principe don Pedro (Federigo Ceci). È qui che iniziano a sentirsi i rumori suggeriti nel titolo della commedia, intesi come pettegolezzi, ammiccamenti, bisticci, promesse di amore, inganni rivolti al bene ma anche al male che scandiscono il ritmo delle varie scene e dei racconti dei numerosi personaggi. Al centro della vicenda due amanti, Claudio e Ero (interpretati da Fausto Cabra e Mimosa Campironi), si promettono amore eterno, ma la gelosia di Don Juan (Matteo Milani), fratello del principe, rovina la reputazione di lei agli occhi di tutti e soprattutto dell’amato, fino a che, per brillante trovata e per merito di una improvvisata ronda notturna di stravaganti soldati (capitanata da un eccellente Carlo Ragone), la ragazza creduta morta da tutti viene riabilitata e le viene restituita la dignità perduta a causa delle perfide dicerie. Ma c’è anche un’altra storia che si racconta parallela a questa, ed è quella di Beatrice, interpretata da una simpaticissima e divertentissima Barbara Moselli, e Benedetto (Mauro Santopietro), che nell’idea registica di Loredana Scaramella diventa fondamentale per veicolare il pensiero alla base di questa messa in scena: il passaggio dal baco alla farfalla ovvero da un mondo inconsapevole e innocente quale quello della gioventù a un mondo più adulto, spesso severo e crudele, ma finalmente responsabile, che impara a cedere ai richiami d’amore. Assistiamo così alla loro lenta e comica trasformazione, al loro mutare di sentimenti, dapprima ostili e ostinati l’uno nei confronti dell’altra, ma nel finale, dopo i “rumori” architettati dai personaggi a loro vicini, uniti e maturi di un affetto che solo l’abbandono delle proprie convinzioni sa regalare.

Questo spettacolo si arricchisce di una cornice musicale eccezionale, che coinvolge pienamente il pubblico e lo rende partecipe della festa che si prepara sul palco. Il ritmo della tarantella salentina trascina tutti e alleggerisce lo scuro della vicenda, donando a tutto unitarietà e divertimento. Bravo di nuovo Carlo Ragone, che mostra di avere una voce stupenda e una bravura di attore poliedrica.

data di pubblicazione: 30/6/2018


Il nostro voto:

 

ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI di Carlo Goldoni, regia di Giorgio Strehler

ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI di Carlo Goldoni, regia di Giorgio Strehler

(Teatro Argentina – Roma, 15/20 maggio 2018)

Il teatro è pronto e la scena è già allestita sulla piazza. L’intreccio di amori, equivoci, maschere, camuffamenti, lazzi e giochi prende forma tra squilli di tromba e battito di tamburi. Si accendono le luci del palco e si dà il via alla commedia. Arlecchino servitore di due padroni torna di nuovo a far ridere il pubblico.

 

 

La scelta della direzione artistica del Teatro Argentina di mettere in cartellone uno spettacolo come Arlecchino servitore di due padroni, ideato dal genio di Strehler e riproposto con la messa in scena di Ferruccio Soleri e Stefano de Luca, non può che essere un grande regalo al suo pubblico e un occasione per godere della visione di una delle regie che hanno segnato la storia del teatro italiano del secondo Novecento. Sono ormai passati più di 70’anni da quando la commedia venne rappresentata la prima volta al Piccolo di Milano e da allora continua ad incantare tutti con il suo meccanismo perfetto di giochi, improvvisazione, battute e personaggi ormai testato su ogni tipo di pubblico. Viene da domandarsi in effetti che cos’è che mantiene in vita sulla scena questo spettacolo così rappresentato e le risposte sono tante. Si può pensare dapprima alle scene di Ezio Frigerio, alle musiche di Fiorenzo Carpi suonate dal vivo sulla scena, ai costumi stupendi e alle maschere di cuoio; e poi ancora alla bravura degli attori, tutti, perfettamente accordati tra di loro, divertiti, esperti nel saper cogliere gli umori di un pubblico ogni sera diverso e nuovo. Ma anche e soprattutto una regia sapiente, rispettosa della tradizione e tuttavia innovativa, quale fu quella di Giorgio Strehler, che si risolve nel focalizzare tutto l’intreccio su un vero palcoscenico della Commedia dell’Arte, con il suo fondale dipinto e le sue candele sul proscenio ad illuminare lo spazio della recitazione e del gioco. Forse è qui allora che tutta questa perfezione trova la sua unità: nel gioco eterno del teatro e nella sua capacità di poter essere strumento di evasione e distrazione, pura contemplazione della bellezza. Ne siamo consapevoli noi, ne sono consapevoli gli attori sulla scena. Ne è consapevole Arlecchino, interpretato da uno straordinario Enrico Bonavera, che tesse le trame di questo intreccio divertentissimo, ma che in più conosce il modo di intrattenere gli spettatori in modo intelligente e attento, trascinandoli continuamente nella sua tempesta di lazzi e scherzi dalla quale non si vorrebbe uscire mai. Va visto questo Arlecchino e poi rivisto ancora, consapevoli che non deluderà mai perché è il teatro che ci si aspetta di vedere, ma che tuttavia è sempre nuovo e unico ogni sera.

data di pubblicazione:20/05/2018


Il nostro voto:

DICHIARO GUERRA AL TEMPO da I Sonetti di William Shakespeare, regia di Daniele Salvo

DICHIARO GUERRA AL TEMPO da I Sonetti di William Shakespeare, regia di Daniele Salvo

(Teatro Vascello – Roma, 15/20 maggio 2018)

Due donne, di due epoche diverse e lontane l’una dall’altra, dichiarano guerra al tempo, sfidandolo a colpi di parole che sono poesia recitata e poesia in musica. Lo spazio è una tela bianca sulla quale lasciare impressi i caratteri di una scrittura destinata a parlare per sempre a tutte le generazioni.

 

 

È uno spettacolo insolito quello messo in scena in questi giorni al teatro Vascello, ancora una proposta che obbliga a fermarsi e a riflettere. Insolito perché il testo è tratto dai Sonetti di Shakespeare, del quale conosciamo meglio le tragedie e i drammi. Insolito per il fatto che I Sonetti, che non furono scritti per essere destinati alla rappresentazione, vengono usati nella forma del dialogo tra due donne che provengono e abitano due epoche diverse: la prima, vestita in abiti moderni, è a noi contemporanea; l’altra invece, vestita alla maniera rinascimentale inglese, appartiene a un lontano passato. Insolita la scena: una grande pagina bianca o una tela da pittore se vogliamo, sulla quale via via vengono impresse le parole e le immagini che i versi cantati e recitati suggeriscono. Pochi elementi come sedie ammassate in un angolo, sgabelli e panche sui quali far riposare i pensieri, completano la scena. Questo spazio diventa il luogo dove viene combattuta la guerra che il titolo suggerisce, ma è uno spazio mentale, intimo, una “stanza dell’immaginario”, come la definisce il regista Daniele Salvo. Il campo di battaglia sono allora la memoria e l’esperienza: solo chi ha provato l’amore, con i suoi picchi e le sue delusioni, può comprendere ciò che si rappresenta e affrontare questo viaggio. Una mente immatura e giovane non può cogliere il dramma di questo conflitto contro il tempo, il quale trascorre inesorabile e veloce, trascinando via con sé la bellezza e la novità. L’unica arma per combattere e vincere questo nemico è la procreazione, il generare una creatura e poi altre ancora, alle quali consegnare questa bellezza. Il tempo porta alla morte, ma la morte si contrasta con l’eternità del pensiero che si può imprimere solo nelle parole. Lo spettacolo diventa così un omaggio alla capacità esclusivamente umana di comunicare l’immortalità attraverso la poesia, sia fissata e strutturata in un sonetto sia codificata in uno spartito musicale. Incantevole l’interpretazione di Manuela Kustermann nei panni della poetessa rinascimentale, che con la sua voce e la sua grazia è capace di accompagnare la mente verso le zone più profonde del pensiero; straordinaria e intensa Melania Giglio nei panni della donna contemporanea, capace invece di dare nuova interpretazione e colore a brani famosi di altrettanti famosi cantautori pop-rock della scena internazionale (Peter Gabriel, David Bowie, Cat Stevens per citarne alcuni). Dichiaro guerra al tempo sarà in scena fino a domenica prossima; consigliato a chi vuole concedersi un momento di riflessione e di buon ascolto.

data di pubblicazione:16/05/2018


Il nostro voto:

MI SA CHE FUORI È PRIMAVERA tratto dall’omonimo libro di Concita De Gregorio, regia di Giorgio Barberio Corsetti

MI SA CHE FUORI È PRIMAVERA tratto dall’omonimo libro di Concita De Gregorio, regia di Giorgio Barberio Corsetti

(Teatro India – Roma, 8/13 maggio 2018)

Irina oggi festeggia il suo compleanno. È felice perché noi siamo lì con lei a celebrare questo evento. Non ci vuole molto per capire che il suo desiderio è quello di raccontarci il suo dramma, ce ne vuole fare partecipi. E così ci parla di Matthias, l’uomo che ha sposato, del loro matrimonio, delle due gemelle nate dalla loro unione, e di come la sua vita, apparentemente normale, si sia lentamente e inspiegabilmente trasformata in tragedia. In una parola ci parla di lei.

 

Lo spettacolo prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto. Siamo alla fine di gennaio del 2011 e la storia è quella di Irina Lucidi, una donna, avvocata presso una multinazionale del tabacco con sede in Svizzera, ma soprattutto una mamma a cui il marito, dal quale si era separata, rapisce e fa sparire nel nulla le sue due figlie gemelle di sei anni prima di suicidarsi, qualche giorno dopo la sparizione, gettandosi sotto un treno a Cerignola in Puglia. Della sorte di Alessia e Livia, questo il nome delle bambine, a tutt’oggi non si sa nulla. “Non le vedrai più”, queste le parole del padre che le ha rapite, e molto probabilmente uccise.

Da questa dolorosa vicenda Concita De Gregorio ne trae un libro. È la stessa Irina che si rivolge all’editorialista e scrittrice per poterlo scrivere. Irina ha bisogno di rimettere insieme pezzo per pezzo tutto quello che la vita le ha mandato in frantumi e la scrittura è il mezzo attraverso il quale fissare e ordinare i suoi ricordi. Ma il libro, come afferma la scrittrice, non è una ricostruzione giornalistica dei fatti di cronaca, bensì il racconto della vicenda di una donna che riesce a sconfiggere il dolore attraverso l’amore. La colla, l’oro liquido che rimette insieme i pezzi rotti di un oggetto andato in frantumi (immagine tradotta dalla tradizione giapponese), è l’amore stesso. E di questo amore è pervaso tutto lo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti e Gaia Saitta, emozionante ed emozionata nei panni di Irina. Invitati dall’attrice, partecipano al racconto anche alcune persone del pubblico, che via via vengono indicate come gli attori della vicenda. Una trovata geniale, che subito ci coinvolge e ci fa passare da spettatori ad attori di un dramma, che potrebbe essere il nostro. Straordinaria è davvero Gaia Saitta, che dà prova di essere un’attrice di grande maturità, ma soprattutto di grande cuore (non è difficile intravedere una reale commozione nei suoi occhi), che riesce ad avvolgere tutto il pubblico in un solo abbraccio. In scena tante cornici: sono i confini dentro i quali si vogliono mettere a posto le cose man mano che si tentano di ricordare i fatti accaduti, ma poi ci accorgiamo che non servono, che sono stretti e inutili. La vita è vasta più di un oceano e il tempo diventa fluido come l’acqua nel quale siamo immersi.

data di pubblicazione:09/05/2018


Il nostro voto: