THE DISASTER ARTIST di James Franco, 2018

THE DISASTER ARTIST di James Franco, 2018

Greg (Dave Franco), aspirante attore, rimane colpito dalla carica emotiva di un tipo alquanto bizzarro di nome Johnny Wiseau (James Franco). I due diventeranno amici e con reciproco entusiasmo e mezzi economici di incerta provenienza, partiranno per cercare fortuna a Hollywood, coltivando il sogno di realizzare un film.

Non tutto andrà, però, nel verso giusto, anche se, dopo alterne vicende l’idea folle di The Room si attuerà con esiti diversi da quelli sognati: il film scritto diretto interpretato e prodotto da Tommy, passerà infatti alla cronaca e sarà ricordato come il film- più brutto- della -storia-del cinema.

 A James Franco manca solo di presentare il Festival di Sanremo, dopo di che potrà dire a se stesso e al mondo di aver provato e fatto di tutto. Culturalmente onnivoro: spazia tra cinema (attore, producer, sceneggiatore, regista), letteratura (la raccolta di poesie Directing Herbert White), TV e musica, testimonial di Gucci, piuttosto alternativo nelle scelte esistenziali, è incappato di recente nella “sindrome Weinstein”, quando con il suo Disaster Artist veleggiava spedito verso gli Oscar tradito da accuse a suo carico di comportamenti sessuali inappropriati.

La tragicomica genesi di The Room ha finito con l’accumunare accanto a quello del suo autore, lo sciroccato Wiseau, anche James, qui regista e attore, in una immeritata mezza debàcle. Occorre invece dirlo che il giovane Franco, al di là di un ego spaventoso, ha certamente diverse frecce all’arco del suo innegabile talento.

La pellicola di cui si tratta ha ricevuto stroncature forse più legate a fatti emozionali, ma anche plausi e riconoscimenti. Si tratta, infatti, di uno dei suoi migliori lavori, già premiato ai Golden Globes, e pur trattando ancora una volta il tema del cinema che racconta il cinema (tanto per cambiare il film è tratto da Una Storia Vera, altra costante della cinematografia USA), la pellicola ha un suo perché.

Non siamo dalle parti di Effetto Notte di Truffaut e nemmeno di 8 e ½ di Fellini, semmai possiamo pensare a Ed Wood di Tim Burton, ma The Disaster Artist è un making of paradossale con momenti interessanti, divertenti e drammatici e si avvale di buone interpretazioni e azzeccate caratterizzazioni. Il Tommy Wiseau è indubbiamente un personaggio e le sue insicurezze e follie, oltre al suo inquietante accento (nel doppiaggio orientato verso una parlata con intonazione “slava”) sono nelle corde di James Franco, in sintonia e in gara con l’ottima prova del fratellino Dave, succube dell’amico “disastroso”. Il limite è forse nel continuo ondeggiare fra dramma e commedia, senza optare per un solo registro, salvo pensare che sia proprio questa la strada scelta dell’ecclettico regista.

Tratto da un romanzo di Greg Sestero e Tom Bissel, ben fotografato e sorretto da una buona colonna sonora, il film mette a fuoco assurdità e misteri dell’industria cinematografica e risulta in ultima sintesi un film godibile seppure con qualche riserva. Nei titoli di coda appare il vero Tommy Wiseau e si legge che ad oggi, The Room è oggetto di un piccolo culto, con lo stesso Tommy che gira il mondo per proiezioni speciali (l’ultimo dell’anno in particolare) in cui cavalca, ormai, l’ironia involontaria e non prevista dal suo iniziale progetto.

data di pubblicazione:11/02/2018


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VINCENT VAN GOGH – L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO di Stefano Massini

VINCENT VAN GOGH – L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO di Stefano Massini

(Teatro Eliseo – Roma, 13 febbraio/4 marzo 2018)

Mettete lo scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale, più in voga del momento, Stefano Massini da Firenze, unitelo a un attore  bello&bravo, Alessandro Preziosi, aggiungete  uno dei miti  per eccellenza dell’arte, quel genio “pazzerello” di Vincent Van Gogh, mescolate il tutto e non potrete che ottenere una rappresentazione teatrale “ibrida” di assoluto rilievo.

Queste, in sintesi, le credenziali per L’Odore Assordante del Bianco, di Stefano Massini, ultima sua avventura drammaturgica, rappresentata da ieri ( 13 febbraio)  all’Eliseo di Roma, per la  regia di Alessandro Maggi e l’interpretazione di Preziosi , nei panni del tormentato artista, spiato nella quotidianità del manicomio di Saint Point. Lo spettacolo è incentrato sul periodo (1889), quando Vincent riceve (?) la visita del fratello Theo nel quale ripone in primis la speranza di essere rilasciato in base al “codice 5”, una sorta di salvacondotto che solo il fratello potrebbe firmare. La realtà sarà ben diversa e nel suo temporaneo isolamento l’artista, tormentato e imprevedibile nelle sue reazioni,  confonderà  di continuo realtà e fantasie, ed al contempo sarà vittima dei soprusi degli infermieri e di uno psichiatra-aguzzino, con la sola protezione del direttore dell’istituto che avrebbe voluto  salvarlo restituendogli le tele su cui dipingere. Al testo di Massini fu riconosciuto il Premio  Riccione Teatro 2005; in quella occasione  la giuria del Premio Tondelli, così si era  espressa a riguardo: «Scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva».E di questo si tratta: la rappresentazione teatrale è una sferzata di emozioni, quasi un thriller o se vogliamo  una seduta psicologica che tiene incollati gli spettatori per quasi un’ora e venti nella stanza dove  non c’è  altro colore che bianco e una piantina anch’essa bianca, insieme a Van Gogh nel suo viaggio nella zona oscura,  fra speranze, allucinazioni, realtà. Nelle parole del protagonista, in rigoroso ordine sparso, ci sono ricordi, eventi, considerazioni sul ruolo dell’arte e degli artisti, con riferimenti non solo al suo tempo, ma più in generale alla società contemporanea. Ai meriti della proposta e all’ottimo risultato della performance non sono estranei  la magnifica interpretazione di Preziosi-Van Gogh, sobriamente intenso nel suo crescendo emotivo, e degli altri bravi interpreti: Massimo Nicolini-Theo, Francesco Biscione-Dottor Peyron, Roberto Manzi-Dottor Vernon-Lazare, nonché i due perfidi infermieri, Alessio Genchi e Vincenzo Zampa. Alessandro Maggi alla regia e un commento musicale in linea con la tensione narrativa suggellano una prima teatrale di grande impatto.

data di pubblicazione:14/02/2018


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THE PARTY di Sally Potter, 2018

THE PARTY di Sally Potter, 2018

Passato per la Festa del Cinema di Roma, dopo essere stato presentato in concorso alla 67ª edizione del Festival di Berlino dove si era aggiudicato il Guild Film Prize, The Party è un film di impostazione teatrale  scritto e diretto da Sally Potter (Orlando, Lezioni di Tango, tanto per citare i più noti).

 

In un asciutto bianco nero, la trama si snoda in 71 minuti nei quali i protagonisti (sette persone) trasformano una festa tra amici per festeggiare la promozione della padrona di casa (nominata ministro della salute “ombra” del partito di opposizione in Inghilterra) in una polveriera dopo che Bill, malandato padrone di casa (uno splendido Timothy Spall), confessa la sua  relazione con la moglie di un ospite, rivelazione che spiazza i presenti e che fa esplodere conflitti e tensioni in un crescente effetto domino. Non una rappresentazione di immediata e facile fruizione, direi quindi, non un film per tutti, ma la bravura degli attori (l’intensa Kristin Scott Thomas, Bruno Ganz, il già citato Timothy Spall,  e Patricia Clarkson su tutti), i dialoghi scoppiettanti e mai banali, l’imprevedibilità e il susseguirsi dei colpi di scena, sono ingredienti tali da interessare e coinvolgere spettatori dai palati fini. Bugie, vecchi segreti, ipocrisie all’interno di un contesto apparentemente politicamente corretto, offrono lo spunto alla Potter per un’amara rappresentazione della società inglese nello specifico ma, più in generale, sulla fragilità dei rapporti umani e sulle  tante convinzioni che quotidianamente la vita tende a minare.

data di pubblicazione:13/02/2018


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BABYLON BERLIN –  serie televisiva (Germania 2017)

BABYLON BERLIN – serie televisiva (Germania 2017)

Berlino 1929, la Germania è a pezzi dopo la prima guerra mondiale e la città è sull’orlo di un abisso: complotti della destra nazionalista, rivendicazioni sociali , un  clima di totale  incertezza e dissolutezza. Nella città arriva da Colonia il giovane ispettore Gereon Rath , che, confinato alla buoncostume, ultima delle sue aspirazioni professionali, si trova a dover risolvere un caso piuttosto spinoso riguardante pornografia e mafia. Si troverà coinvolto in ben altre situazioni ( sono  sedici gli episodi che compongono le due stagioni trasmesse da Sky Atlantic ). Avrà modo di stringere amicizie pericolose, immergersi nella vita notturna popolata di  droga e night clandestini, sventare golpe, reprimere il primo maggio dei bolscevichi, indagare su un misterioso carico, forse d’oro, proveniente dall’Unione Sovietica e tanto altroAl suo fianco la stenografa Charlotte, investigatrice in erba.

Tratto dal  romanzoDer Nasse Fisch, di Volker Kutscher, la serie – le prime due puntate già  ammirate prima alla Berlinale e poi alla Festa del Cinema di Roma – è un affascinante e conturbante affresco della Germania di Weimar e in buona sostanza un noir ad ampio spettro perfettamente rappresentato. All’opera, tre registi del calibro di Tom Tykwer (Lola corre), Achim von Borries e Henk Handloegten, mentre la produzione  ha segnato  l’inedita collaborazione fra colossi: X Film Creative Pool, ARD, Sky e Beta film. Non è questa la sede per discutere se le serie televisive  siano cinema o qualcos’altro oggi, peggiore, migliore; resta la certezza che nell’occasione ci si trova di fronte a uno spettacolo a tutto tondo che riesce a coniugare una trama intrigante e complessa  con  una introspezione psicologica dei personaggi e una rivisitazione attendibile di un momento storicamente importante della vita della Germania. Nelle diverse puntate  si accentua  la natura goliardica del periodo storico: la Berlino nel 1929, era la capitale del mondo, una città internazionale, magica e cosmopolita.  La ricostruzione delle strade (la scenografia curata da Uli Hanisch per Studio Babelsberg ha ricostruito perfettamente i diversi tipi dei quartieri di Berlino), i locali notturni e le stanze private testimoni di crimini, la sessualità  cruda e dissoluta, le lotte sociali, la povertà e la disoccupazione crescenti  in contrasto con gli eccessi e il lusso della vita notturna e dell’energia dirompente e creativa dei vari personaggi, tutto viene rappresentato in modo realistico e cruento. Il suo ideatore, il regista  Tom  Tykwer nella presentazione alla Berlinare 2017 aveva sottolineato:“È stato un momento di cambiamento politico, solo pochi anni prima dell’ascesa dei nazisti, e mentre nessuno aveva la più pallida idea di quello che doveva arrivare, in giro per la città era tutto in ebollizione”. Tra i meriti ascrivibili alla serie non può mancare la citazione per gli attori,  Volker Bruch, asciutto e dilaniato protagonista ( il poliziotto buono) e la deliziosa Liv Lisa Fries,(la vulcanica Charlotte tuttofare), Matthias Brandt, nel ruolo dell’ambiguo Brenda collega di Rath in polizia, Leonie Benesch, la disorientata Greta e Severija Janusauskaite (nome quasi impronunciabile!) nei panni della perfida ma fascinosa Svetlana, tutti magnificamente calzanti  nei rispettivi ruoli  della produzione, pare destinata a proseguire, sull’onda del successo riscontrato.

Babylon Berlin si compone inoltre di  una colonna sonora  organica alla narrazione  con le musiche che fanno da sfondo agli  anni ’20  eseguite dalla Leipzig Radio Symphony Orchestra e dalla Absolute Ensemble, band elettro acustica da camera di New York.  Di grande impatto alcune canzoni eseguite da Bryan Ferry, che, al solito fascinosissimo, compare altresì come attore-cantante di night in diverse puntate.

Da non perdere!

data di pubblicazione:30/01/2018

TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI di Marin Mc Donagh, 2018

TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI di Marin Mc Donagh, 2018

Dopo le modeste proposte in salsa natalizia, ecco finalmente “un film” da leccarsi i baffi. Parlo di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, la pellicola che ha vinto 4 Golden Globe, quasi un’anticamera degli Oscar e che già a Venezia  (migliore sceneggiatura) era stata apprezzata ben più di Downsizing di Alexander Payne con Matt Damon in versione mini uomo. La regia e lo script sono del britannico Martin  McDonagh, classe 1971, di cui molti ricorderanno il gioiellino In Bruges (2008) e 7 psicopatici (2012), ma la storia potrebbe benissimo essere scambiata per un film dei fratelli Coen. Anzi direi che è da un po’ che Joel ed Ethan non riescono a raggiungere i livelli della pellicola del giovane regista che ne segue le orme.  Il racconto parte dalla ricerca di una madre, Mildred (una Frances Mc Dormand da Oscar) che lotta per ottenere verità e giustizia per la figlia stuprata, assassinata e bruciata alcuni mesi prima. Il colpevole ancora non è stato trovato e la disperata donna, già di suo fuori di testa,  per ridestare l’attenzione, affitta tre vecchi cartelloni pubblicitari fuori Ebbing, Missouri, in cui addossa al  locale capo della polizia William Willoughby (Woody Harrelson), che scopriremo malato di cancro al pancreas, la responsabilità delle mancate indagini. Tra gli sbirri, l’agente Dixon (Sam Rockwell, premiato ai Globes), abbastanza razzista, violento ed incapace non tollera le iniziative di Mildred e cerca in tutti i modi di ostacolarne il successo, consigliato fraudolentemente da una madre ancora più razzista e bigotta. Non aggiungo altro sulla trama per non sottrarvi il gusto dell’evoluzione della storia che ha tutti i crismi di un noir della provincia USA più retriva, nell’occasione perfettamente rappresentata con tanto di stereotipi politicamente e volutamente scorretti. Non mancano, alternati a momenti di violenza fisica e psicologica, attimi di sublime poesia come, ad esempio, nella rilettura della lettera di Willoughbly, appena morto. Siamo, dunque, ai massimi livelli del genere: al film di Mc Donagh non manca niente, il ritmo, le immagini, l’empatia e i dialoghi, duri e mai banali, persino l’ironia quanto basta. Il tutto, inclusi i comprimari dei protagonisti (la deliziosa Abbie Cornish e Lucas Hedges) e la significativa colonna sonora, a farne certamente uno dei migliori film dell’anno. Buona visione!

data di pubblicazione:13/01/2018


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