CANNES A ROMA

CANNES A ROMA

Le Vie Del Cinema da Cannes a Roma, organizzata dall’8 al 12 giugno da Anec Lazio in collaborazione con la Regione Lazio, CityFest – Fondazione Cinema per Roma ed il patrocinio di Roma Capitale nelle sale romane Eden, Fiamma e Quattro Fontane, grazie alla  ricca e apprezzata selezione dei film dal Festival di Cannes, ha avuto un notevole incremento di pubblico nonostante il giorno in meno di programmazione.

La XX edizione della ormai storica e consolidata rassegna cinematografica, molto amata dai cinefili, si è svolta quest’anno anche in  alcune sale del territorio regionale, il multisala Oxer di Latina, il multisala Rio di Terracina ed il cinema Palma di Trevignano: 17 film più 1 cortometraggio, 38 proiezioni in 6 sale, hanno fatto registrare un incremento delle presenze del 22% rispetto al 2015.

Il tutto esaurito ha fatto registrare la Palma d’Oro I, Daniel Blake del grande Ken Loach.

Con i modi limpidi che gli sono propri, Loach racconta in maniera semplice e diretta la sofferenza di un uomo onesto che ha sempre pagato le tasse: il dolore di  perdere il rispetto dello Stato e quello della comunità dopo la malattia che lo ha colpito e la mancanza di leggi che tutelino i più deboli, ma fa capire anche come tra le persone più semplici si possa trovare comprensione e aiuto.

Ha visto le sale pieneovviamente anche Juste la fine du monde di Xavier Dolan  (Gran premio della giuria e Premio ecumenico).Il sesto film del ventisettenne giovane genio canadese  ha stregato il pubblico con primi piani che confermano il suo grande talento: Dolan sa perfettamente quello che vuole dagli attori; prende una storia (la piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce) e la fa sua, anzi nostra.

In Bacalaureat del rumeno Cristian Mungiu, il regista si interroga sulla rettitudine morale e sui compromessi. In  una cittadina della Romania di oggi sono indagate le aspettative di un onesto medico d’ospedale alle prese con la licenza di sua figlia. La ragazza è un’ottima alunna, ma perché rischiare di far saltare la programmazione di spiccare il volo all’estero per un incidente della vita? L’ottimismo è tutto rivolto verso i giovani, invecchieranno anch’essi?

The Salesman di Asghar Farhadi (Premio miglior sceneggiatura, Premio miglior attore a Shahab Hosseini), Iran/Francia: la vita ci pone costantemente davanti a scelte e cambiamenti di programmi inverosimili, così anche i matrimoni riusciti possono essere messi a dura prova da imprevedibili accadimenti esterni che diventano macigni interiori e certo all’affiatata coppia non basterà saper recitare: ora la vita diventa una recita e la tragedia terribilmente vera.

Sieranevada di Cristi Puiu, Romania: Lary, un medico sulla quarantina, tre giorni dopo l’attacco terroristico contro gli uffici del settimanale parigino Charlie Hebdo e quaranta giorni dopo la morte del padre, si trova a dover affrontare i propri fantasmi. Il film, di una maestria indiscutibile, mette a dura prova lo spettatore, specialmente all’inizio, con lunghe scene girate in tempo reale. La durata di quasi tre ore è riccamente ricompensata dalla padronanza registica: blocchi di piani sequenza con presa diretta sulla vita. Il corridoio su cui si aprono e chiudono le varie porte dell’appartamento ci porta a pensare ai cunicoli della mente dove tutto il vissuto si deposita. I rapporti tra familiari, indagati così in diretta, ci rendono partecipi della storia e esploratori del nostro subconscio.

Ma vie de Courgette di Claude Barras grazie alla Teodora film sarà distribuito anche in Italia. Zucchina è  il nome con cui la distratta madre chiama il protagonista di questa tenera storia. La sceneggiatrice Céline Sciamma (Tomboy) si è basata sul romanzo Autobiografia d’una zucchina di Gilles Paris: la vita del bambino in orfanotrofio dopo la morte della madre. L’originalità della storia sta nel capovolgere i luoghi comuni: dalla parte dei buoni troviamo la direttrice e le assistenti dell’ orfanotrofio e il poliziotto che ce lo conduce col quale farà amicizia. Realizzato in stop motion cioè in animazione a passo uno, quest’opera delicata e tutt’altro che banale sarà seguita con interesse e partecipazione da adulti e bambini; coinvolgerà nella risata qualsiasi età.

L’effet aquatique di Sólveig Anspach (Premio SACD Société des Auteurs e Compositeurs Dramatiques), ultimo lungometraggio della spiritosa regista islandese scomparsa a cinquantaquattro anni, lo scorso agosto, a causa di un cancro. Probabilmente si deve alla sua origine plurilingue – madre islandese, padre austriaco, scuole in Francia – l’acuto spirito di osservazione e la capacità di spaziare tra più culture. Il risultato è una deliziosa commedia cosmopolita dal tocco leggerissimo, impreziosita dalla felice presenza di Florence Loiret-Caille e Samir Guesmi eccellenti interpreti.

 data di pubblicazione: 27/06/2016

 

 

LA RAGAZZA CARLA di Alberto Saibene, 2016

LA RAGAZZA CARLA di Alberto Saibene, 2016

Il cinematografico – in quanto crea immagini durante la lettura – poema di Elio Pagliarani,  La ragazza Carla, edito nel 1960 da Mondadori, è ora un riuscito film a sua volta poetico.

In molti film si constata l’insita poesia, ma di veramente pochi si può dire che sono poesia;  come il poema cui fa riferimento è un romanzo per immagini, La ragazza Carla per la regia di Alberto Saibene è una poesia filmica.

Il compenetrarsi di generi, di arti diverse, è stato possibile proprio grazie alla commistione di più tecniche visive e alla collaborazione di più professionalità.

Curioso è anche lo specchiarsi dei nomi, come Carla, Carla Chiarelli che da molti anni gira i teatri recitando il poema del grande Elio Pagliarani, e che qui dà urgenza alla parola presentandosi vestita quasi da mimo, in modo tale da sparire e contemporaneamente essere ossa e carne della poesia.

La poesia è già una forma di immagine, come ci ricorda Alberto Saibene, e dunque misuratissima doveva essere nel film la visione rappresentata, per non sovrapporsi; le riuscite scelte del team sono state nella direzione della semplicità e della sottrazione.

Il coraggioso lavoro collettivo è arrivato a dare quell’impostazione che fa del film un’opera a sé, con una nuova forma raggiunta anche aggiungendo un elemento del tutto costruito, la lettura di un testo appositamente scritto da Renato Gabrielli per Elio – ecco il nome che si specchia nuovamente – Elio (de Le Storie Tese) che fa il commento ironico strappando più di una risata in sala e dando il senso ineluttabile del poema.

Il film riesce a dare il sapore dell’immediato e pur millimetrico linguaggio poetico; questa fucina di poetiche idee (i disegni della fumettista Gabriella Giandelli, le immagini dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio, gli esplicativi sunti a mò di didascalia di film muto, Milano in bianco e nero, la fotografia di Luca Bigazzi) messe insieme, nella loro forte differenza, che sarebbe dissonanza, compongono, invece, il poema nel suo spirito, danno forma alla sua essenza. Il puzzle di tecniche diverse diventa un fluire unico e rende percepibile, grazie all’accostamento di immagini, suoni, ricordi, disegni, città, automobili, fabbriche, uffici, macchine da scrivere, persone, volti la carne del poema.

Raramente si assiste a un simile miracolo di compiutezza.

Un bell’omaggio per far conoscere il Poeta – che compare declamante in pochi attimi nei titoli di coda – questo film da non perdere.

data di pubblicazione:09/05/2016

ANOMALISA di Charlie Kaufman e Duke Johnson, 2016

ANOMALISA di Charlie Kaufman e Duke Johnson, 2016

Charlie Kaufman, il famoso regista di Se mi lasci ti cancello, si cimenta in un inquietante lungometraggio animato, realizzato insieme a  Duke Johnson. Il progetto, finanziato con una campagna di fundraising su un sito, ha raccolto la cifra di 406.000 dollari in soli sessanta giorni.

Kaufman, pur essendo già affermato, ha precisato di essersi avvalso di questo mezzo per poter usufruire di maggior libertà, rispetto a quella concessa dalle grosse case di produzione.

Sappiamo dalle sue opere precedenti che questo regista ci tiene ad indagare la mente umana e i suoi meandri. Il testo è stato scritto proprio da lui nel 2005, per il teatro, con lo pseudonimo di Francis Fregoli; nel film il nome Fregoli viene dato all’hotel dove il protagonista, Michael Stone, affermato scrittore e relatore di tecniche di vendita e comunicazione, soggiorna per una notte a Cincinnati, dove terrà una convention.

Lo spunto verrebbe dalla sindrome d’illusione o delirio di Fregoli – il nome dal noto trasformista italiano Leopoldo -, malattia psichiatrica in cui il soggetto ha deliri di trasformazione somatica, oppure gli sovviene l’idea che le persone conosciute modifichino il proprio aspetto per non essere riconosciute; da qui il vedere gli altri con fisionomie simili o l’udirli tutti con la stessa voce, monotona e monocorde da maschio adulto, perfino donne e il proprio figlio.

Fin dall’inizio pare che Michael soffra di noia nei confronti del mondo, dove tutti gli propinano sempre le stesse banalità. Del resto come dargli torto, visto che la sua vita è un continuo ripetere, in convegni in giro per il mondo, sempre la stessa solfa, alla quale per primo lui non crede.

Da subito è evidente allo spettatore che quest’umanità di gomma ha il volto dimezzato da una fenditura, quindi facilmente può: “perdere la faccia”, come capiterà al venditore di “fumo” mentre insegue l’amata, per un giorno, Anomalisa.

Guardarsi allo specchio certamente può essere un altro momento piuttosto problematico se si soffre di anaffettività.

Del resto se Stone non ha nessun legame con la cultura, intesa nella più profonda delle accezioni, quella che i contadini analfabeti hanno nel sangue, dove sono le sue radici ?

Il geniale Kaufman ha scelto il sistema della stop motion – cioè migliaia di fotogrammi che immortalano i piccoli movimenti fatti fare ai pupazzi, dando poi all’occhio umano la possibilità di vederli come un continuum – per prendersi una grande libertà di espressione e dar sfogo a qualche capriccio, come la realistica scena di sesso.

data di pubblicazione 26/02/2016


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LA RICOMPENSA DEL GATTO di Hiroyuki Morita

LA RICOMPENSA DEL GATTO di Hiroyuki Morita

Grazie alla Lucky Red  martedì 9 e mercoledì 10 febbraio sarà in sala La ricompensa del gatto diretto da Hiroyuki Morita nel lontano 2002. A vederlo sembra proprio che il famoso Studio Ghibli, che lo ha prodotto, abbia voluto consapevolmente rendere un tributo non solo ai cartoni animati, ma a molto dell’immaginario favolistico dell’occidente.

Immediatamente chiara è la citazione di Alice nel paese delle meraviglie, già dall’immagine dei titoli: un personaggio di spalle con un cappello a cilindro; poi scopriremo essere il nobile gatto Baron già presente, come personaggio minore, ne I sospiri del mio cuore, a sua volta ispirato al manga Sussurri del Cuore. Alice è citata anche quando Haru, la nostra eroina giapponese, diventerà più piccola come dimensioni e si potrà infilare nell’Ufficio del Gatto. “Come sei diventato grande”– dice al gattone bianco Muta- e ci ricorda il “Che bocca grande hai nonna” di Cappuccetto Rosso– e lo scorbutico gatto, che però sarà uno dei suoi salvatori, le risponde: “No, sei tu che sei rimpicciolita”.

O perfino il riferimento alla fiaba di Hans Christian Andersen Il Re nudo: il Re dei gatti, simbolo del potere vessatorio che sceglie in base al proprio tornaconto, vuole costringere Haru a sposare suo figlio, il Principe dei gatti, da lei malauguratamente salvato, ma il cattivo resterà alla fine privo del pelo; diverrà chiaro a tutti, così, che il suo “terzo occhio”, sbriciolatosi, è solo posticcio.

L’anima è sicuramente un percorso di crescita dalla spensieratezza e dalla sbadataggine dell’adolescenza: la protagonista Haru diventerà più consapevole di se stessa dopo aver affrontato numerose vicissitudini. Quello su cui punta, però, lo spirito orientale, e che viene più volte ripetuto, è il rapporto col tempo, tanto è vero che all’inizio della storia la ragazza non riesce ad arrivare puntuale a scuola, pur puntando la sveglia (“non basta puntare la sveglia” le ricorda la mamma).

“Sii consapevole del tuo tempo”è il messaggio di questa opera come sempre elegante e dal tratto visivamente accattivante, come tutti i film di animazione prodotti dal giapponese Studio Ghibli: questo messaggio, tutt’altro che subliminale, non è rivolto anche ad un pubblico già adulto che si affanna nel tentativo di incastrare i vari impegni in giornate considerate troppo corte?

Al di là della storia narrata, piena di avventure, le immagini, come la processione dei gatti in notturna, che vengono a cercare Haru per ringraziarla camminando in piedi su due zampe, quasi fossero sonnambuli, saranno indimenticabili per adulti e bambini e imperdibili per i numerosi amanti dei felini.

data di pubblicazione:07/02/2016

REMEMBER di Atom Egoyan, 2016

REMEMBER di Atom Egoyan, 2016

Come sempre Atom Egoyan ci intrattiene bene; è capace, anche grazie all’ottimo Christopher Plummer, di catturarci nel suo gioco.

Come tutti gli anziani non più lucidi Zev Guttman ha i suoi precisi punti fissi: sua moglie è uno di questi e a ogni risveglio si rinnova in lui il dolore per la di lei morte non accettata né compresa.

Non può dunque sottrarsi alla promessa fatta di vendicarla.

Ci immedesimiamo nella smemoratezza – che ricorda il grande Memento di Christopher Nolan del 2000 anche grazie alla scrittura sul corpo – e seguiamo con partecipazione la demenza senile dell’imponente vegliardo; ci troviamo a parteggiare per lui perfino in situazioni estremamente scorrette. Il gioco è questo, no? Eppure tutto il nostro entusiasmo va alla descrizione del tormento senile più che alle trovate originali che, come si sa, nei film di questo regista non mancano mai. Un ottimo curato prodotto che catturerà larghe fasce di pubblico.

Atom Egoyan è tornato alla sua lucidità canadese; i suoi labirinti a bambole russe con sorpresa finale sono qui resi interessanti dal lungo viaggio rinnovato ad ogni risveglio: una smemoratezza per non dimenticare.

data di pubblicazione:3/02/2016


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