TUTTO QUELLO CHE VUOI di Francesco Bruni, 2017

Roma. Quartiere Trastevere. Giorgio Ghelarducci, nato a Pisa ottantacinque anni fa, è un poeta dimenticato. La sua mente, seppur un po’ smarrita a causa dell’Alzheimer che non gli permette di fissare il presente, non cancella tuttavia quei versi che “i poeti scrivono quando non si sa dove mettere l’amore”, versi che riaffiorano improvvisi come fulmini in quel cielo ricco di nubi in movimento che è la sua memoria, assieme ai ricordi di un passato oramai molto lontano.

Rimasto vedovo e solo, di Giorgio si prende cura la sua cara amica nonché vicina di casa Laura che, conoscendolo bene, decide di trovargli una compagnia maschile che lo obblighi ogni giorno ad uscire di casa per prendere una boccata d’aria. La donna quindi propone ad Alessandro, un giovane del quartiere ignorante e per nulla incline verso qualsiasi tipo di occupazione, di fare da badante a Giorgio dedicandogli giornalmente qualche ora del suo inutile tempo in cambio di denaro. Inizialmente Alessandro prova vergogna nel farsi vedere prestare il braccio a quell’anziano signore, ma questo incarico lo sottrae dalle pressioni di suo padre che lo vorrebbe a lavoro con lui e ben presto essere di compagnia ad un famoso poeta diventa anche motivo di vanto con i suoi tre amici del bar. Ed alquanto inaspettatamente, da quella frequentazione fatta di passeggiate pomeridiane nel verde e chiacchierate a tratti surreali tra due individui così diametralmente opposti, nascerà una improbabile quanto insperata alchimia nell’incontro magico tra memoria ed ascolto.

Dopo il brillante esordio con Scialla! seguito dal tiepido Noi 4, con questo suo terzo film Francesco Bruni sviluppa il tema della memoria in quella sorta di passaggio del testimone tra generazioni diverse, invogliando i giovani a crescere senza tagliare le proprie radici e gli anziani ad avere più fiducia nel mettere i propri ricordi così pregni di esperienza nelle loro mani. Tutto quello che vuoi è un film acuto e sensibile, ben radicato nella nostra realtà, che colpisce al cuore per la semplicità della storia, in un giusto equilibrio tra commedia (perché si ride e molto) e dramma, come la vita stessa ci insegna nelle molteplicità delle sue sfaccettature. I misteriosi graffiti sui muri dello studio di Giorgio, incisi con un tagliacarte in un suo momento di profondo sconforto e che tanto incuriosiscono gli amici di Alessandro da ravvisare in essi la mappa di “un tesoro” nascosto, portano in realtà a scorgere in chi li legge, nascosti tra le righe, i desideri profondi di chi li ha tanto appassionatamente graffiati.

Troviamo i bravi Antonio Gerardi, Raffaella Lebboroni e Donatella Finocchiaro tra gli interpreti, anche se è l’esordiente Andrea Carpenzano nel ruolo di Alessandro che stupisce con quella sua aria a tratti inebetita dall’ignoranza, e che fa da spalla al grande Giuliano Montaldo (Giorgio), quel “vecchio” di cui non possiamo che innamorarci e per sempre.

data di pubblicazione:16/05/2017


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5 Commenti

  1. Un film poetico e pulito che ti lascia il sorriso e la speranza in una generazione povera di idee e di linguaggio, ma che sembra ravvedersi di fronte all’innegabile allure dell’anziano protagonista. Abilissima sintesi di un conflitto generazionale che si risolve inevitabilmente a vantaggio del passato, un passato che si va dissolvendo e disgregando come nella labile memoria del vecchio Giorgio (magnifico Giuliano Montaldo), ma al quale è indispensabile attingere per trovare preziosi punti di riferimento per le generazioni future. Bellissima Trastevere, coprotagonista di questo apprezzabile lavoro.

  2. Bel film italiano che riavvicina il pubblico alle sale. Una commedia densa, che fa riflettere sulla necessità del silenzio, quale antidoto al rumore straniante nel quale siamo quotidianamente immersi e sull’importanza dell’ascolto dell’altro, fondamentale strumento per far germogliare ciò che di positivo c’è sempre in ogni essere umano . . . anche nei “quattro amici al bar”.
    Importante coltivare la speranza di trovare un paio di scarpe vecchie (il “tesoro”) per poter crescere e incominciare a vivere pienamente.
    Vera poesia.

  3. “Il passaggio di testimone tra generazioni diverse”, come sottolineato dalla recensione, è la più evidente chiave di lettura del film. Un romanzo di formazione per il giovane Alessandro, il cerchio della vita che si chiude per Giorgio. La storia ricorda molto Adorabile Nemica, uscito da poco nelle sale. E se in Adorabile Nemica c’è sullo sfondo (anche) la parabola umana di Shirley MacLaine, qui la vita e l’arte di Giuliano Montaldo si fondono per un omaggio a un artista partigiano, che ha conosciuto Sandro Pertini, che abita nella “casa museo” in cui sono girate alcune scene del film, che si incanta alla vista della sua vera moglie.
    Viva Giuliano Montaldo. E viva il buon cinema italiano.

  4. una bella commedia italiana incentrata sul salto generazionale, una relazione bella, delicata e autentica tra un anziano poeta affetto da Alzheimer e un nipote virtuale, un giovane scapestrato e perditempo, figlio dei quartieri popolari di Roma. Il trade union lo fa la poesia che insospettatamente incuriosisce e attrae la sensibilità latente di Alessandro e degli altri amici della sua comitiva di quartiere e i video games che, di contro, attirano fuori dal normale immaginario l’anziano poeta, persona raffinata ma al tempo stesso giocosa e comunicativa. L’approccio tra i due, così distanti per età , cultura e carattere non è dei migliori ma le loro “necessità del momento” li portano ad entrare uno nel mondo dell’altro e ad essere di beneficio e sollievo reciproco. Senza dubbio da vedere.

  5. Nel complesso condivido il giudizio reso dalla recensione. “Tutto quello che vuoi” è u film molto carino, delicato, elegante e profondo. Il Maestro Montaldo non solo è impeccabile e bravissimo ma rappresenta il vero motore del film perchè gli conferisce forza, eleganza e contenuti per i tanti richiami ad aneddoti, episodi e vizi e virtù della sua storia personale e della sua vita quotidiana (come le sigarette fumate di nascosto dagli occhi di sua moglie Vera Vergani, la quale, peraltro, compare nel film con un fugace cameo nel ruolo dell’amata Costanza di Pisa). Una bella scoperta il giovane Andrea Carpenzano nel ruolo di Alessandro. Unica nota dolente del film sono alcuni momenti di lentezza nella parte centrale che va dall’ingresso di Alessandro nella casa del poeta Giorgio alla “trasferta” in Toscana, durante la quale, forse, la “banda” di amici trasteverini avrebbe un pizzico di ritmo in più e maggior vitalità. Non mi è piaciuta, invece, l’interpretazione del personaggio di Riccardo resa da Arturo Bruni, figlio del regista, il quale non sembrava molto a suo agio e convincente, forse perchè strappato al suo mondo della musica rap. Nel complesso un bel film da vedere!

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