MOUTHPIECE di Kieran Hurley, regia di Maurizio Mario Pepe

5 Nov 2020 | Accredito Teatro

(Teatro Belli – Roma, 2/8 novembre 2020)

Edimburgo, strapiombo di Salisbury Crags al tramonto. Libby è una scrittrice in crisi, Declan la salva prima che lei si getti di sotto. Il ragazzo ha una storia da raccontare e Libby ne approfitta per ritrovare ispirazione.

 

Per indicare qualcuno che parla a nome di un altro in inglese si usa il sostantivo mouthpiece. Il titolo dà l’idea di quello che vedremo, succede così quando si rispettano le rigide regole dello storytelling. Lo sa bene Libby, una scrittrice di opere teatrali in preda al blocco dello scrittore. È a un passo dal buttarsi nel vuoto quando Declan, un ragazzo di appena diciassette anni con una straordinaria dote di disegnatore, la ripesca indietro e tra i due inizia un’amicizia. Libby rimane affascinata da uno dei disegni del ragazzo, una bambina in piedi sullo skyline di Edimburgo sovrastata da una bocca gigante che sta per inghiottire tutto. Quando gli chiede le ragioni dell’opera scopriamo che il ragazzo ha una storia difficile alle spalle, ed è una storia da raccontare. Libby coglie l’occasione per tornare a scrivere, appropriandosi del racconto di Declan. L’interesse nei confronti del ragazzo è quindi egoistico. La loro è un’amicizia improbabile, se non altro per il divario di età. Ma quello che li distingue nettamente è la provenienza sociale: Declan fa parte del nuovo tessuto povero inglese, che fa i conti con le scarse finanze e le frustrazioni che ne conseguono. È del tutto solo e deve arrangiarsi. Non così la borghese Libby, che sfrutta la storia commovente di Declan per tornare a darsi uno scopo nella vita. È in questo modo che Hurley trasforma la vita reale in teatro, creando un gioco incredibile di continuo passaggio dalla finzione alla realtà e da questa di nuovo nella finzione dello spettacolo che Libby vuole mettere in scena. Il cortocircuito nella testa dello spettatore è assicurato, coinvolto in prima persona anche grazie alle soluzioni da teatro epico insite nella struttura del testo. Ma le regole dello storytelling non sono quelle della vita reale. Il finale è tutto da scoprire.

Una riflessione sull’urgenza dell’arte, vista come necessità o sfogo e non come un prodotto scientificamente strutturato. Uno spettacolo che guarda al dramma della vita di tutti i giorni. Una scrittura brillante e coinvolgente, come gli attori in scena, Cecilia Di Giuli e Edoardo Purgatori, sacrificati forse alla lettura al leggio, ma tuttavia complici di una regia dinamica che si avvale della forza seduttiva e convincente della loro interpretazione. Un esperimento che ci ricorda quanto il teatro sia legato alle nostre esistenze e quanto abbiamo bisogno di arte. Qui, ora, soprattutto in questo periodo di pandemia.

data di pubblicazione:05/11/2020


Il nostro voto:

5 Commenti

  1. Esperimento riuscito, un dramma nel dramma dove non c’è davvero una fine. Nelle battute finali di Declan e nel suo modo straordinario di porsi si percepisce chiaramente che quello che succederà dopo dipende da lui stesso, non più personaggio ma protagonista reale di una storia in cui non può esistere una immagine finale. Così lo spettatore rimane sospeso in questo limite impercettibile tra realtà e finzione, un cortocircuito mentale appunto: “non va tutto bene e se va bene allora dimmi come è”. Bravi e credibili gli attori, sono rimasti nel personaggio per tutta la durata dell’opera, creando una chimica veramente palpabile.

  2. Lo spettacolo tratta tematiche fortemente attuali quali: povertà, disperazione e famiglie divise.
    Seppur in streaming gli attori ci hanno fatto calare nella storia e vivere i loro sentimenti nonostante si trattasse di metateatro ed online potesse risultare più difficile trasmettere determinate emozioni .
    È necessario continuare a sostenere queste iniziative soprattutto in questo periodo storico così delicato poiché cosa sarebbe l’uomo senza letteratura ed arte?

  3. Non sono una sostenitrice del teatro on line ma, visti i tempi, è stato un piacere enorme poter conoscere, ascoltare e vedere questa mise en espace ieri sera. Bravissimi gli attori, Cecilia Di Giuli che già conosco e apprezzo molto e un ottimo Edoardo Purgatori, tutti e due hanno dato vita e corpo a due personaggi complessi… nonostante si trattasse di un reading. Non vedo l’ora di vedere questo stesso lavoro in scena a teatro, finalmente, dal vivo. Grazie!

  4. Lo spettacolo è coinvolgente; ho trovato l’utilizzo dei leggii molto intelligente, utilizzati come scenografia e non solo “in se per se”
    Mi sembra chiaro che volendo rispettare il distanziamento tra gli attori, sia voluta la scelta di una distanza tra i due … e quindi perché no, leggio sia. Ma se anche gli attori sono distanti tra loro, non non lo sono affatto dal pubblico. Infatti le riprese in primo piano mi hanno portata vicino ai personaggi e dentro la storia. In primo piano anche una espressione facciale diventa un “terremoto”.
    Gli attori sono brevissimi misurati e coinvolgenti. Purgatori sembra davvero un 20enne; DiGiuli è piena di sfaccettature che aprono verso mondi dell’universo femminile…

  5. L’appoggio al reading nuoce un po’ alla pièce. Teatro senza movimenti di scena. Purgatori jr ha 11 anni in più circa rispetto al personaggio della drammaturgia e fa logicamente fatica a calarsi nei panni dell’Under 18.,

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