MIA di Ivano De Matteo, 2023

Una giovane ragazza, un legame affettivo che si traduce in un controllo ossessivo e manipolatorio, l’impotenza di fronte a quella logica del possesso che conduce alla inevitabile distruzione della “propria” donna.

Mia (Greta Gasbarri) sta vivendo la sua adolescenza in modo straordinariamente normale: il liceo, la pallavolo, le feste con gli amici, uno spesso strato di rossetto sulle labbra, i balletti su Tik Tok. Suo padre Sergio (Edoardo Leo) e sua madre Valeria (Milena Mancini) osservano la loro bambina mentre diventa una donna, cercando di mantenere quella “distante vicinanza” che, a fatica, raggiunge il suo punto di equilibrio. Quando nella vita di Mia irrompe Marco (Riccardo Mandolini), la quiete già precaria, che il “capofamiglia” Sergio si sforza di preservare a tutti i costi, viene spazzata via da una tempesta tanto inattesa quanto furiosa. Marco ha già vent’anni, esibisce il fascino dell’esperienza e in poco tempo riesce a legare a sé Mia. Il suo, però, è solo un insano desiderio di possesso e di controllo, che finirà per trascinare Mia e la sua famiglia in un vortice distruttivo e asfissiante, fatto di annullamento, senso di colpa, rabbia e vergogna.

Come con Gli equilibristi e I nostri ragazzi, Ivano De Matteo porta in scena il cinema che si confronta con temi politico-sociali, raccontando una contemporaneità spesso distorta dai toni di certe narrazioni qualunquiste. Un tema importante, quello raccontato da Mia, anche se il film non risulta sempre all’altezza della sfida. La scrittura, a tratti forse frettolosa e ingenua, indulge a qualche stereotipo di troppo, restituendo l’impressione, specie nella prima parte del film, di restare spesso in superficie rispetto a dinamiche e a personaggi che avrebbero meritato di essere scandagliati in maniera meno prevedibile. Quell’aggettivo possessivo “Mia”, che campeggia nel titolo, sintetizza troppo efficacemente lo sviluppo del film, che quasi mai riesce a cogliere veramente di sorpresa lo spettatore.

Sebbene il finale ceda a una spettacolarizzazione non del tutto necessaria, è significativo che proprio in questo momento facciano la loro comparsa lo Stato, il codice penale e le sentenze pronunciate “in nome del popolo italiano”, ma non, questo è il punto, per “rendere giustizia” a Mia.

Resta da accogliere con favore la scelta del cinema italiano di confrontarsi con il fenomeno della violenza contro le donne, ricettacolo e amplificatore di quegli stereotipi di genere che solo un dibattito pubblico serio e consapevole può contribuire a lasciar emergere, alimentando la speranza, forse utopica, di una sfida che si riesca a vincere più sul piano culturale che su quello giuridico-penale.

Una “menzione di merito” va, infine, alla città di Roma, che, con la maestosità popolare di Trastevere e Testaccio, si trasforma nel teatro perfetto di una storia come tante altre, eppure da ogni altra differente.

data di pubblicazione: 18/04/2023


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1 commento

  1. Un film sociale, a suo modo rigoroso. Il regista si mostra sensibile a una trattazione non edulcorata di un tema palpitante e borderline. E il cast regge ampiamente la prova

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