NON TI PAGO di Eduardo De Filippo, regia di Luca De Filippo

22 Feb 2017 | Accredito Teatro

(Teatro Argentina – Roma, 21 febbraio/5 marzo 2017)

I numeri della Smorfia volteggiano su un fondale inondato di nuvole. Sogno, superstizione o realtà? 

Il Teatro Argentina di Roma offre il suo palcoscenico al ricordo di Luca De Filippo, a poco più di un anno dalla scomparsa, attraverso la sua ultima regia. Non ti pago, uno dei gioielli del “primo Eduardo” (1940), torna come se il tempo non fosse mai passato: la scrittura è quella originale, ma la messa in scena è capace di sorprendere anche il pubblico più affezionato del Teatro eduardiano.

Il palco è incorniciato dai numeri della Smorfia napoletana e la scena è coperta da un pannello su cui troneggiano gli antichi biglietti del gioco del Lotto.

Il pannello si alza, introducendo lo spettatore nella casa di Don Ferdinando Quagliuolo (Gianfelice Imparato), mentre sua moglie Donna Concetta (Carolina Rosi) e la cameriera Margherita (Viola Forestiero) sono intente a sgusciare dei fagioli freschi. Il fondale è inondato di nuvole, quelle nuvole che Aglietiello (Nicola Di Pinto) scruta di notte nella convinzione di leggervi scene, figure e, quindi, numeri, che il suo padrone Don Ferdinando gioca con assidua e trepidante speranza al Banco Lotto ereditato da suo padre. Le nuvole, però, sono anche e soprattutto il simbolo più eloquente della dimensione del sogno, del mistero, del mondo dei morti che qualche volta viene a far visita al mondo dei vivi, di quel “non è vero ma ci credo” che rende arduo tracciare una netta linea di confine tra la fantasia, la superstizione e la realtà.

Don Ferdinando non ha particolare fortuna al gioco, mentre Mario Bertolini (Massimo De Matteo), innamorato di sua figlia Stella (Carmen Annibale), colleziona estratti, ambi e terni grazie alle visite che gli giungono in sogno da parte di suoi parenti defunti. Una notte si avvicina al suo letto l’anima del padre di Don Ferdinando, in compagnia della buonanima di Don Ciccio il tabaccaio. Il giorno successivo Bertolini centra una quaterna milionaria, ma Ferdinando si convince che quella vincita spetti a lui e si impossessa del tagliando vincente senza alcuna intenzione di restituirlo.

Si avvicenderanno sulla scena uomini di Legge (l’avvocato Strummillo, Giovanni Allocca) e uomini di Chiesa (Don Raffaele, Gianni Cannavacciuolo), ma Ferdinando sembra fermo nel proposito di difendere a ogni costo la sua verità.

Difficile prendere una posizione tra l’intransigenza della razionalità e il fascino del sovrannaturale, tra le prove che ogni Tribunale esige per veder provate le proprie ragioni e l’evidenza che non necessita di dimostrazione alcuna. Alla fine, ad ogni modo, solo il sentimento riuscirà nell’ardua impresa di farsi collante tra prospettive all’apparenza troppo distanti per trovare un punto di contatto, in una quotidiniaità che diviene straordinaria nel momento esatto in cui recupera la propria “normalità”.

Gianfelice Imparato, raccogliendo il testimone di Luca De Filippo, si trova di fronte a un compito assai arduo, che svolge in maniera diligente anche se non sempre all’altezza della complessità del personaggio di Don Ferdinando. Straordinaria la prova di Carolina Rosi e, tra i personaggi minori, particolarmente convincenti Viola Forestiero, Giovanni Allocca e Paola Fulciniti (nel ruolo della popolana Carmela e di Erminia, zia di Mario Bertolini).

Gli appalusi fragorosi e calorosi sono pienamente meritati, per un ricordo che non si stanca di vivere e di rinnovarsi nel presente.

data di pubblicazione: 21/02/2017


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