THE VOYAGE OF TIME di Terrence Malick, 2016

(73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016)
Il mea culpa dell’umanità nei confronti della Terra: dagli albori dell’universo sino all’attuale temperie storica; attraverso la carica espressiva delle riprese sulla natura, che si manifesta in tutto il suo splendore.

Una voce calda, avvolgente, materna accompagna il percorso visivo dei momenti principali della storia dell’universo. Una sequenza di scene d’indimenticabile bellezza: lava incandescente che si protende verso il mare – come i tentacoli di una piovra; panorami inimmaginabili di luoghi verdi e incontaminati; celesti riprese subacquê che scovano gli angoli più reconditi del paesaggio marino. La Terra, dunque, nella sua più ammaliante manifestazione.

Nel mondo in cui viviamo, tuttavia, spesso la purezza della natura viene inquinata dalle barbarie degli esseri umani. Ed è ciò che esprime la voce in sottofondo, che rappresenta l’umanità e si rivolge in tono dimesso alla Terra, per espiare le sue colpe. Un monito per salvare ciò che stiamo deturpando, ciò che stiamo perdendo senza accorgercene. Per questo motivo, alle immagini naturali entusiasmanti, si alternano quelle di atrocità umane umilianti.

Un viaggio nel tempo che scorre inesorabilmente: “Ma se il tempo devasta e divora tutto, cosa rimane?

La pellicola di Terrence Malick consente di ammirare la natura in un modo in cui non la si era mai vista prima. Filmati di rara bellezza e riprese mozzafiato, rese possibili grazie alla collaborazione con National Geographic.

Per la ripresa dei due tipi di immagini che si avvicendano (quelle stupende della natura e le altre che mostrano la grettezza dell’uomo) il regista sceglie sapientemente diversi tipi di ripresa: per le prime ricorre alla steadycam, permettendo una visione splendida e fluida; mentre per le seconde non usa lo stabilizzatore, realizzando un effetto mosso, sfocato, di bassa qualità. Artifizio che esalta ancor di più il contrasto tra la bellezze della natura e la meschinità umana.

Un film in gestazione per 40 anni, che ad ottobre arriverà nella sale e sarà distribuito in due versioni: una da 90 minuti (circa) con la voce di Cate Blanchett; e una di 40 minuti visibile con la tecnologia IMAX, accompagnata dalla voce di Brad Pitt. La proiezione avvenuta alla 73. Mostra del cinema di Venezia, tuttavia, è quella da 90 minuti ma senza IMAX; e ciò, evidentemente, ha comportato la perdita della visione totalizzante che conferisce l’innovativa tecnica.

Non spicca in modo particolare la colonna sonora del maestro Ennio Morricone – forse il difficile rapporto con Malick (atteso che il musicista italiano ha dichiarato di non trovarsi a suo agio con il regista statunitense: perché troppo invadente) non ha consentito al compositore di esprimersi al meglio.

Nonostante l’indubbio fascino delle immagini mostrate durante il film, lo sviluppo della trama filmica risulta lento e poco coinvolgente. Un panteismo naturalistico che non è nuovo al grande schermo, e che non riesce ad essere incisivo.

Il messaggio del global warming è un tema sicuramente importante, ma non è trattato qui con originalità.

Se, da un lato, l’impatto umano sulla natura può essere distruttivo; dall’altro, la natura dimostra una resilienza incredibile.

“La natura si divora soltanto per rinascere ancora”.

data di pubblicazione:09/09/2016







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