UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO di Tennessee Williams con Mariangela D’Abbraccio, Daniele Pecci, Angela Ciaburri, Stefano Scandaletti, Erika Puddu, Giorgio Sales e Massimo Odierna; regia, scene, adattamento e costumi di Pier Luigi Pizzi

5 Mar 2020 | Accredito Teatro

(Teatro Quirino- Roma, 3/15 marzo 2020)

Un robusto drammone d’epoca lasciato nella sua cornice naturalistica anni ’50. Un soggetto epocale risolto a misura di un Pizzi uno e trino che brilla soprattutto nella scenografia e nei costumi avvalendosi della traduzione di Masolino D’Amico.

Due ore e mezzo senz’intervallo. Prendere o lasciare. Aderendo ai sovratoni da prima donna di Mariangela D’Abbraccio su cui si reggono sorti e tenuta di un classico oscillante tra cinema e teatro. Se Vivien Leigh era stata la matura interprete del film alla allora non più tenera età di 38 anni (rispetto a una protagonista che fintamente ne dichiara 25 ma che comunque non dovrebbe averne molti di più) qui il salto generazionale è ancora più esteso perché la prim’attrice di anni ne ha 58 e dunque, seppur debitamente truccata e ben vestita, più che una donna perduta sarebbe oggi volgarmente definita una milf. Lo spettacolo rivela a poco a poco, come nel gioco a incastro di tante scatole concentriche, il suo torbido passato di conquistatrice di adolescenti, di moglie infelice di un consorte tanto giovane quanto omosessuale, di frequentatrice di bordelli, di praticante alcoolista. Né le può far la morale in violento cognato di origine polacca che alla fine, nel massimo del climax la violenta. Finale mesto ed allusivo. Quello che bussa alla porta non è l’ultimo spasimante che possa redimerla ma un incaricato del manicomio (allora, prima di Basaglia si chiamavano così) che è venuto ad offrirle se non altro quell’auspicato vitto e alloggio a cui da sempre brama. I deliri della D’Abbraccio riflettono il caleidoscopio di un universo femminile variegato in cui si confondono o comunque giocano un ruolo importante debolezza, vanità, fascino. Crudo realismo nel testo originale e scelte di campo nell’adattamento. In originale erano già spariti i riferimenti all’omosessualità del violento protagonista, alias Marlon Brando. Bravo Daniele Pecci, attorialmente vocato in questo caso alla greve rozzezza ed animalità di un personaggio negativo.

data di pubblicazione.05/03/2020


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