TRUMAN CAPOTE QUESTA COSA CHIAMATA AMORE scritto da Massimo Sgorbani e diretto da Emanuele Gamba, con Gianluca Ferrato

10 Apr 2017 | Accredito Teatro

(Teatro Vascello – Roma, 5/9 aprile 2017)

Il Teatro Vascello di Roma ha ospitato la piece TRUMAN CAPOTE questa cosa chiamata amore, tratta dall’inedito testo di Massimo Sgorbani con la regia di Emanuele Gamba, per una produzione Fondazione Teatro della Toscana e dedicata Truman Capote, pseudonimo di Truman Streckfus Persons, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e attore statunitense, scomparso nel 1984 a soli 60 anni.

Un uomo si racconta in uno spazio essenziale e dinamico, delimitato da tavolo, sedie e pannelli in rigoroso movimento. E’ un uomo solo, svestito, destato di notte da urla e calci alla porta dell’ex compagno, in realtà interessato solo alla sua fama e ai suoi soldi che inizia a parlare della sua vita. Inizia così l’interessante monologo confessione di Truman Capote, l’autore consacrato alla notorietà da A sangue freddo, romanzo verità del 1966, storia del massacro di una famiglia e capostipite di una tipologia di giornalismo letterario di grande successo, ma anche contraddittorio personaggio di mezzo secolo di storia e costume americano. Capote infatti prima che scrittore giornalista e drammaturgo, è vittima e protagonista dello star system americano, per il suo essere eccessivo, esibizionista, decadente ma anche influencer e personaggio pubblico come diremmo oggi.

E’ costui il Capote raccontato da Massimo Sgorbani, fortemente sentito e interpretato da Gianluca Ferrato ed intelligentemente diretto da Emanuele Gamba, un anticonformista che può permettersi di dissacrare Hollywood e la società letteraria newyorkese, mettendo anche dentro se stesso, i suoi vizi, le sue manie.

Capote racconta alla sua interlocutrice, Marilyn Monroe, sua grande amica ed anch’essa segnata da un’infanzia difficile e da una vita sofferta, amori, avventure, successi e sconfitte, ma anche l’America di quegli anni, le figure di Jackie e John Fitzgerald Kennedy, l’omicidio a Dallas di quest’ultimo nel 1963 e quello del fratello Bob, cinque anni dopo, l’inutile guerra in Vietnam. Ma anche l’America di Perry Smith, l’omicida della famiglia Clutter, nel Kansas del 1959, da cui nacque il romanzo A sangue freddo e del quale ricorda con dolore le visite in carcere. Truman Capote, un predestinato della scrittura, frivolo e profondo, con la sua disperata voglia di stupire, di essere apprezzato e amato.

Uno spaccato interessante quello messo in scena, in grado di esasperare le contraddizioni di un uomo vissuto tra fama e lustrini da un lato ed emarginazione dall’altro, il suo essere eccessivo e fragile. Su tutte la mano del regista, in grado di alleggerire e smussare con i passaggi veloci e l’uso di musiche ed immagini appropriate, l’enfasi di un personaggio scomodo ed esasperato per far emergere e lasciare in tutti quel senso di malinconia e profonda solitudine, quel bisogno di affetto e di amore, che a distanza di tempo è certamente quello che è più giusto ricordare dell’uomo Truman Streckfus Persons.

data di pubblicazione:10/04/2017


Il nostro voto:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ricerca per Autore:



Share This