TOMMASO di Kim Rossi Stuart, 2016

Tommaso, incapace di ritrovare il bambino che è in sé e di crescere insieme a lui, cerca invano il proprio equilibrio in relazioni fallimentari, avvicinandosi a quelle donne da cui è al tempo stesso affascinato e ossessionato.


Tommaso (Kim Rossi Stuart) di mestiere fa l’attore, anche se sogna di dirigere un film tutto suo. In attesa di leggere un copione che gli appartenga davvero e di scrivere la storia che lo rappresenti del tutto, si sforza di trovare il proprio ruolo anche nella vita. Il suo complicato e inappagante rapporto con le donne è solo la spia del più generale senso di inadeguatezza che opprime il protagonista fino a quasi soffocarlo. Si relaziona al sesso opposto con strategie quasi puerili, è ossessionato dal corpo di donne sconosciute che, dalla farmacia fino al tram, popolano le fantasie erotiche più elementari, ma, quando quelle donne abbandonano il sogno e diventano compagne reali, non riesce a far altro che concentrarsi su insignificanti difetti dei loro corpi all’apparenza perfetti: i denti storti di Chiara (Jasmine Trinca) o il “ciccetto di carne” pulsante sulle labbra di Federica (Cristiana Capotondi) sono i pretesti di cui Tommaso di serve per “mettere le distanze” e tornare a rifugiarsi nel suo impenetrabile mondo.

Mario (Renato Scarpa), lo psicoanalista che raccoglie gli sfoghi di Tommaso, gli ripete ossessivamente che l’unica via per crescere è quella di cercare e ritrovare il bambino che era dentro di lui e che si è smarrito chissà dove.

La causa remota del disagio esistenziale di Tommaso, dipinto a tinte lievi che non di rado scolorano però in variazioni più cupe, non lascia spazio a letture originali: il rapporto in parte irrisolto con i genitori, a partire dall’opprimente figura della madre (Dagmar Lassander), cui si aggiunge il peso delle convenzioni e degli obblighi sociali. Tommaso cercherà di spogliarsi dei suoi vestiti grigi e marroni, giungendo però alla conclusione che per tornare bambini non serve o comunque non basta togliere la barba e indossare t-shirt e cappellino, come avviene durante la relazione con la giovane Sonia (Camilla Diana).

Dopo il felice esordio di Anche libero va bene, Kim Rossi Stuart torna dietro alla macchina da presa con Tommaso, presentato fuori concorso durante la 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che, viceversa, sembra per molti aspetti un esperimento non riuscito. I toni onirico-psiconalitici pervadono in maniera originale l’intero film, ma solo nel finale risultano davvero convincenti. La sceneggiatura rivela qualche debolezza di troppo e anche la recitazione di Kim Rossi Stuart, da sempre una prevedibile certezza, non appare del tutto impeccabile, specie in quei toni grotteschi e surreali che pure dovrebbero rappresentare una delle cifre caratterizzanti del film.

L’impressione è quella per cui Tommaso, malgrado Kim Rossi Stuart si sia affrettato a smentire ogni suggestione autobiografica, è un film che appartiene troppo al regista per essere davvero “suo”.

data di pubblicazione: 11/09/2016


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3 Commenti

  1. I metodi psicoanalitici tradizionali (peraltro ormai ripudiati dalle nuove tecniche analitiche) non sembra trovino nel film quel giusto e necessario approfondimento. Tutto risulta quindi scontato e poco originale. La recitazione del protagonista-regista non convince e spesso risulta addirittura fastidiosa e sopra le righe. Non avevo grandi aspettative e quindi adesso non grandi delusioni. Tutto all’insegna di una semplice banalità…

  2. Condivido pienamente la recensione. Mi sarei aspettata qualcosa in più da Kim Rossi Stuart, come attore e come regista.

  3. Recensione.dettagliata, evidenzia un’ analisi a tutto campo del film e del protagonista .Pur non esprimendo un giudizio positivo induce interesse e curiosita’ per la rappresentazione

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