SOGNARE È VIVERE di Natalie Portman, 2017

Di : T. Pica

9 Giu 2017 | Accredito Cinema, Novità

L’esordio alla regia di Natalie Portman nasce da un lungo lavoro iniziato dall’attrice, ora anche regista, dopo la sua prima lettura del romanzo “Una storia di amore e di tenebra” di Amos Oz dal quale Sognare è Vivere è tratto.

Il film narra la storia vera dello scrittore Amos Oz, interpretato nel film dal giovanissimo Amir Tessler, che tra il 1930 e 1940 fu costretto, insieme al padre Arieh (Gilad Kahana) e alla madre Fania (Natalie Portman), a lasciare l’Europa segnata dalla persecuzioni naziste per fuggire in Palestina. Natalie Portman concentra il film sul periodo tra il 1945 e il 1953, ovvero sul momento formativo di Amos a 9 anni, che vive in una Israele ancora sotto il mandato britannico e prossima all’indipendenza, e sull’evoluzione del ragazzo che a sedici anni si trasferisce in un kibbutz.

Amos è figlio unico ed è legato da un rapporto magico con la madre Fania, una donna molto bella, colta, raffinata e sognatrice. Fania, però, è anche estremamente sensibile, fragile che ben presto, terminata la vita angosciata degli anni segnati del terrore bellico, viene sopraffatta da un senso di routine, insoddisfazione e disagio verso un marito che comunque stima e al quale vuol bene. Dalla silenziosa consapevolezza che forse Arieh non sia l’uomo giusto per lei – come dimostrano le visioni, sempre più frequenti ed estemporanee, di un bel ragazzo appassionato che aveva intravisto da bambina e idealizzato come il suo uomo ideale ribelle, forte e vitale -, il matrimonio inizia ad assumere tratti cupi, infelici sebbene non ci sia alcuna effettiva rottura o lite tra i due coniugi. Ecco che così Fania – lasciando apertamente il marito libero di conoscere e frequentare altre donne pur rimanendo sposati -, cade in una depressione che la porterà ad allontanarsi sempre di più, sia fisicamente che mentalmente, dal marito e da tutti, tranne che da Amos.

Nonostante i primi segni del malessere invisibile che lentamente la logorerà nel profondo dell’anima, Fania fino all’ultimo – nei limiti delle sue forze – tenterà di mantenere quel legame speciale con il figlio Amos fatto di racconti unici, fantasiosi, onirici, talvolta cupi, con cui da sempre la madre ha spronato il figlio a sognare e a tenere sempre fervida la propria immaginazione, proprio perché sognare è vivere! E Amos, seguendo l’insegnamento principe della madre, grazie alla fantasia, alla sua capacità di immaginare e raccontare le storie, tra realtà, sacralità e mito, da lui stesso create sconfiggerà le avversità come gli episodi di bullismo con cui a scuola veniva vessato: l’immaginazione e il sogno illustrati con le parole al posto della violenza, delle armi e delle angherie. Costretto a perdere la madre prematuramente, Amos riuscirà a crescere e vivere grazie al tesoro dei racconti e dei messaggi trasmessigli da Fania e, giunto all’età di settant’anni, Amos (Amex Pelag) cristallizzerà i suoi ricordi e il vuoto lasciato dalla madre nell’opera “Un romanzo di amore e di tenebra”.

L’esordio di Natalie Portman alla regia di Sognare è vivere colpisce soprattutto per l’ottima fotografia che conferisce alla pellicola quella dimensione onirica che doveva caratterizzare la storia. La cinepresa è diretta con una “mano” originale, esordiente ma decisa. Non convince l’interpretazione di Arieh resa dal musicista cantante Gilad Kahana, mentre Natalie Portman pare eccellere quasi di più come regista esordiente che come interprete della madre di Amos, apparendo spesso eccessivamente autoreferenziale e plastica.

Data di pubblicazione: 08/06/2017


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