RICHARD JEWELL di Clint Eastwood, 2020

Giochi Olimpici di Atlanta 1996, un addetto alla sicurezza: Richard Jewell (Paul Walter Hauser)è il primo ad allertare la polizia del rischio bomba, salvando così migliaia di vite dall’esplosione durante un concerto. Acclamato come eroe, diviene però per l’FBI e per la Stampa il sospettato numero uno dell’attentato stesso.

Una bella storia può essere anche una “Buona Storia”… e Clint Eastwood sa sicuramente come raccontare una storia e renderla quasi sempre una “Buona Storia”!

Questo giovane autore di appena soli 90 anni, ci regala oggi il suo 40° lungometraggio, limitandosi questa volta, si fa per dire, a mettersi dietro la cinepresa e a raccontarci un storia vera, dal punto di vista del presunto colpevole. Lo fa con il suo inconfondibile stile, con un approccio sobrio, scarno ma solido, una messa in scena semplice, lineare quasi classica che, senza troppi effetti, sa però catturare ogni attimo di tensione ed orientare le emozioni dello spettatore.

Con lucidità e coerenza, pur con modi ogni volta diversi, il regista prosegue il suo percorso già affrontato con American Sniper 2014, con Sully 2016 e con Ore 15,17 Attacco al Treno 2018, sul concetto di individuo, sulla natura dell’uomo normale posto davanti ad eventi o situazioni impreviste ed eccezionali. Ieri era il padre di famiglia che diventa cecchino in Irak, ieri l’altro erano dei singoli marines ad Iwo Jima, ed ancora più in là nel tempo, perché no? erano anche gli eroi solitari dei suoi western o il cowboy de Il Cavaliere Pallido.

Nel suo film di oggi ci descrive come una persona normale possa trovarsi fortuitamente a compiere un’azione eroica e come questa stessa azione possa essere stravolta in un gesto orribile e come un “eroe non eroe” possa divenire vittima ed essere stritolato dalle istituzioni, siano esse l’FBI o la Stampa, entrambe, a dir poco, troppo frettolose, superficiali, ciniche ed opportuniste pur di chiudere un caso o di fare uno scoop giornalistico. Un film dunque sospeso fra il racconto biografico e la critica dura dell’universo mediatico che circonda ogni fatto e degli abusi degli organismi governativi che possono arrivare a annientare il singolo soprattutto se onesto ed indifeso. Soprattutto se, come questa volta, il singolo è anche un uomo problematico che vive in un ambiente sociale marginale e ristretto, che abita ancora con la mamma e che ha come unico sogno di divenire un poliziotto. Particolarità e singolarità che ne fanno un perfetto capro espiatorio. Un personaggio a tratti quasi irritante per la sua remissività e la sua fiducia nei confronti delle Istituzioni.

Ma … siamo pur sempre in America, e le prerogative dello Stato si fermano sempre davanti la soglia di casa mia e, quando si va oltre, lo “Spirito Americano” prevale e allora il singolo riesce a rialzarsi in piedi, solitario e sicuro di affermare un suo diritto … (quante volte lo abbiamo visto, sia pur declinato in migliaia di modi!). E chi più di Eastwood, pur senza fare un film a tesi o politico può riuscire a rendere al meglio questo Spirito!

La regia è sostenuta da una buona sceneggiatura ma soprattutto da ottime performances attoriali, non abbiamo grandi interpreti carismatici ma il casting è perfetto con ottimi caratteristi: il poco noto Hauser, ruba realmente la scena e avrebbe meritato una nomination agli Oscar come Kathy Bates giustamente candidata come “attrice non protagonista” per il toccante ruolo della madre. Nel film ci sono anche dei difetti, delle stonature, delle lungaggini che alterano il ritmo, delle caratterizzazioni eccessive o banali di alcuni personaggi e, soprattutto nelle seconda parte, anche delle scorciatoie narrative troppo rapide o meccaniche che lasciano perplessi. Ma forse siamo troppo ben abituati o esigenti con questo giovane novantenne!

Richard Jewell è un film che si apprezza subito e si può anche apprezzare di più se si ha tempo e voglia di rifletterci sopra il giorno dopo, dopo aver decantato le emozioni della prima visione. Un film intelligente in equilibrio fra contenuti ed emozioni. Un film classico, ben diretto e ben recitato che conferma ancora una volta perché Eastwood è un’icona del Cinema. Un autore che ha il dono di saper raccontare le storie per descriverci la complessità della vita.

data di pubblicazione:19/01/2020


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1 commento

  1. Concordo con l’approfondimento proposto dal recensore:oltre la storia c’è la maestria di Eastwood regista sobrio ed essenziale. Unica caduta : le lacrimuccia della scalata giornalista,ma a Clint si perdona tutto

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