QUEL CHE NON SO DI LEI di Roman Polanski, 2018

La scrittrice Delphine (Emmanuelle Seigner) dopo il successo del suo ultimo libro autobiografico  è oppressa dai ricordi familiari riportati in vita, ed è fragile e disorientata per la stanchezza psicofisica ingenerata dalle pressioni dei suoi lettori e degli editori. Delphine è quindi in piena crisi, senza idee per un nuovo libro e tormentata da messaggi anonimi. In questa situazione di difficoltà le capita di incrociare una sua affascinante ammiratrice di nome Lei (Eva Green) che sfrutta abilmente le sue angosce e s’insinua progressivamente nella sua vita privata e professionale fino a divenire morbosamente essenziale. La loro amicizia diviene sempre più ambigua, inquietante e pericolosa.

 

Quel che non so di lei, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes con giudizi contrastanti, è un adattamento operato dallo stesso Polanski, unitamente all’amico sceneggiatore e regista Olivier Assayas (suo il recente Sils Maria), del best seller Da Una Storia Vera della francese Delphine de Vigan.  Dopo l’ultimo suo film La Venere in Pelliccia l’ottantacinquenne regista polacco ritorna oggi con un thriller che, seguendo un sentiero fra realtà e finzione, rinnova la sua maestria nell’adattare per il cinema storie molto forti e nell’operare riflessioni sull’ambiguità del processo creativo in una situazione ricca di suggestioni tutte virate al femminile. Polanski si muove in un incrocio fra un mondo letterario e teatrale che ci ricorda i suoi recenti Carnage e, per l’appunto La Venere in Pelliccia, riproponendoci ancora una volta il tema del “doppio”, “l’altro da sé”, scavando nelle zone d’ombra e di luce dei suoi personaggi, lasciando noi spettatori nel dubbio di quale sia il vero e quale sia il falso. È vero che Lei rappresenta la zona d’ombra di Delphine o piuttosto, è forse vero il contrario?  Un lavoro dunque quello di Polanski che ci porta ad esplorare i dubbi, le manipolazioni e le prevaricazioni di ruoli fra menti fragili e che ci fa rammentare Eva contro Eva, Misery non deve morire ed anche lo stesso Polanski di The Ghost Writer. Come al suo solito il regista è un maestro nell’ambientare la vicenda in spazi ristretti, però questa volta sembra quasi porsi in una posizione di estraneità rispetto alla vicenda narrata, come se fosse desideroso di realizzare un film meno “intellettuale” e più, per così dire, “popolare”, trovandosi però in tal modo a perdere in scioltezza. Difatti nel film, a momenti interessanti e di buona tensione, si succedono altri in cui si nota un’assenza dell’inventiva geniale di altri suoi film, e la sua mano di Direttore da l’impressione di perdere il controllo delle due protagoniste che paiono recitare, per inerzia, ciascuna un suo proprio film. Va però detto che la Seigner e la Green, entrambe costantemente sulla scena, sono costrette in due personaggi cui non sono concesse sfumature e di qui certi eccessi e ridondanze della loro recitazione.  Quel che non so di lei non è certamente uno dei lavori fondamentali di Polanski, ma il regista, dopo oltre 55 anni di attività prestigiosa, resta pur sempre un grande del Cinema e questo suo ultimo lavoro anche se discontinuo e distaccato è comunque coerente con la sua storia di qualità, eleganza e tensione. Dunque, non un’opera maggiore ma un dignitoso thriller psicologico in cui il regista, agendo su vari piani narrativi, punta più al “come” si son svolti i fatti raccontati, piuttosto che alla loro “logicità”, con una conclusione spiazzante che nasce dalla follia creativa, incontro fra illusione e realtà.

data di pubblicazione:07/02/2018


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2 Commenti

  1. Premesso che Polanski è da me considerato un maestro e quindi ritrovo comunque nella pellicola echi di grande cinema, concordo col recensore nel giudicarlo un ‘ opera leggermente al di sotto degli standard cui ci aveva abituato. Certo la gara di bellezza sfiorita e di accesa perversione fra le due splendide protagoniste merita il biglietto, ma siamo effettivamente ” solo dalle parti di un dignitoso thriller!”

  2. Vivo lo stesso piccolo rammarico del recensore col

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