POINT BREAK di Ericson Core, 2016

Di : Sherry

1 Feb 2016 | Accredito Cinema, cinema

Nell’epoca di YouTube chiunque può godere di qualche minuto di celebrità, ma la fama accompagna in modo decisamente più persistente le persone in grado di stupire, affascinare e divertire con le proprie imprese. È in questo modo che Utha (Luke Bracey), giovane e intrepido amante del motocross, conquista il successo: facoltosi sponsor finanziano le sue incredibili gesta ad alto rischio. Nonostante Utha sia assolutamente appagato e pagato per fare ciò che desidera, la sua vita viene sconvolta da un tragico incidente che lo spinge a tentare l’ingresso nel Federal Bureau of Investigation (FBI).

Per farsi strada in un contesto lavorativo fortemente scettico di fronte al suo curriculum vitae, Utha si concentra sul complesso caso di una banda di ladri, guidata da Bodhi (Edgar Ramirez), che realizza delle “spettacolari” rapine.

“L’unica legge che conta è quella di gravità”: in questa frase può riassumersi l’ideologia di cui Bodhi, il leader di un gruppo di amanti degli sport estremi, si fa portatore. Seguendo le orme di Ozaki, ideatore di otto prove in cui ci si incontra/scontra con le forze della natura, Bodhi vuole scuotere le coscienze al fine di ripristinare un equilibrio tra uomo e natura ormai alterato dalla convinzione del primo di poter dominare, con i propri schemi e le proprie leggi, la seconda.

Point break di Ericson Core è il remake dell’omonimo film del 1991 diretto da Kathryn Bigelow e interpretato da Keanu Reeves e da Patrick Swayze, dal quale però si differenzia per una diversa connotazione psicologica dei protagonisti. Gli elementi di novità inseriti nella trama, tuttavia, sono poco convincenti e non fanno altro che rendere più oscure e incomprensibili le ragioni che stanno alla base delle azioni dei vari personaggi. La pellicola del 2016, inoltre, concentrandosi principalmente sul legame che si instaura tra Utha e Bodhi, lascia piuttosto ai margini sia il rapporto con il più anziano ed esperto collega Pappas sia la breve liaison amorosa con la figlia adottiva del “maestro” Ozaki.

Unica nota realmente positiva, pertanto, è da rintracciarsi nelle imprese al cardiopalma affrontate dagli aitanti ed avvenenti attori che lasciano lo spettatore con il fiato sospeso e che rendono del tutto accessori se non superflui quei pochi dialoghi, scontati e a tratti insignificanti, che fanno della sceneggiatura un elemento quasi inesistente.

Rimane da chiedersi, dunque, se valga la pena vedere un remake che sminuisce il valore della lotta ambientalista, usandola come bandiera per nascondere l’inconsistenza degli obiettivi perseguiti dai protagonisti. In ultima analisi, il confronto tra le due pellicole va a tutto svantaggio del remake che si rivela un tentativo di giustapporre a un film d’azione, che se lasciato tale avrebbe trovato una sua ragion d’essere, un’ideologia ambientalista affrontata in modo maldestro e superficiale.

data di pubblicazione: 01/02/2016


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