PAGLIACCI ALL’USCITA da Leoncavallo a Pirandello, di e con Roberto Latini e con Elena Bucci, Ilaria Drago, Savino Paparella e Marcello Sambati

3 Ott 2023 | Accredito Teatro

(Teatro Vascello – Roma, 29 settembre/8 ottobre 2023)

Al dramma della gelosia che è al centro della vicenda della compagnia di attori girovaghi narrata in Pagliacci di Leoncavallo segue la parabola metafisica dei personaggi dell’atto unico All’uscita di Pirandello. Nato dalla fusione dei due capolavori, prodotto dalla Fabbrica dell’Attore e dalla Compagnia Lombardi-Tiezzi col sostegno di Armunia e Kilowatt, debutta in un’atmosfera sospesa Pagliacci all’uscita, il nuovo spettacolo di Roberto Latini in scena in questi giorni al teatro Vascello di Roma, segnando l’inizio della nuova stagione teatrale 2023/24.

  

A un artista come Roberto Latini, tra i più originali della nostra scena contemporanea, bisogna riconoscere l’abilità di saper affrontare con profondità lo studio degli autori classici, da cui sa trarre nuove e coraggiose opere di drammaturgia. Accade anche qui nel suo ultimo lavoro che mette insieme in un’unica lettura Pirandello – già affrontato in altri suoi lavori – e Leoncavallo, compositore e librettista esponente del Verismo di fine ‘800. I testi dei due grandi autori si frantumano per poi rimescolarsi, tra echi di parole nuove, in qualcosa di inaspettato. Ne risente forse la comprensione cronologica dei fatti narrati (di certo non aiutata dalla distribuzione delle parti, in numero superiore rispetto agli attori sulla scena), ma l’esperienza che se ne trae è profondamente teatrale.

Il sipario si apre su una scena buia, rischiarata da una fila di lucine, avanzo di un addobbo caduto dal tendone di un circo o di un teatro ora dismesso. Appaiono come tante stelle e, insieme a una finta luna portata a guinzaglio dal poeta attore e regista sperimentale Marcello Sambati, riflettono il loro pallido bagliore sul lago di acqua che ricopre il pavimento del palcoscenico. Lo sciabordio dell’acqua mossa dai piedi degli attori, le luci e i suoni – curati come sempre nei lavori di Latini da Max Mugnai e Gianluca Misiti – realizzano un’atmosfera sospesa, un limbo, una zona di passaggio tra la finzione e la realtà. Un luogo sospeso nello spazio e nel tempo destinato a inghiottire lo spettatore, se questo si lascia catturare dalla poesia del teatro. Ed è in questo incontro tra il reale e l’immaginario, tra la sostanza e l’apparenza, tra il teatro e la vita che si gioca, per un meccanismo di cortocircuiti e incongruenze che avvicinano Leoncavallo a Pirandello, tutta la storia. Il prologo invita lo spettatore a ridere del dramma sulla scena, ma ad avere pietà degli attori che lo recitano. Le parole annunciano la tragedia del delitto d’onore che si andrà a consumare, ma la mimica schernisce nei gesti la morte annunciata e fa sciogliere il pubblico in una risata.

Incongruenza anche nell’uso della maschera: quando l’attore la indossa dice il vero, mentre opera la finzione quando la smette. La stessa risata è incongruente perché nasconde dolore, spasmo e pianto. La Nedda di Pagliacci ride della difformità di Taddeo e riderà ancora quando – una volta uccisa per gelosia da Canio – apparirà fuori dal cimitero in sembianze di anima in attesa di svanire. Questo passaggio nell’aldilà, dove la attende il marito – che continua a vestire la giubba del pagliaccio – oltrepassa i termini della tragedia e, di nuovo, sospende lo spettatore in un tempo eterno, in uno spazio senza confini. Come con un semplice gesto l’attore toglie la maschera e se la riannoda, così il teatro ci mostra chi siamo e chi vorremmo essere nei nostri desideri. Un luogo di sospensione, dove ogni tanto è bello perdersi e ritrovarsi. Chissà se il teatro a la vita, in fondo, non siano davvero la stessa cosa.

data di pubblicazione:03/10/2023


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