NOTE DI CUCINA di Rodrigo Garcia, regia di Giuseppe Roselli

Di : T. Pica

12 Apr 2015 | Accredito Teatro

(Teatro dell’Orologio – Roma, 8 aprile 2015 / 19 aprile 2015)

Sulla scia del boom dei talent show dei fornelli va in scena al Teatro dell’Orologio la pièce Note di cucina che già in tempi non sospetti, lontani dalle luci della ribalta televisiva, aveva colto nella “cucina” – intesa come luogo di confronto/scontro e come vera e propria “arte” – la forza attrattiva, come una sorta di inconscio riconoscimento, che essa esercita sull’essere umano, donna o uomo che sia. La voce narrante, e non solo, del bravissimo Giorgio Carducci, avvolto nella sua impeccabile mise elisabettiana, introduce i quattro protagonisti, ma non prima di aver scrupolosamente ricordato a tutti il decalogo delle regole della buona tavola. E dalla “tavola” da cui tutto ha avuto inizio – che lascia presagire un incontro di commensali rievocativo della tavolata, con i suoi altrettanto bizzarri scambi di battute esistenzialistiche, della pellicola di Patroni Griffi Metti, una sera a cena – inizia il dialogo, o presunto tale, tra due uomini (Giancarlo Fares  e Alessandro Porcu) e due donne (Sara Valerio e Mariasilvia Greco), cuochi e commensali al contempo. Uno dei due uomini si presenta affermando Io sono Stupido e subito si innesca un ritmato “doppio” di affermazioni, domande, risposte: tutte si rincorrono riflettendo la complessità dell’animo umano. Si susseguono riflessioni sulla vita, sulla società, sulla desolazione dell’anima, sul successo e l’affermazione del singolo, sul guadagnarsi la vita, sul senso della vita: annegare nella vita per qualcuno dei “cuochi” ha un’accezione positiva e si contrapporrebbe al negativo ed “affannoso” stare a galla; per altri invece annegare nella vita non è sinonimo di vitalità, passione, né vuol dire assaporare tutti i sapori e gli odori delle sfumature che la vita offre bensì altro non è che lo smarrimento di chi rimane fermo, e succube degli eventi senza sapere cosa fare, quale strada prendere. Ognuno percepisce e vive le cose in modo diverso. Il mondo è una trappola e ogni strada è sbagliata. Ad ogni nato è stato abortito il diritto di non nascere: i quattro protagonisti, durante un surreale banchetto di nozze sviscerano un dialogo che spesso diviene un “corale monologo” come individuale flusso di coscienza che li accomuna sovrapponendone i pensieri, i timori, i sogni infranti. Il tema della famiglia, della scuola, della precarietà, dell’amore e del rapporto di coppia e con i figli. I capisaldi della società sono affrontati con tratto forte, spregiudicato e ironico da Rodrigo Garcia con incredibili picchi di humor, paradossi e venature amare. In particolare, davvero spassoso e irresistibile è il “quadro” del papà (un bravissimo Giancarlo Fares) che denuncia la scuola, composta dai parassiti dell’educazione, e decide di far crescere suo figlio in “modo sano”, lontano dall’odore di famiglia – fatto di latte, miele, pane, marmellata – portandolo ogni mattina a fare una colazione a base di vermut, ma con olive, e Campari così trascorrerà le ore in classe ridendo continuamente senza ascoltare e “immagazzinare” l’educazione demenziale. Altrettanto acuto e tagliente è la proposta/organizzazione con epilogo finale di una cena “speciale” – Maxim’s di Parigi o dallo Zozzone?-. Visionarie ricette, come in una gara a chi è più bravo quantomeno nel destare meraviglia nei commensali – come la visionaria e iperbolica progettazione/competizione di un banchetto matrimoniale – “pepano” qua e là il testo dello spettacolo insieme all’incantevole voce dell’“elisabettiano” narratore che regala intermezzi musicali d’autore con la giusta ironia.

Da assaggiare e assaporare fino all’ultima goccia amarognola del no sense addolcita dal liuto di Simone Colavecchi.

data di pubblicazione 12/04/2015


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