LITTLE SISTER di Hirokazu Kore-eda, 2016

Esce nelle sale italiane il nuovo film del giapponese Hirokazu Kore-eda già presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes e che trova ispirazione, con un libero adattamento, dal best seller manga Umimachi’s Diary di Yoshida Akimi.

Il regista risulta già noto al pubblico italiano per Like father, like son del 2013, vincitore a Cannes con il Premio della giuria, e prima ancora per Nobody knows, anch’esso premiato a Cannes nel 2004, film che aveva a suo tempo spiazzato tutti raggiungendo un consenso inaudito da parte della critica cinematografica più accreditata.

Il film presenta una storia semplice: tre sorelle (Sachi, Yoshino e Chika) vivono da sole in una casa alquanto fatiscente nella cittadina balneare di Kamakura, ognuna vive la sua indipendenza economica ed affettiva, non corrisposte però dai rispettivi uomini, incapaci di affrontare un rapporto sentimentale stabile e duraturo e quindi poco attenti alla sensibilità delle ragazze, da anni abituate ad arrangiarsi dopo essere state abbandonate dalla madre e dal padre.

In occasione del funerale di quest’ultimo, vengono a conoscenza della sorellastra di tredici anni che conquista subito, con la sua semplicità e la sua grazia, il cuore delle tre sorelle che non esitano a proporle di trasferirsi e andare a vivere insieme a loro.

Da questo momento inizia una nuova vita per la giovane Suzu che si inserirà in punta di piedi nella nuova casa, andando d’accordo con le sorelle, diverse tra di loro per carattere, ma che comunque la amano e la rispettano, manifestando nei suoi confronti una grande dedizione senza trascurare di seguirla in questa sua fase adolescenziale.

Apparentemente il film si snoda in maniera molto lenta e misurata, senza colpi di scena che possano suscitare nello spettatore una attenzione per tematiche sorprendenti, lasciando tutto esitante come pennellate tenui in un contesto rarefatto tipico del paesaggio giapponese, dove i colori sembrano sfumare e confondersi tra di loro senza una definizione chiara dei contorni.

Ma non si tratta di superficialità, di un minimalismo proprio per non affrontare i problemi o per affrontarli in maniera poco decisa, nel film Little sister i temi importanti ci sono tutti, come quello dell’abbandono o della sopravvivenza affettiva, solo che vengono trattati in maniera delicata, quasi sospesi nel tempo in attesa del momento opportuno per trovare la loro soluzione.

I rapporti interpersonali, non esenti da astio o da abnegazione, rimangono avvolti sempre da una certa compostezza e vengono affrontati nel silenzio, con minor sofferenza possibile e senza urtare la sensibilità degli altri.

Tutto un gioco di riverenza e rispetto reciproco che trova rari casi di abbandono come di fronte a tavole imbandite di pietanze fumanti, dove sembra soffermarsi volutamente il regista, quasi a sottolineare un momento di intimità familiare, un momento di grande coesione tra le sorelle così diverse tra di loro e che davanti al cibo si trovano finalmente insieme e in sintonia.

Anche nel finale il tempo rimane incerto nel vuoto, sulla spiaggia disseminata di conchiglie le quattro sorelle si incontrano e si muovono, saltellando tra le onde che si infrangono sull’arenile, suggellando così la tacita promessa di rimanere per sempre unite e rimuovendo l’amaro che rimane in fondo al cuore, per un affetto perduto o che forse non si è mai posseduto.

data di pubblicazione 01/01/2016


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