LA TEMPESTA di William Shakespeare, regia di Roberto Andò

14 Gen 2020 | Accredito Teatro

(Teatro Vascello – Roma, 10/19 gennaio 2020)

La tragicommedia più famosa del bardo inglese, che riassume in sé le tematiche più care a Shakespeare – dal tradimento ai danni di un governante all’amore tra due giovani, fino all’uso della magia e alla battaglia tra la natura selvaggia e la forza della cultura – vista secondo un’ottica intima e riflessiva, nell’originale ambientazione “al chiuso” di Roberto Andò.

 

 

L’isola di Prospero è un panorama dalla luce crepuscolare che si nota appena da dietro una finestra. Il resto è un interno borghese di una casa che si affaccia sul mare, a metà fra un ospedale per ricovero psichiatrico, con tanto di letti e pazzi, e uno studio riempito di libri di svariato genere e grandezza. Di libri ce ne sono in ogni angolo, quelli che il nobile e anziano Gonzalo (Gianni Salvo) consegnò al suo signore il giorno che fu costretto a lasciare il ducato di Milano con la figlia Miranda (Giulia Andò), ancora bambina, esiliato dopo che il fratello, per perfido disegno, ne usurpò il potere. Ma è l’acqua l’elemento dominante nella messa in scena di Andò/Fusini. Il pavimento della stanza, che arriva a brandire la prima fila della platea, ne è interamente sommerso. C’è acqua dappertutto: piove dall’alto appena si alza il sipario, è a terra a formare una pozza gigante, bagna i costumi degli attori, si riflette sui muri che circondano la scena in un riverbero di luce che rende l’atmosfera fluida e inconsistente, come quella della materia di cui sono costruiti i sogni appunto. È lì a delimitare lo spazio che corre tra la terra ferma e l’isola, come a dire la distanza che esiste tra realtà e immaginazione. Acqua di tempesta inarrestabile, che si prolunga nel bagliore e nel suono dei tuoni. Prospero, nella magistrale e intima interpretazione di Renato Carpentieri, è il padrone incontrastato di questo regno, che egli stesso domina con la potente arte della magia e della scienza. Per questo mal sopporta l’insurrezione meschina del difforme schiavo Calibano (Vincenzo Pirrotta) che, complici i due naufraghi marinai Stefano e Trinculo (rispettivamente Francesco Villano e Paride Benassi), tenta di accoppare il mago per riprendere il dominio sull’isola. Compagnia di guitti ubriaconi a cui è dato il compito di portare la risata, attraverso l’uso del dialetto dall’effetto grottesco. Ma nell’isola insieme alla tempesta, ordita da Prospero e orchestrata dallo spiritello Ariel – qui nei panni di un maggiordomo in livrea, interpretato da uno straordinario Filippo Luna – approdano anche Antonio, il perfido usurpatore, Gonzalo, il nobile servitore di cui prima, e Alonso, re di Napoli, insieme a suo figlio Ferdinando (Paolo Briguglia), della cui persona si innamorerà a prima vista Miranda. La vicenda va avanti tra fantasmi che appaiono e visioni che prendono forma nello spazio buio del fondale, palcoscenico sul palcoscenico, arsenale delle apparizioni di pirandelliana memoria. È così che tra piccole vendette e perdono concesso si arriva finalmente alla soluzione del dramma: Prospero può smettere quindi i panni del mago e rivestire quelli del duca, accendersi una sigaretta e contemplare alla penombra di un lume, con appagata soddisfazione, il bene ricostituito delle cose un tempo perdute.

data di pubblicazione:14/01/2020


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