LA DISEDUCAZIONE DI CAMERON POST di Desiree Akhavan, 2018

In una Festa del Cinema particolarmente attenta alle tematiche “di genere”, come quella appena conclusasi a Roma, The Miseducation of Cameron Post si colloca dalla prospettiva, ironica ma disillusa, dell’età adolescenziale.

 

Cameron (una impeccabile Chloë Grace Moretz) è una liceale che cerca di sembrare come tutte le altre ragazze della sua età, con tanto di brufoloso accompagnatore al ballo della scuola. Intrattiene però una relazione con la coetanea Coley (Quinn Shephard), che fa parte del suo stesso gruppo di studio della Bibbia: è un rapporto coinvolgente e idilliaco, ma quando le due ragazze vengono scoperte, Cameron è costretta a “ricoverarsi” nella comunità religiosa God’s Promise.

All’interno del centro i ragazzi deviati, affetti dalla sindrome ASS (attrazione per persone dello stesso sesso) o, sono chiamati a un processo di rieducazione che dovrebbe portarli a prenderli consapevolezza dei loro peccati e a guarire, con l’aiuto di Dio e dei responsabili della comunità, dalle proprie perversioni.

Il percorso alla quale Cameron è chiamata risulta a tratti paradossale. Da una parte, la causa di tutti i mali sembra essere proprio quella famiglia tradizionale, basata su sane relazioni eterosessuali, di cui tutti cantano il mito e dovrebbe rappresentare la salvezza dal peccato. Dall’altra parte, gli educatori, pur ostentando serenità e sicurezza, sono forse più instabili emotivamente degli ospiti che pretenderebbero di rieducare. L’incontro con Jane Fonda (Sasha Lane) e Adam (Forrest Goodluck) servirà a Cameron per portare a termini il suo processo di “diseducazione”

Il film di Desiree Akhavan, vincitore del Gran Premio della Giuria all’ultima edizione del Sundance Festival, è tratto dall’omonimo romanzo di Emily M. Danforth, che ha acceso i riflettori sull’equivoca realtà dei centri di rieducazione americani per ragazzi che di problematico hanno solo i pregiudizi con cui sono chiamati a fare i conti.

I toni del racconto, mai morbosi o eccessivamente cupi, rendono plasticamente la “normalità” di quello che si pretende di additare come anormale, restituendo l’impressione che la realtà distorta e “diseducativa” sia proprio quella attorno a cui è costruito God’s Promise: il karaoke con canti religiosi e le band rock che intonano canti al Signore.

data di pubblicazione:31/10/2018


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