JOJO RABBIT di Taika Waititi, 2020

1944, Jojo ha dieci anni ed è convinto di essere un perfetto giovane nazista: vive con la mamma, odia gli ebrei che non conosce ed ha un amico immaginario che è una versione bizzarra di Hitler. I problemi di identità si accentuano quando scopre che la madre nasconde in casa una giovane ebrea…

 

Periodicamente, spesso con giustificato entusiasmo di pubblico e critica, vengono alla luce pellicole che riescono a trattare in modo ora grottesco, ora delicato, ora decisamente surreale, il serio e tragico racconto dello sterminio degli ebrei, attraverso parodie del nazismo, più o meno riuscite.

Da Ernst Lubitsch (Essere o non Essere del 1942) a Mel Brooks (omonimo remake del 1983) da Benigni (La Vita è Bella, del 1997) a Radu Mihaileanu (Train de Vie del 1988) per citare i più celebri, molti registi si sono cimentati nella narrazione ironica della Shoah, spesso facendo storcere il naso agli ebrei più ortodossi… L’ultimo, in ordine di tempo è il geniale Taika Waititi, regista neozelandese del ‘75 (padre maori, madre ebrea) che offre una nuova prospettiva, in grado di far sorridere – a volte anche ridere tout court– spiegando ai ragazzini che cos’è stato il nazismo. E lo fa con uno scenario, solo apparentemente rivolto agli adolescenti: una piccola città di provincia, campi di addestramento per bambini che si conoscono fra di loro, macchiette naziste a gestire il locale campo paramilitare. Il film, presentato a Toronto e da noi a Torino, in anteprima, è candidato a ben sei Oscar (peraltro quasi un destino segnato per le pellicole che trattano la tematica dello sterminio) e certamente si può dire che colpisce nel segno. Tratto dal romanzo della scrittrice Christine Leunens, l’eclettico Taika Waititi, sceneggiatore, attore e regista, ha realizzato una commedia surreale, a volte musical, a tratti parodia, in grado di catturare spettatori di ogni età, parlando di nazismo, una tantum, senza toni cupi. Con citazioni che vanno da Il Grande Dittatore del supremo Chaplin al sopravvalutato La Vita è Bella, Jojo Rabbit è un’opera riuscita e accattivante, resa quasi perfetta dall’alchimia di una sceneggiatura semplice ma diretta, una coerenza stilistica ineccepibile di musica, fotografia, costumi, dialoghi e, soprattutto, interpretazioni di altissimo livello da parte degli attori prescelti. L’undicenne James Rolleston ha espressione e pudori propri dell’innocenza infantile. Il suo miglior amico Jorki, interpretato da Archie Yates, forse, è giovane attore ancora più versatile. Ma, giustamente candidata come migliore attrice non protagonista ritroviamo una Scarlett Johansson (risoluta, divertente e sfortunata madre di Jojo), ormai uscita dal frusto clichè di “bella senz’anima” e destinata a ruoli sempre più impegnativi (vedi Marriage Story) che ne attestano la crescente bravura. Di sicuro, però, nessuno dimenticherà l’Hitler-nazista burlone frustrato, modello angelo custode immaginario, il personaggio più esplosivo del film, interpretato proprio da Taika Waititi, cui si deve un’impresa che di certo lascerà il segno nella storia delle migliori gags del cinema grottesco. Tanto e tant’altro ci sarebbe da dire su questo film che si presenta alle apparenze come una piccola pellicola destinata alle giovani generazioni, ma che ha invece enormi pregi da scoprire in ogni sua sequenza. Al di là dei significati, della valenza storica, dei valori che trasmette, siamo di fronte a un autentico gioiello, che certamente si valorizzerà ancor più nel tempo. Onore, dunque, al geniale Waititi, autentico one-man-show!

data di pubblicazione:27/01/2020


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2 Commenti

  1. Un film geniale, sensibile disegnato e pensato con gli occhi di un bimbo.
    Commovente, forse sottovalutato.

  2. Un racconto poetico,un film toccante,originale e personale che funziona a meraviglia ed è molto più profondo di quanto possa apparire.JOJO non elude infatti la complessità dei temi affrontati ma li tratta con rara tenerezza e delicatezza grazie ad un equilibrato gioco di continue variazioni di toni fra satira,tragedia e poesia.
    Racchiude un messaggio semplice ma d’effetto:continue inquadrature alle scarpe dei protagonisti.
    Imparare ad allacciarsi le scarpe da soli,vuol dire imparare a camminare nel mondo in autonomia,anche Elsa ha le scarpe slacciate prima di uscire verso la libertà e JOJO la aiuta ad allacciarle.
    La mamma ha la scarpa slacciata quando la trova impiccata e la stessa mamma le ha allacciate a JOJO continuamente,quasi come un insegnamento di vita

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