IL PERMESSO – 48 ORE FUORI di Claudio Amendola, 2017

Quattro detenuti, 48 ore di libertà, il senso di una condanna che non è solo all’interno del carcere, la disperata ricerca di uno spiraglio di riscatto nell’eterna dialettica tra “dentro” e “fuori”.

Dopo l’esordio alla regia con la commedia La mossa del pinguino, Claudio Amendola torna dietro la macchina da presa, cambiando completamente genere, per dirigere il noir Il permesso – 48 ore fuori (che Accreditati aveva già recensito già in occasione della proiezione al Noir in Festival), interpretato da lui stesso insieme a Luca Argentero, Giacomo Ferrara e Valentina Bellè.

Il film, di cui il regista è anche sceneggiatore insieme a Roberto Iannone e Giancarlo De Cataldo ( già “prestato al cinema” con Gomorra, Suburra), racconta il modo in cui quattro detenuti, diversi per età, sesso, estrazione sociale e curriculum criminale, trascorrono le 48 di libertà concesse loro prima di dover rientrare in carcere.

Donato (Luca Argentero), Angelo (Giacomo Ferrara), Rossana (Valentina Bellè) e Luigi (Claudio Amendola) sono tutti detenuti nel carcere di Civitavecchia, dove devono scontare il loro debito con la Giustizia, ma non si sono mai incontrati.

I motivi per cui si trovano in carcere sono diversi. Rossana, 25 anni, ricca e viziata, in rapporto conflittuale con la madre, è dentro per traffico di stupefacenti: è stata arrestata all’aeroporto mentre cercava di trasportare 10 kg di cocaina. Angelo, venticinquenne ragazzo di periferia, è stato condannato per rapina a mano armata, commessa con complici che non ha mai “denunciato”. Donato, 35 anni, ex pugile coinvolto in incontri clandestini, sta scontando una pena da innocente, sacrificandosi al posto del vero colpevole. Luigi, cinquantenne, è un criminale di lunga data, ha riportato una condanna per omicidio e ha già scontato 17 anni di pena.

Il film si apre con l’uscita dal carcere dei quattro detenuti: è il preludio al loro personale viaggio nel mondo esterno, che nel frattempo è cambiato e con cui devono fare i conti. Ognuno di loro è combattuto tra il desiderio di riscatto per una nuova vita e la tentazione di ricadere nella spirale della delinquenza, in una zona di confine tra colpa e redenzione, tra “dentro” e “fuori”, che pervade l’intera pellicola.

Anche se le storie dei quattro personaggi sono diverse, come lo stesso Amendola ha dichiarato in alcune interviste, sono accomunate da uno stesso sentimento che è l’amore: per un figlio, per una donna, per la persona ideale ancora da trovare.

Nonostante i protagonisti sembrino marchiati dall’illegalità in maniera indelebile e incapaci di sfuggire a un destino già scritto, il film lascia aperto uno spiraglio di redenzione. Ad una solida struttura narrativa che tratteggia in modo dinamico l’animo dei personaggi e tiene alta l’attenzione dello spettatore, si affianca una sapiente direzione della fotografia (Maurizio Calvesi), che restituisce scene ricche di pathos.

Si può dire quindi che la seconda prova da regista di Claudio Amendola non tradisce il genere, rendendo però genuino, vitale e personale il film.

Degna di nota il personaggio di Donato, ex pugile con i muscoli scolpiti e tatuati, accecato dalla rabbia e della frustrazione, alla ricerca disperata della moglie costretta a prostituirsi, interpretato egregiamente da un inedito Luca Argentero che esce dai suoi ruoli consueti e stupisce in positivo.

data di pubblicazione: 06/04/2017


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