IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE di Yi’nan Diao, 2020

Il capo di una gang con grossa taglia sulla testa è in fuga dalla polizia e da una banda rivale. E’ disposto a sacrificarsi per far intascare alla sua famiglia la somma della ricompensa…

 

Dopo quanto è accaduto il 9 febbraio al Dolby Theatre di Hollywood con la vittoria clamorosa di Parasite, nella categoria Oscar per il miglior film dell’anno, qualcosa è cambiato nella miope distribuzione cinematografica di casa nostra. Abbiamo così l’opportunità di vedere e talvolta gustare film della produzione “orientale” che in genere ci venivano negati. Così, nel caso della pellicola in questione, il noir Il Lago delle Oche Selvatiche di Yi’nan Diao, regista cinese, già autore di Fuochi d’Artificio in Pieno Giorno, anch’esso un duro e angosciante poliziesco, circolato nelle sale del circuito d’essai prima della chiusura per Corona Virus. Caratteristiche del cinema di Diao (per semplicità) sono, in generale, la cupezza delle ambientazioni, la pioggia che cade più copiosa che in Val Brembana e un mondo notturno per buona parte della pellicola, per tacer del lago, nella pellicola in questione. E’ certo che il regista di Xi Nan (1969), già vincitore di un Orso d’oro a Berlino, da buon cinefilo, ha ben in testa l’archetipo dell’anti-eroe di tanti noir USA degli anni 40’50’e 60’, ma, mutatis mutandis, ne rivisita l’ambientazione e lo attualizza alla sua realtà: abbandona il bianco nero e costruisce una storia “criminale” in una notte torbida e viscosa. La vicenda si dipana come “appuntamento in una stazione del sud” (come nel titolo originale) per Zhou, appena uscito dal carcere, che dopo una furibonda battaglia fra gang uccide un poliziotto e fugge braccato. Viene agganciato da una prostituta, Liu (forse innamorata di lui) e con lei cerca di sfuggire alla legge e ai rivali. Oltre al protagonista, l’attore Hu Ge, autentica star tv cinese, è il ruolo di Liu, interpretato da Gwei Lun al centro della trama: figura di difficile comprensione, personaggio ambiguo e stratificato sarà lei, donna dai molti padroni, a guidare Zhou nell’improbabile speranza di salvezza. Con stile ben collaudato, l’autore alterna, con perizia tecnica e ispirazione scene realistiche ad altre oniriche, mai gratuite, senza dimenticarsi di sottendere nel finale il senso di una sorta di giustizia risarcitoria per i più deboli. Certamente una conferma per quello che viene definito l’astro nascente della nuova cinematografia cinese e un film da vedere o recuperare quanto prima…

data di pubblicazione:11/03/2020


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