IL COLIBRI’ di Francesca Archibugi, 2022

(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)

Marco Carrera, in famiglia da piccolo chiamato colibrì per la sua bassa statura, attraverso i ricordi racconta la sua storia fatta di amori passati, mai veramente cancellati, e di amori presenti, mai veramente vissuti. Una vita passata nell’illusione di realizzare qualcosa che inevitabilmente gli sfugge di mano. Da uomo oramai fatto, imparerà che non bisogna mai arrendersi di fronte a un destino crudele che sembra accanirsi contro di lui. Sarà la nipote Miraijin, ultimo vero affetto rimastogli, che lo aiuterà a sopravvivere al buio della propria esistenza.

 

Francesca Archibugi, con il suo Il Colibrì, inaugura questa 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma per la prima volta sotto la Direzione Artistica di Paola Malanga, giornalista, critica cinematografica e tra i principali collaboratori di Paolo Mereghetti per il Dizionario dei Film. Succede a Antonio Monda che ha ricoperto questo ruolo per ben 7 anni e che è riuscito a portare sul red carpet dell’Auditorium grandi star internazionali. Alla presentazione de Il Colibrì, grande era l’attesa del pubblico, per la verità un poco scarso in sala rispetto alla calca degli anni passati, soprattutto per la presenza di un cast di tutto rispetto, impegnato in una recitazione faticosa per la tematica drammatica certamente non facile. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Sandro Veronesi, vincitore nel 2020 per la seconda volta del prestigioso Premio Strega, riconoscimento già attribuito all’autore nel 2006 per il libro Caos calmo. La buona performance dei vari attori, a cominciare da Pierfrancesco Favino nella parte di Marco Carrera e a seguire quella di Kasia Smutniak, Laura Morante, Alessandro Tedeschi, Bérénice Bejo e Nanni Moretti per citare alcuni nomi più di spicco, non è sufficiente a riscattare il film e a renderlo più fruibile al pubblico. La sceneggiatura, in parte curata dalla stessa regista, fa fatica a seguire la trama a innesto che caratterizza il libro di Veronesi: il susseguirsi quasi frenetico di continui e brevi flash back, appesantisce la narrazione che risulta alla fine alquanto “pasticciata”. La vita del Carrera è scandita da tragedie affettive e da problematiche irrisolvibili verso le quali lui stesso ne rimane invischiato, come una mosca all’interno di una sottile ragnatela, incapace di prendere una posizione univoca e responsabile. Il montaggio scelto non facilita certamente la struttura generale del film fatto di ricordi frammentari da parte del protagonista che riportano ad un puzzle irrealizzato e quanto mai discontinuo. Forse da una regista del calibro della Archibugi, nota anche al pubblico internazionale per i tanti premi e riconoscimenti ottenuti dai suoi film, ci si sarebbe aspettato qualcosa di più, un maggiore coinvolgimento emotivo, un’attenzione più ricercata. Sui titoli di coda un inedito di Sergio Endrigo, un brano bellissimo che la stessa figlia del grande cantautore, morto nel 2005, ha voluto far eseguire da Marco Mengoni, un nome e una garanzia.

data di pubblicazione:13/10/2022


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3 Commenti

  1. Sarò diretto come sempre: Colibrì è un brutto film, tratto da un libro altrettanto modesto, di uno scrittore che ci aveva ben impressionato in altre occasioni ( Caos Calmo, ad esempio). Qui, purtroppo, siamo alle solite di certe ambiziose produzioni nazionali, dove il solito “giro”( produttori RAI e compagni, attori di richiamo, regista sopravvalutata) realizza il solito film noioso, girato in modo approssimativo, a volte con dialoghi e situazioni francamente imbarazzanti, privo di autentico pathos. Nella carnevalata si sprecano i personaggi convenzionali ( tipo il Moretti psicologo) e neanche il fascino di Favino , ormai sempre uguale a se stesso riesce a salvare una pellicola, ovviamente( ironico) destinata al successo di un pubblico di bocca buona.

  2. La mia voce è un po’ fuori dal coro perchè il film a me è piaciuto moltissimo e penso che meriti un giudizio decisamente più benevolo. Non ho letto il libro e ne sono contenta: ho apprezzato Il colibrì senza saperne nulla, senza pregiudizi, e le vicende di questo uomo, che più che immobile definirei “gentile” di quelli che almeno inizialmente passano inosservati ma che dopo una più attenta analisi mostrano tutta la loro immensa e profonda umanità, mi hanno colpita profondamente. Il suo mettere gli altri sempre davanti a sé, essere da supporto vero alle sofferenze delle persone che ama, vederlo affrontare con coraggio tutti i dolori – alcuni quasi insopportabili – che la vita gli manda, esserci sempre e mai come un peso, ed alla fine della sua di vita avere maturato la consapevolezza che tutti coloro che lo circondano sono con lui, mi ha fatto riflettere sull’importanza di come impieghiamo il nostro tempo su questa terra. E la scena della partita di poker è talmente esplicativa del suo modo di essere, che inevitabilmente non può che farci ambire a divenire anche noi un po’ dei colibrì.

  3. Portare sullo schermo un libro complesso e frammentato come quello di Veronesi era già di per sè un compito difficile ma l’Archibugi ha poi commesso l’errore di farne una trasposizione fedele cadendo così nella difficoltà di non riuscire ad operare la necessaria sintesi cinematografica nel rappresentare tutto ciò che lo scrittore lasciava invece alla fantasia dei suoi lettori. Il risultato quindi è un film non perfetto, anzi NON ben riuscito che avrei giudicato ancor più severamente di quanto ha già fatto il collega Iraci nella sua precisa recensione. E’ infatti, a mio parere, un film dai tempi troppo dilatati, il ritmo non è lento ma è addirittura pesante, affardellato dall’uso eccessivo dei flashforward e dei flashback che alla fine generano tanta confusione e spezzano la logica narrativa. Un film frammentato anche dalla necessità di dover rappresentare visivamente le emozioni del protagonista sotto i tanti colpi del Destino. Altra debolezza non lieve è poi l’approccio che voleva essere intrigante e coinvolgente delle tante difficoltà del vivere del protagonista ma che rischia invece di rasentare a tratti il melodramma e ricorda un altro film “non perfetto” visto l’anno scorso qui a Roma: Promises. Non ultimo, escluso Favino, gli altri attori del ricco cast sembrano talora essere utilizzati quasi fuori contesto, o eccessivi nella loro recitazione sopra le righe o sottoutilizzati rispetto alle loro potenzialità, quasi chiamati a far atto di presenza per personaggi, ahinoi, appena tratteggiati nella trasposizione sullo schermo.

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