GEMMA BOVERY di Anne Fontaine, 2015

Una donna banale che odia la banalità della vita, non è banale. Ossessionato dai classici della letteratura dell’800 ed in particolare da Flaubert, Martin Joubert (Fabrice Luchini) è un intellettuale di mezza età che da sette anni vive “rifugiato” in un villaggio della Normandia per trovare equilibrio e serenità. In realtà il tentativo non gli riesce, perché per sfuggire alla tentacolare vita parigina e vivere nel “difficile ed umido” silenzio della campagna, di equilibrio ce ne vuole proprio tanto se non si vuole dopo un po’ far ricorso agli antidepressivi! Riciclatosi come panettiere nella vecchia panetteria del padre, Martin e sua moglie, che lo aiuta in negozio, hanno un figlio adolescente che confonde i personaggi di Madame Bovary (il romanzo che in assoluto suo padre predilige) con quelli di un videogioco, e Martin preferirebbe saperlo drogato piuttosto che così abissalmente ignorante. Ma un giorno la realtà supera la fantasia allorchè una giovane coppia di inglesi acquista la cadente villetta accanto alla loro casa: i loro nomi, Gemma e Charles Bovery, seppur simili a quelli usati da Flaubert, sembrano a Martin da subito alquanto inquietanti, leggendo in essi quasi un segno del destino, e ne rimane turbato. L’arrivo della bella e sensuale Gemma lo desterà da quel grigio torpore così affannosamente cercato, ponendo fine a dieci anni di tranquillità sessuale e risvegliando in lui una malizia da tempo sopita. Martin comincerà a tracciare la trama di un suo personalissimo romanzo osservando e spiando in particolare la vita di Gemma, che sembra ricalcare i “flaubertiani “ requisiti di quell’archetipo letterario di donna che rifugge, attraverso l’adulterio, la noia ed il quieto vivere della vita coniugale: il destino di questa giovane inglese, dunque, sembrerebbe “già scritto”, con tanto di drammatico epilogo.

Questa divertente e leggera commedia di Anne Fontaine, così marcatamente francese, non ha le fattezze di una moderna rilettura di Madame Bovary, ma piuttosto trae spunto dall’omonimo un romanzo grafico di Posy Simmonds che le conferisce anche un pizzico di humor inglese che non guasta. La storia, fantasiosa ed intrigata, dai risvolti divertenti e quasi noir, si regge prevalentemente sull’interpretazione di Fabrice Luchini, attore che ha più volte lavorato con Eric Rohmer, Claude Lelouch e Francoi Ozon, ma che ultimamente si sta un po’ ripetendo nella parte da misantropo, da uomo insoddisfatto che osserva e critica le vite degli altri senza mai partecipare in prima persona, ma rimanendone solo spettatore. Comunque, nonostante qualche pecca, il film risulta gradevole, confermando una certa attitudine dei francesi a saper fare delle commedie che si articolano su degli spunti di totale fantasia, giocando con ironia e malizia senza ricorrere alla benché minima volgarità.

data di pubblicazione 12/02/2015


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