FEMININUM MASKULINUM di Giancarlo Sepe

11 Apr 2024 | Accredito Teatro

(Teatro La Comunità – Roma, 3/21 aprile 2024)

Ancora prima che nella dicotomica formula uomo-donna, l’umanità è divisa in femmine e maschi. È questa l’equazione base da cui parte ogni possibile interazione o combinazione. E assume una forma primitiva ed esemplare anche il contesto storico scelto da Giancarlo Sepe per il suo nuovo lavoro: la liberale e democratica Repubblica di Weimar. Con Femininum Maskulinum riapre al pubblico la storica sala romana del teatro La Comunità fondata nel 1972. Allora come oggi baluardo dell’avanguardia teatrale italiana (foto di Manuela Giusto)

 

La chiara differenza tra i sessi se osservata bene in realtà cela una sorta di ambiguità. Donne androgine e uomini effeminati danzano mostrando una vulnerabilità e una violenza che hanno matrice nella ribellione. Un effimero e grottesco tentativo di rivalsa rispetto a una guerra che si è persa. Femininum Maskulinum è un affresco in gesti e musica che ritrae il disfacimento umano nella Repubblica di Weimar. La società ha ancora addosso i segni della deflagrazione del primo conflitto mondiale. La scena di Carlo De Marino (realizzata dal laboratorio di scenografia del Teatro della Pergola di Firenze) è lo scolo di un sobborgo berlinese dalle pareti insudiciate, dove dalla penombra emerge un’umanità disorientata, inconsapevole dell’imminente rovina. Quando il nazionalsocialismo arriva, minaccioso come una nuvola carica di temporale, trova già una situazione votata al fallimento.

I semi della decadenza sono ovunque. Dalla fragilità dei corpi nudi, che è anche debolezza intellettuale e filosofica, all’ossessione per la musica come distrazione e deterrente (la complessa architettura musicale è di Davide Mastrogiovanni). Effimera è la parola. Lo spettatore è osservatore prima ancora che uditore. Il nutrito gruppo attoriale – composto da Sonia Bertin, Alberto Brichetto, Lorenzo Cencetti, Chiara Felici, Alessia Filiberti, Ariela La Stella, Aurelio Mandraffino, Giovanni Pio Antonio Marra, Riccardo Pieretti, Alessandro Sciacca, Federica Stefanelli e dall’immancabile Pino Tufillaro, con Sepe dai tempi di Allegro cantabile (1974) – è materia plasmata, violentata, ridotta allo stremo. Un collettivo fracassato di piccoli borghesi in rovina e prostitute che si lascia però modellare dalle sapienti mani del regista.

Il modello culturale di riferimento dei berlinesi di quel tempo è l’America, a cui si guarda con ammirazione e imitazione. Meta per i fuggiaschi come Billy Wilder e Thomas Mann. Ma anche il paese oltreoceano cela del marcio. La sognata società americana è in qualche modo corrotta come quella europea. E in questa fenomenologia dell’incoscienza collettiva si scopre qualcosa che ci riguarda. Lasciamo il teatro con addosso un senso di inquietudine e di rifiuto, ma con una nuova consapevolezza. Se non si adotta una visione analitica della realtà di cui facciamo parte, saremo inevitabilmente votati allo sfacelo e alla manipolazione di un potere soverchiante.

data di pubblicazione:11/04/2024


Il nostro voto:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ricerca per Autore:



Share This