BLUE THUNDER di Padraic Walsh, regia di Mauro Lamanna

3 Dic 2020 | Accredito Teatro

(Teatro Belli in streaming – Roma, 1/3 dicembre 2020)

Un taxi parcheggiato in città in piena notte. Un uomo e i suoi due figli colti nello sforzo di recuperare un rapporto troppo a lungo trascurato. La tempesta di una famiglia tipicamente irlandese attraverso la penna di Padraic Walsh.

 

Il frame iniziale che inquadra le poltrone vuote della sala del Belli sembra un chiaro omaggio al teatro come gesto sociale. Un segno efficace di attesa e di speranza, quella di tornare presto a condividere l’esperienza dello spettacolo dal vivo. La chitarra di Daniele Greco suona una melodia bagnata e malinconica e quando si accendono le luci sul palco si vedono altre sedie. Sono i sedili del van di Brian (Marco Cavalcoli), un tassista al turno di notte parcheggiato da qualche parte a Dublino in attesa di prendere l’ultima corsa. La notte sembra essere pensierosa e le luci della città – dei fari teatrali di morbida luce alogena messi a vista sulla scena – scaldano appena la sua preoccupazione. In macchina salgono Rey (Gianmarco Saurino) e Dara (Mauro Lamanna), due dei suoi dieci figli avuti con una donna che lo ha cacciato di casa. Sanno nulla o poco del padre, mentre lui crede di sapere abbastanza di loro. A dirla tutta neanche i due fratelli si conoscono bene e così, spenta l’euforia iniziale di una bevuta di troppo, prende vita uno scontro fra i tre. Una tempesta di improvvise dichiarazioni e scoperte si scatena nell’incontro notturno, un dialogo serrato detto con una leggera inflessione dialettale che rende tutto più naturale e vicino. Il van è il confessionale dove si ammettono colpe e si lanciano accuse, si raccontano e si riannodano pezzi di verità, dove ci si mette a nudo come in uno spogliatoio: il conflitto è generazionale e tutto al maschile. Essere seduti uno dietro l’altro, nello spazio dell’autoveicolo, implica darsi le spalle e non affrontarsi a viso aperto. La verità si racconta stando seduti scomodi, perché la verità stessa è scomoda da raccontare. Eppure, a nessuno viene in mente di uscire dall’auto parcheggiata. Il tentativo ultimo è quello di cercare di ricostruire un’armonia familiare andata in frantumi troppe volte, ma la vita chiama e cerca altrove le sue soluzioni. Così i sedili rimangono di nuovo vuoti, in attesa che qualcuno un giorno torni ad occuparli, magari stavolta seduto uno di fianco all’altro.

data di pubblicazione:03/12/2020


Il nostro voto:

1 commento

  1. Recitazione molto intensa e coinvolgente. Dinamiche familiari molto comuni. Vedere i volti in primo piano ha reso molto di più i drammi narrati. Bravi

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