ALLEGRA ERA LA VEDOVA? di Gianni Gori, regia di Gennaro Cannavacciuolo

10 Ott 2018 | Accredito Teatro

 (Teatro della Cometa – Roma, 9 ottobre/4 novembre 2018)

Metafisica dell’operetta, rivisitazione di un genere sparito con una messinscena ironica ma non distaccata. Il regno dell’artificio che poi è la metafora del teatro.

Cosa è rimasto oggi nell’immaginario collettivo del magico mondo dell’operetta? Quella di Gennaro Cannavacciolo è una pura e divertita riesumazione filologica, ben in linea con gli interessi del mattatore. Dunque una vasta ricostruzione d’epoca delle futilità di un mondo fatto di tresche, tradimenti, di agnizioni, di misteriose apparizioni di ventagli simbolicamente ammiccanti alla femminilità. Così la vedova allegra viene ribaltata con un interrogativo che fa pensare a Franz Lehar ma anche al film di Jonathan Demme con un irresistibile Michelle Pfeiffer. Così l’one man show, assistito da due capaci ballerini (ovviamente maschi, tutto il cast organizzativo è coniugato al maschile, nonostante che la donna resti saldamente al centro della scena) canta al maschile, in falsetto al femminile e esibisce la mitica scala alla Wanda Osiris, audaci e ricchissime mise con una scenografia che dilata gli spazi non estremi del teatro. Uno spettacolo godibile contenuto nell’ora di durata e con un finale mesto. In effetti si chiude con una fucilazione da parte delle SS che fa cadere il sipario sia sulla pièce che su un periodo storico, decretando, simbolicamente, la morte dell’operetta. Ora questo genere in Italia è grandemente decaduto una volta esaurita la spinta di Sandro Massimini. La capitale al centro della scena è Parigi, la città della seduzione e del godimento. Dentro c’è la belle époque, il periodo conclusivo dell’impressionismo, il can-can, la parziale emancipazione della donna. A teatro non si butta niente e questa è una rivisitazione di uno spettacolo che ha debuttato nientemeno che dodici anni fa. Si fa la storia del novecento, del costume e di una sociologia anche grazie alla mini-orchestra che suona dal vivo e contribuisce a ricreare un’atmosfera che è anche quella del music hall, del vaudeville, dello spettacolo comunque dal vivo. L’interprete si prende ogni responsabilità autorale alternando il registro drammatico, a quello comico, non trascurando la vena sentimentale. In platea il pubblico delle prime, includendo il riconosciuto maestro Gino Landi.

data di pubblicazione:10/10/2018


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