AGENTE SPECIALE 117 AL SERVIZIO DELLA REPUBBLICA- MISSIONE RIO di Michel Hazanavicius, 2021

Uno 007 francese che è una via di mezzo tra Sean Connery e le farsesche rielaborazioni di James Tont. Clima vintage anni ’70 (vestiti, usi e costumi, linguaggio, luoghi comuni) intinto in salsa politicamente scorretta con un protagonista mattatore. Una satira che promette ma che poteva dare di più, evitando di premere il piede sull’acceleratore satirico. Nota bene: il film è uscito questa estate ma è del 2009 e 12 anni non sono passati invano.

Scarsa distribuzione e incassi conseguenti per una pellicola rivisitabile in tempi di pandemia ma che fa umorismo intelligente. Immaginate la caricatura di uno 007 che non ne azzecca una. Antisemita, antifemminista, anti-modernista, anti-hippie apparentemente goffo nella vita di tutti ma terribilmente funzionale a splendori e miserie dei servizi segreti. Come dimostra anche il caso Afghanistan la politica è frutto di intrecci altrettanto goffi e criticabili e dunque c’è un pizzico di realismo nel contraggenio del protagonista. 117, numero d’emergenza, sarebbe pure il migliore figo del bigoncio nel parco degli agenti segreti, figuratevi gli altri. Se la cava sempre il nostro anche quando va incontro ad apparenti delusioni amorose, incaute frequentazioni della droga. I pregiudizi del nostro tempo alitano sul film con fiati anti-cinesi. Un cialtronesco Dujardin nella seconda puntata della saga (a quando l’uscita della prima?) non ha limiti nell’ostentare il proprio conformismo. L’esotismo dell’ambientazione in Brasile fa rima con il melting pot dei paesi concorrenti, tra cui spicca la maniacale missione del Mossad. Inutile dire che la mediocrità trionferà in una serie di sketch abbastanza didascalici che minimizzano il filo rosso della trama da cui ci si può tranquillamente distogliere per abbracciare la frammentazione del sottotesto ironico. L’eroe del nostro tempo è lo specchio dell’incertezza dei tempi e un misuratore dei limiti del merito e della fortuna.

data di pubblicazione:02/09/2021


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1 commento

  1. Forse il “Buono” del giudizio è un tantino generoso ma la recensione fotografa appieno il clima e le intenzione del regista: una presa in giro degli spioni di successo in quegli anni da Bond agli eroi della serie Segretissimo di Jan Bruce, molto popolari in Francia. Prima del successo di The Artist , Dujardin si rivela istrionico e straordinario attore comico, uno che con quella faccia può permettersi di dire “la qualsiasi”. Certo la patina del tempo passato non giova al mordente della pellicola che ai nostri giorni si stempera e non poco

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