ACUSADA di Gonzalo Tobal, 2018

(75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Dolores, studentessa della buona borghesia di Buenos Aires, non si fa mancare niente e vive agiata e libertina  fino al brutale assassinio della sua migliore amica. Due anni dopo, però, è l’unica sospettata di un crimine che catalizzerà in modo morboso l’attenzione mediatica, sottoponendo la giovane e tutta la sua famiglia ad una condizione di stress eccessivo. Dolores si prepara al processo trascorrendo le sue giornate, quasi segregata con i genitori e un importante avvocato che preparano la sua difesa, reclusa nella propria casa mentre i genitori fanno di tutto per difenderla. Ma quando  la data del processo si avvicina, la tensione cresce e  nella famiglia   affiorano nuovi sospetti e segreti mai rivelati prima. La stessa Dolores, con la sua fragilità, metterà a rischio l’esito stesso del processo.

  

É lo stesso regista ad offrire una chiave di lettura del film, in concorso a Venezia, che ha registrato una buona accoglienza nella sala Darsena in occasione della prima. “Come spettatore, sono vittima di un senso di inquietudine costante in presenza dei delitti atroci che la cronaca nera di continuo ci offre: un interrogativo che riguarda la natura umana delle persone vere coinvolte in esperienze in cui il confine tra pubblico e privato è offuscato dalla violenza”, Acusada è allora sia un giallo perché ne ha alcune  delle caratteristiche precipue (i dubbi sulla colpevolezza o meno della protagonista e una discreta tensione), ma è soprattutto un ritratto socio-psicologico di tutto quello che a fronte di un crimine coinvolge quanti si trovano a viverlo, principalmente familiari, amici della presunta colpevole (nella fattispecie), quelli della vittima, legali e media che cavalcano l’onda dell’audience che ogni fatto delittuoso inevitabilmente si porta dietro.

Precisando che Acusada non è film indimenticabile, ha comunque alcune frecce al suo arco: una interessante sceneggiatura (dello stesso Tobal con Ulises Porra Guardiola), una  buona fotografia (Fernando Lockett), uno stuolo di ottimi attori  su tutti Daniel Fanego, Ignacio, il padre), sia nei ruoli degli adulti sia in quelli dei giovani (in particolare, l’intensa Lali Esposito), azzeccati inserti musicali (pop e classica) a sottolineare o smorzare i momenti più drammatici. In cosa difetta  allora  la pellicola di Tobal? Evidentemente nel ritmo che presenta diverse fasi di stanca, ritmo che in ultima analisi relega un film di ottime potenzialità a livello di onesto artigianato. Mi viene da pensare a cosa poteva essere una trama del genere nelle mani di cineasti USA…

data di pubblicazione:04/09/2018







0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ricerca per Autore:



Share This