TOM, DICK & HARRY di Ray & Michael Cooney, regia di Emilia Miscio

19 Nov 2016 | Accredito Teatro

(Teatro San Genesio – Roma, 15/20 Novembre 2016)

Una concatenazione di bizzarri eventi, si trasforma in una burrascosa giornata dai risvolti divertenti.

In un tranquillo villino di Londra rivestito da lucenti mattoncini rossi, Tom e Linda sono in apprensione per l’incontro con l’assistente sociale, decisivo per l’adozione del loro primo figlio. Mentre Tom predica calma, Linda è in ansia e non riesce a trovare pace. A render ancor più tesa la situazione ci penseranno i fratelli di Tom: il perdigiorno Dick, capace solo di cimentarsi nel contrabbando di sigarette o di tentare buffi affari (come quello del vin agre: comprato credendo fosse vino pregiato per venderlo a prezzo raddoppiato!), e il modesto Harry, portantino in ospedale che cercherà – in modo molto particolare – di rendersi utile.

La situazione sfuggirà ben presto di mano a Tom, che, per coprire i guai innescati dai fratelli minori, si ritroverà invischiato in una serie di malintesi e menzogne. Incomprensioni che si aggroviglieranno fino a formare un’enorme matassa inestricabile, mettendo infine Tom con le spalle al muro. Ma quando tutto sembra andare per il verso sbagliato, un’inaspettata sorpresa farà esplodere di felicità la coppia.

A Emilia Miscio va il merito di aver portato in scena, per la prima volta in Italia, la recente opera di Ray e Michael Cooney. Il testo dei maestri inglesi lambisce temi attuali come l’immigrazione, l’adozione, il reality show, con una spensieratezza tale da controbilanciare i toni, spesso sprezzanti, usati nel quotidiano. Contribuisce a rendere sereno il clima l’atmosfera familiare che si respira in sala; un teatro dove ci si sente a proprio agio: spesso persone dal pubblico si pongono domande a voce alta o precedono le battute degli attori, oppure inneggiano e acclamano il loro beniamino.

Se la messinscena ha un ritmo allegro, frizzante e incalzante, la divisione in due atti – e l’eccessiva durata – velano la leggerezza e l’ironia raggiunta durante la rappresentazione.

Una commedia ridanciana, dove si cerca con il paradosso (anche se talvolta esasperato) di intrattenere il pubblico.

E se il colmo per un altoparlante è sentirsi male, con questo adattamento si rischia si star male per le risate!

data di pubblicazione:19/11/2016


Il nostro voto:

2 Commenti

  1. Salve Francesco, sono lieto della sua risposta e devo dire che mi trovo in parte d’accordo con la sua impressione. Soggiungo inoltre che, a mio modo di vedere, il prezzo del biglietto è eccessivamente alto rispetto a quanto viene offerto.
    Non posso invece essere sulla sua stessa posizione riguardo lo spettacolo nel complesso, dato che è chiaramente percepibile che alcuni degli attori sono alle prime armi, ma la loro inesperienza è controbilanciata dalla competenza degli altri più esperti; mi sento di poter confermare quindi che, tutto sommato, è una commedia divertente e spassosa.

  2. Menomale leggo una lieve critica alla durata. Per me questo spettacolo non merita tutte queste recensioni positive. L’ho visto ieri e non vedevo l’ora finisse. Durata eccessiva, gags stereotipate e ripetitive all’infinito. Recitazione di molti attori direi quasi amatoriale. Regia a tratti inesistente. Luci sbagliate, addirittura puntati i fari sul pubblico. Uno spettacolo che poteva essere “carino” se durava un’ora. Due ore non si sopporta. Alcune persone si sono alzate infatti all’inizio del secondo atto. Come possa stare in cartellone per così tanto tempo per me è un mistero… ah già, forse per il pubblico che era composta quasi totalmente da parenti degli attori. La tecnica sempre vincente di riempire il palco di gente così porta altra gente a vedere… Ma così il teatro muore di non professionalità, mi spiace. Per me voto 4.

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