THE DREAMERS di Bernardo Bertolucci, 2003

E’ la storia di  Theo e Isabelle, gemelli , con relativo legame sconvolgente ed unico. Essi vivono di immaginario cinematografico, quando non sono in cineteca a gustarsi Samuel Fuller o Fred Astaire, Godard o Greta Garbo, Freaks o Mouchette, vivono chiusi in casa fingendo sempre come in un film, o replicando le finzioni viste sullo schermo; e la finzione diventa vita in tutte le sue manifestazioni , sesso e morte compresi. Incontrano  Matthew, studente americano e sentendolo affine  lo fanno partecipe della loro “rappresentazione” . E’ soltanto un aborto di vita, però, questo rapporto, perché i due gemelli (e viene il sospetto che potrebbe trattarsi di una sola persona con due identità sessuali) sono troppo ancorati al loro mondo interiore. Finché un giorno la Storia, quella vera, li scuote arrivando con un sasso dalla finestra di casa, impedendo la morte di Isabelle ma proiettandoli nella realtà. E’ l’infanzia perduta, o soltanto la continuazione della finzione?

Questa è anche la storia di una rivoluzione mai cresciuta, di un’ illusione rimasta tale, che tuttavia ha segnato definitivamente la vita di noi tutti perché da allora nulla è stato mai più uguale, nel bene e nel male e forse le vere rivoluzioni sono queste, le metamorfosi del pensiero e del modo di vivere. E l’entusiasmo dei  ragazzi evocato nel film è un fermento, una speranza che, a detta dell’autore, mancherebbe alle nuove generazioni.

Trattandosi di illusioni infine questa NON PUÒ NON essere pure la storia dell’illusione cinematografica: The Dreamers, intitola Bertolucci, quasi accreditando l’antico luogo comune cinema = sogno ma nel film ricorda altresì la frase dei Cahiers di cinema  secondo cui il regista è voyeur che spia dal buco della serratura,  come lui stavolta, appunto, spia tre sognatori del 68.

Tutto senza rimpianti, naturalmente come nel pezzo di Edith Piaf che sottolinea il finale (è la seconda volta in pochi giorni, dopo il film dei Cohen, che si ascolta “non je ne regrette rien” al cinema !!)….Non mi meraviglia che questo mare di cinema su cinema e cinema nel cinema che è The dreamers abbia affascinato un critico come Ghezzi. Secondo me,  invece, mi spiace, è il solito Bertolucci  degli ultimi anni, splendido in alcune sequenze (quella iniziale alla Cinemathèque per esempio) ma irritante in altre,  spesso ingenuo, ambiguo anziché no, sfilacciato, meno asciutto che nel suo penultimo film L’Assedio, e ancora lontano anni luce dall’autore  di Partner o di Strategia del ragno, e anche dallo stra-citato Ultimo tango : ma quello è stato  un suo periodo aureo che come il 68 non tornerà mai più.


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